Il rincaro dell’imposta non colpisce tutti i beni e servizi, ma solo il 40% della spesa media dei siciliani. La Cgia di Mestre stima 350 €, ma dati Istat alla mano appare un’ipotesi esagerata
PALERMO – Fiducia. Questa è forse la chiave, il nesso, la garanzia del nostro sistema. Senza fiducia non ci sarebbe mercato, senza mercato non ci sarebbe ricchezza. Come sappiamo, ampio è stato il dibattito nell’ultimo mese sull’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, tanto che nei bar si è arrivati pure ad accantonare il calcio pur di seguire questa infinita telenovela. E infine l’aumento è arrivato. Flotte di consumatori e associazioni di categoria si sono mosse contro questa misura, gridando allo scandalo e arrivando a prevedere stangate campate per aria.
Come scrive giustamente Francesco Daveri sulla “Voce.info”, e come confermato da Tito Boeri su Internazionale, i numeri sono del tutto diversi e fare del terrorismo (la Cgia di Mestre aveva prefigurato un aumento mensile di 350 euro in più a famiglia), serve solo per l’appunto a sfiduciare i consumi e il mercato. Secondo l’Istat nel 2012 la spesa mensile delle famiglie italiane è stata di 2.419 euro al mese: come calcolato da Daveri, con l’aumento dell’Iva di un punto sul 41 per cento della spesa media mensile degli italiani, questi spenderanno in più 114,40 euro (= 0,01 * 0,41 * 2.419 * 12).
Dal punto di vista territoriale, l’aumento sarà di circa 130 euro al Nord, di 119 al Centro, di 91 nel Mezzogiorno e di 81 euro nelle Isole.
Seguendo il ragionamento matematico di Daveri e tenendo conto che sempre secondo l’Istat la spesa mensile delle famiglie siciliane è stata per il 2012 di 1.628 euro, il QdS è riuscito a calcolare quanti soldi in più i nuclei familiari nostrani spenderanno mensilmente con l’aumento dell’Iva: 80,09 euro (=0,01 * 0,41 * 1.628 * 12).
È bene chiarire comunque che il rincaro dell’Iva non colpisce tutti i beni e i servizi, ma solo il 40% della spesa media degli italiani. Il restante 60% è infatti soggetto ad aliquote inferiori del 4 e del 10%. Dal punto di vista territoriale è però interessante notare come si mantiene sostanzialmente quella tendenza da parte delle famiglie siciliane a spendere di meno. Il calcolo sopra fatto si basa soprattutto sull’ipotesi che gli italiani non variano le loro abitudini in ordine ai consumi rispetto al 2012.
Ma chiaramente le famiglie reagiranno, soprattutto quelle del Nord. Per quanto riguarda le famiglie della nostra regione è prezioso l’aiuto che ci sovviene dalla Relazione economica della Regione siciliana pubblicata il mese scorso, per capire come mai in Sicilia i consumi sono minori.
È ovvio, infatti, che lì dove la base imponibile e la ricchezza disponibile siano maggiore i consumi aumentino. Ma in tempi di crisi ognuno è costretto a tirare la cinghia ed è in questi momenti che si capiscono le abitudini territoriali.
Secondo la Relazione della Regione, tra il 2007 e il 2011 la spesa si è ridotta mediamente, ogni anno, dell’1,3% in Sicilia, mentre segna un aumento dello 0,3% nel Mezzogiorno e dell’1,6% in Italia. A questo punto il puzzle inizia comporsi ed è qui che occorre farsi la domanda: è un dato positivo o negativo il fatto che le famiglie siciliane siano quelle che in Italiano spendono di meno?
Occorre evidenziare due punti. Il primo è che se la ricchezza disponibile è maggiore, le spese che le famiglie sono disponibili a sobbarcarsi sono di più. Secondo l’Istat i settori in cui le nostre famiglie escono meno soldi, riguardano quello dell’istruzione (lo 0,8% mensile) e quello dei tabacchi (1,5% mensile), mentre per quanto riguarda la prima voce menzionata la media nazionale si aggira su una percentuale mensile dell’1,2%.
Il secondo punto da sottolineare è la spesa delle famiglie siciliane nell’ambito dei servizi e dei trasporti. Dalle fonti Istat si evince che nella nostra Regione, le famiglie spendano solo 12,7% in quest’ambito, mentre nel resto d’Italia le cifre viaggiano a tutt’altri livelli (17,4% Molise, 16,7 Piemonte, 16,1% Veneto).
Tuttavia, non è lecito in un periodo economico come questo, e soprattutto con una situazione debitoria come quella di cui l’Italia soffre, limitarci a fare un’equazione del tipo “più servizi=più spese”, perchè ritornando all’aumento dell’Iva occorre ricordare che questa è stata una misura attuata soprattutto per cercare di ripianare situazioni poco felici nell’ambito del bilancio italiano. Finché queste non troveranno una via di uscita solida, possiamo solo dire che per le famiglie sicliane in ogni caso risparmiare è una virtù, ma crescere rimane tutt’oggi una sfida.