Messa in sicurezza antisismica degli immobili - QdS

Messa in sicurezza antisismica degli immobili

Carlo Alberto Tregua

Messa in sicurezza antisismica degli immobili

venerdì 21 Dicembre 2012

Protocollo d’intesa fra tutti gli attori

Una delle peggiori situazioni che abbiamo nell’Isola riguarda gli immobili che non sono in sicurezza antisismica. Almeno non tutti. Viene stimato che siano per oltre i tre quarti dell’intero patrimonio.
Cittadini e imprese hanno messo la testa sotto la sabbia e non hanno mai affrontato di petto la situazione strutturale. è venuto il momento di pensarci con un concreto progetto che coinvolga tanti attori, tenuto conto che, secondo gli esperti, il terremoto catastrofico, previsto nella seconda parte del secolo, pare sia stato collocato in questi primi cinquant’anni.
La questione che poniamo non è solo di tipo patrimoniale, ma riguarda la possibilità che il Big One uccida 2 milioni di siciliani, la maggior parte dei quali abita in Sicilia orientale. Ma neanche il centro è immune dal rischio, mentre la parte occidentale ha un rischio minore. Ecco perché è urgente formare il progetto che, brevemente, esponiamo di seguito.

Esso si basa su un protocollo d’intesa fra i soggetti che seguono: Regione, organizzazioni imprenditoriali (Ance, Confedilizia, Uppi), ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri, geologi, commercialisti), istituti di credito (Abi Sicilia e banche), università.
Oggetto di tale protocollo è la messa a disposizione di tutti i proprietari di immobili (privati e imprese) di un pacchetto omnicomprensivo per la messa in sicurezza antisismica degli stessi.
Perché un proprietario avrebbe la convenienza di utilizzare tale protocollo? Per due ragioni fondamentali. Prima, perché salvaguarderebbe vite umane, fra cui la propria; seconda, perché incrementerebbe il valore del proprio immobile molto di più di quanto spenderebbe.
La spesa occorrente è stata stimata nell’ordine di circa 400 euro a metro quadro. Cosicché, un immobile di circa 150 metri quadri, presenterebbe un costo intorno a sessantamila euro.
Come si dovrebbe provvedere alla provvista? Attingendo a un mutuo convenzionato, a un tasso minimo, concordato appunto con il sistema delle banche regionali.
Manca un tassello fondamentale: la Regione.

 
La Giunta di governo avrebbe il compito di formulare un Disegno di legge, che l’Ars dovrebbe approvare, con il quale verrebbe stanziata la somma di 1 miliardo quale contributo per l’intero ammontare degli interessi di ogni mutuo. Con questa somma, si metterebbero in moto lavori per venti miliardi e la creazione di almeno ventimila posti di lavoro.
L’iniziativa dovrebbe essere supportata da una campagna di comunicazione per sensibilizzare quanti non vedono il gravissimo rischio che incombe su di loro.
Vediamo due grossi ostacoli per la realizzazione del progetto: la farraginosità e la lentezza degli uffici tecnici dei Comuni, che fanno di tutto per ostruire le iniziative. Secondo, la difficoltà di utilizzare rapidamente il contributo da parte dei richiedenti.
Per ovviarvi, il citato Dl deve prevedere un percorso semplificato per il rilascio delle autorizzazioni da parte dei Comuni, il cui processo va totalmente digitalizzato. Per l’utilizzazione del contributo, si prevede un sistema telematico di raccordo tra banche e Regione tendente ad ottenere l’incasso degli interessi da parte delle prime direttamente dalle casse regionali.

Il progetto è ambizioso. L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Etica & Valori “Marilù Tregua”, con la collaborazione del QdS. Essa lo proporrà a tutti i soggetti prima indicati, per chiedere la sottoscrizione del protocollo d’intesa, che dovrà essere portatoal presidente della Regione perché lo sottoscriva o lo rifiuti, motivandone le ragioni. Questa iniziativa sarà sottoposta anche al presidente dell’Assemblea regionale, ai vice presidenti, nonché a tutti i deputati onesti e capaci che vedano con favore quanto prospettato.
Potrebbe sorgere un’altra obiezione: con la ristrettezza finanziaria che c’è dove dovrebbe prendere i soldi (1 mld) la Regione? La risposta è semplice: tagliando i 3,6 mld di spesa inutile, le cui voci sono state più volte dettagliate dalle nostre inchieste e, in particolare, una: la spesa sanitaria, con il riallineamento dei farmaci (risparmio 500 mln) e il riallineamento dell’attuale caotica e dispendiosa disorganizzazione dei servizi ad una efficiente (risparmio 500 mln).
La Fondazione ci proverà. Agli uomini di buona volontà e di visione prospettica la risposta.

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