L’ex raffineria dello Zolfo, solo promesse.
Sarebbe bello arrivare dal mare e vedere nella ciminiera più alta di Catania un simbolo di libertà, quella che i siciliani hanno pagato a caro prezzo e che ancora continuano a pagare. Potrebbe non essere solo un sogno. L’associazione culturale Nomos, nella scorsa primavera, si è fatta avanti con un progetto originale: vorrebbe costruire nell’ex Raffineria un Museo dedicato all’antimafia e in particolare alle vittime della criminalità organizzata. L’idea prevede “percorsi sensoriali che faranno rivivere sensazioni, emozioni e sentimenti che le vittime della mafia hanno provato direttamente”. Ma anche una biblioteca multimediale per connettere via web gli archivi che ci sono già, sezioni sulla storia della mafia e dell’antimafia, parti dedicate ai laboratori scolastici, sezioni di arte contemporanea permanenti e mostre temporanee. “Il museo – spiegavano gli ideatori un anno fa – vuole raccontare la mafia e l’antimafia attraverso le diverse forme espressive dell’arte e attraverso le documentazioni storiche. Lo scopo è creare un impatto forte sul visitatore, che susciti un’opinione critica informata, con curiosità e aneddoti”.
Un progetto che sarebbe a costo zero per il Comune, in quanto secondo l’associazione si potrebbe finanziare in un anno attraverso quote associative, sbigliettamento, formazione professionale e finanziamenti pubblici. “A me pare una proposta molto interessante – ha dichiarato l’assessore ai Lavori pubblici, Giuseppe Marletta – stiamo valutando come portarla a compimento con i tecnici del nostro ufficio e i loro dirigenti. Verosimilmente ci chiederanno la concessione in cambio della ristrutturazione dei locali”. A quanto apprendiamo dal consigliere comunale del Pdl Manlio Messina, presidente della VII Commissione Cultura, sostenitore della prima ora dell’iniziativa, avrebbe rallentato l’iter per l’approvazione dell’istanza “un contenzioso in corso con la vecchia società che aveva l’appalto”.
Abbiamo voluto vederci più chiaro nella vicenda e così siamo andati a cercare il responsabile dell’associazione Nomos, Pasquale Maggiore, il quale ci ha rivelato che i problemi principali sono di natura “politica”. “Ci sono degli intoppi di carattere burocratico – ha spiegato Maggiore – dovuti alla solita farraginosità della politica. Stiamo faticosamente cercando di andare avanti”.
Altro che rallentamenti dovuti a contenziosi in corso. “A noi risulta – ha continuato Maggiore – che la vertenza giudiziaria sia stata risolta, in quanto la vecchia società non ha più nulla di che pretendere dal Comune. Il problema, ora che si è liberato quello spazio, è capire la procedura di un eventuale affidamento alla nostra associazione per realizzare il museo. Il 4 marzo abbiamo protocollato una lettera al Comune con la richiesta di ricevere in comodato d’uso la struttura. Stiamo aspettando una qualche indicazione dall’Amministrazione”.
Insomma, siamo alle solite. Una struttura fatiscente, in pieno centro storico, potrebbe essere trasformata in un simbolo di riscatto per la città, grazie all’opera dei privati. E a costo zero per il Comune. Invece si continua a temporeggiare. Come per il piano regolatore, come per il Corso dei martiri, come per piazza Europa. Ferite aperte del tessuto urbano che gridano vendetta.
CATANIA – L’associazione culturale “Nomos” non chiede nulla, solo l’autorizzazione per restituire alla città, in modo originale e civile, un’opera come l’ex Raffineria dello Zolfo di viale Africa, da tempo immemore lasciata al degrado e preda dei “disperati”. “Una volta che il Comune ci darà la concessione – afferma Pasquale Maggiore, responsabile dell’associazione promotrice del Museo internazionale contro la Mafia – noi stessi ci caricheremo delle spese di ristrutturazione. Non chiediamo soldi, in quanto attingeremo sia a risorse private (già pronte a sostenerci), sia a risorse pubbliche”.
