“È un settore molto importante, anche se copre solo lo 0,4% del Pil ed è molto dinamico con grandi potenzialità. È un piccolo settore come quello del vino, che, però, ha goduto di importanti innovazioni in tutti questi anni che lo hanno fatto diventare di qualità. Se si riuscissero a realizzare iniziative simili nella pesca, si avrebbero risultati molto positivi. Finora, il settore della pesca siciliana nel 2013 ha 2.905 barche in attività, pari a 43.811 tonnellate, rispetto alle 3.201 del 2011, pari a 55.419 tonnellate. In due anni, sono andate perdute 296 imbarcazioni e 900 lavoratori”.
“In questo momento, siamo in una fase delicata, perché siamo alla chiusura della programmazione del 2007/2013 e siamo alla vigilia della nuova programmazione 2014/2020. Dobbiamo registrare un ritardo notevole dell’Unione europea perché, facendo il paragone col precedente periodo, già nel dicembre 2005 erano stati approvati tutti i regolamenti e approvate le prospettive finanziarie. Ad oggi, non siamo ancora in questa fase e già siamo in ritardo di un anno. Si pensa che il nuovo regolamento sarà approvato durante il semestre italiano intorno al settembre/ottobre del 2014 e ciò ci impedisce di agire. La pesca per le sue dimensioni ha programmi piccoli. Ne abbiamo uno nazionale, mentre la Sicilia non ha un proprio programma regionale. Tra il fondo Comunitario Fep e il finanziamento nazionale, la quota dedicata alla Pesca ammonta a 847 milioni di euro, quanto un asse del Po-Fesr. La parte di questa somma assegnata alla Sicilia è di 150 milioni di euro, ma l’autorità di gestione è nazionale. Così, la Regione, come ente intermedio, si limita a gestire la quota parte assegnata, anche se alcune misure dipendono dallo Stato centrale”.
“Il programma è in ritardo e sconta problemi di competenze e frammentazioni, perciò un imprenditore che vuole investire nel settore, non ottiene la concessione demaniale prima di un anno. Il problema della burocrazia risiede nel complesso di norme e di regolamenti che rallentano tutto, nonostante il dipartimento abbia dipendenti competenti. A proposito delle concessioni, si ci ritrova un aumento dei canoni e si richiede una deroga per questo. Perciò, credo che occorra una corsia preferenziale e che gli assessori competenti stiamo trattando questo aspetto. Oltre a tutto, esistono problemi di governance, perciò occorrerebbe una maggiore collaborazione tra tutti gli enti”.
“Recentemente, erano pronti degli accordi con i Gac, gruppi di azione costiera, che sono dedicati all’ambiente marittimo e sono paragonabili ai Gal dell’agricoltura. Tuttavia, è emerso un problema, poiché non si possono delegare azioni già affidate dal Governo nazionale. I servizi giuridici della commissione hanno bloccato le convenzioni fino al 19 novembre di quest’anno, quando sono state firmate le convenzioni con gli 11 Gac presenti dopo aver superato il problema. Questi ultimi riceveranno il 5% degli 847 milioni stanziati, per un importo di 44 milioni”.
“L’obiettivo è che le zone costiere si autoregolino nella pesca, poiché le risorse sono limitate e lo sforzo della Commissione europea è di limitarla. In cambio di quest’autolimitazione, i pescatori costieri possono ricevere dei contributi come indennizzo, o finanziamenti per impianti di trasformazione oppure sono stati creati dei centri servizi nelle marinerie più importanti come Sciacca, Marsala, Mazara del Vallo o Patti”.
“Si sta redigendo a Roma un accordo di partenariato e riguarda, soprattutto, i fondi Fesr e il Fondo sociale, su cui vi hanno lavorato sia il dipartimento della Pesca sia quello dei Fondi strutturali. Per questo, sono stati promossi degli incontri con gli armatori e con i rappresentanti sindacali che culmineranno in una conferenza a dicembre, dove saranno raccolte le loro proposte”.
“Si tratta di un settore molto gracile e finalizzato al prelievo, mentre la trasformazione, la valorizzazione del prodotto, l’acquacoltura sono poco sviluppate. Perciò, subisce facilmente la stretta sul credito da parte delle banche e non ha risorse economiche proprie da investire. E poi c’è il problema che l’Ue ha deciso la diminuzione della flotta peschereccia, mentre per una mancanza d’informazione tra i pescatori, molti ne chiedono il rinnovo. Tuttavia, è stata ottenuta la possibilità di rinnovare i motori fino al 2019 in chiave ecologica”.
“Sì, i pescatori sono riuniti in maggioranza in cooperative e possono garantire alcune fideiussioni con l’autofinanziamento, ma non hanno grandi risorse”.
“Ci sono poche richieste sia per le lungaggini nell’ottenere le autorizzazioni, sia per i canoni più onerosi rispetto al passato, sia per la mancata tipicizzazione del prodotto ittico siciliano. L’assessore alle Risorse Agricole sta lavorando su quest’ultimo aspetto, sul modello del born in Sicily. L’Ue, però, ha imposto di dotarci un piano nazionale sull’acquacoltura che manca, ma l’assessorato ha elaborato uno schema programmatico che sarà presentato al Ministero”.
“I costi più pesanti sono le spese per il carburante, i costi di manutenzione delle barche e quelli commerciali”.
“Nel caso della pesca alturiera, esiste un problema sopranazionale, poiché ci confrontiamo con Paesi non europei che hanno regole diverse dalle nostre. Perciò, il fermo biologico rispettato dai nostri pescatori non vincola le altre marinerie extraeuropee. Inoltre, secondo alcuni organismi internazionali che si occupano di gestire i piani per le macro aree del Mediterraneo, inizierebbero ad essere a rischio specie come le sardine, il merluzzo, le triglie e il gambero. È possibile che saranno introdotte misure restrittive valide per tutti i Paesi per salvaguardare queste specie, ma il problema è se tali vincoli saranno rispettati da questi vicini”.
“La proposta di riforma è già pronta. Sinora, l’assessorato è diviso in 4 dipartimenti che sono Pesca, Interventi strutturali, Interventi Infrastrutturali e Azienda Foreste demaniali. Con la riforma, resteranno 3 dipartimenti, ovvero Pesca del Mediterraneo, Agricoltura e Sviluppo territoriale. Finora, il dipartimento Pesca comprende 1 area e 8 servizi, ma, dopo la riforma nasceranno due aree, di cui una sarà dedicata alla legalità, mentre l’altra resterà Affari generali. L’area Legalità si rende necessaria per chiudere i periodi di programmazione precedenti e i numerosi contenziosi in atto. Poi, ci sono i 6 servizi, di cui uno è quello del monitoraggio e controllo, realizzato su richiesta europea. Gli altri servizi sono quello del Coordinamento e programmazione, l’ufficio prelievo, quello che si occupa dell’acquacoltura e trasformazione, quello che racchiude la commercializzazione, promozione e innovazione, oltre a quello dello sviluppo territoriale che comprende i Gac e il Cogepa”.