Per partire cosa vi manca?
“Solo il benestare del Comune”.
“Per due ragioni. Una di carattere burocratico, in quanto ci sono delle procedure amministrative da seguire. Il Comune deve fare una scelta: o ritenere che questa è un’occasione unica, come noi pensiamo, e dunque affidarci direttamente il bene oppure decidere che questo è uno dei tanti progetti culturali, per il quale è necessario una gara di evidenza pubblica. In quel caso noi parteciperemo con tutte le altre aziende che vogliano presentare piani alternativi al nostro. La seconda ragione è, invece, di carattere politico: il Comune deve dire se intende far funzionare questo spazio oppure no”.
“Credo che, in vista delle imminenti elezioni amministrative, i politici pensano a tutto fuorché amministrare. E poi la politica è lenta. Noi abbiamo inoltrato l’istanza già a giugno dello scorso anno”.
“Io lo chiamo ‘un totem culturale al centro del mediterraneo’. L’idea di fare un museo contro la mafia non ha precedenti nel mondo. È un progetto culturale che già il primo anno andrebbe a regime in termini economici e finanziari. Attorno al museo, inoltre, sorgerebbe un centro internazionale di arte e cultura del Mediterraneo. E quello che riusciremmo a guadagnare nel primo anno verrebbe reinvestito per offrire alla città diverse attività di teatro, danza, cinema, arti figurative e visive”.
“Sì. Si creerebbe a Catania una cittadella della cultura”.
CATANIA – Nei giorni scorsi il riconfermato deputato del Pd e candidato sindaco (fino a prova contraria), Giuseppe Berretta, ha posto l’accento sullo stato di degrado di un’altra grande incompiuta della Città dell’Elefante. Stiamo parlando dell’edificio che avrebbe dovuto ospitare la Città della Scienza. “Avrebbe” perché a tutt’oggi è un ulteriore ferita aperta a pochi passi dalla stazione centrale, l’ennesimo brutto biglietto da visita che accoglie chi mette piede a Catania. “Un edificio dalle grandi vetrate e davanti all’ingresso tre cassonetti per la raccolta rifiuti, in via Simeto all’angolo con viale Libertà. È questo lo stato in cui versa la Città della scienza – ha dichiarato Berretta -. Quell’edificio nascosto dai cassonetti potrebbe essere la porta d’ingresso per il futuro di Catania, luogo d’accesso per una città da riscrivere in una zona che può essere volano di sviluppo: il quartiere tra corso Martiri della Libertà e viale Africa, tra le ciminiere e i caseggiati industriali. E invece no, quella struttura in via Simeto resta così, abbandonata, ennesimo simbolo dello spreco di risorse pubbliche e rappresentazione plastica del posto in cui viene relegata la cultura nella nostra città: dentro ad un cassonetto”.
“Per la Città della Scienza, costruita tra 2006 e 2008, sono stati spesi circa dieci milioni di euro ma la struttura è rimasta chiusa fino al marzo del 2012. Oggi è aperta a singhiozzo dalla Fondazione universitaria Cutgana, responsabile della gestione dal febbraio 2012. Numerose le inaugurazioni, la prima con l’assessore Zichichi, ma il suo vero scopo era quello di essere la punta di diamante del polo museale universitario”, ha continuato ancora il deputato democratico. “E allora perché resta chiuso? – ha concluso – Non ci dicano che mancano i fondi per aprirlo, siamo invece convinti che sia solo questione di scelte che gli Enti pubblici non sanno fare in sinergia. E purtroppo gli esempi sono tanti: non solo la Città della scienza ma anche il Castello Ursino, i Parchi archeologici, i musei Belliniano e Greco, Casa Verga, il museo del Mare e tanti altri”.