Presentato a Roma il libro “Gramigna, vita di un ragazzo in fuga dalla camorra” - QdS

Presentato a Roma il libro “Gramigna, vita di un ragazzo in fuga dalla camorra”

Presentato a Roma il libro “Gramigna, vita di un ragazzo in fuga dalla camorra”

giovedì 06 Marzo 2014

La storia di un ragazzo, oggi uomo, che ha saputo andare controcorrente verso la legalità. Gli autori Michele Cucuzza e Luigi Di Cicco.

Lunedì 24 febbraio 2014, presso l’aula magna della Luiss di Roma, si è svolto un dibattito sul libro “Gramigna, vita di un ragazzo in fuga dalla camorra” scritto da Luigi Di Cicco e Michele Cucuzza.
In aula magna erano presenti, oltre agli autori del libro, Carlo Alberto Tregua, direttore del quotidiano di Sicilia, Gianpiero Cioffredi, presidente dell’osservatorio per la legalità e la sicurezza del Lazio, il neurologo Rosario Sorrentino e il direttore generale della Luiss Giovanni Lo Storto.
Il libro racconta la storia di Luigi Di Cicco, figlio di un importante esponente della camorra, dai primi anni di vita sino alla maturità.
Un percorso difficile, il suo, che si snoda tra le mille trappole di un mondo criminale che spesso non lascia scelta ai figli degli affiliati. La lontananza del padre, condannato in carcere, i Natali trascorsi senza la famiglia, sino all’adolescenza dove comincia ad avere contatti con il mondo del lavoro.
Il dg della Luiss Lo Storto nel suo intervento ha apprezzato la concretezza ed il coraggio dell’autore per aver scelto una vita dignitosa e diversa dai suoi familiari.
Ha poi sottolineato che l’Università Luiss vuole sperimentare un’iniziativa che consenta ai propri studenti l’esperienza del lavoro a contatto con i carcerati e il lavoro sui beni confiscati alla mafia. Questo consentirà ai ragazzi di provare la “ruvidità del mondo” che è al di fuori di queste aule, un arricchimento personale nel momento in cui si tornerà nei banchi.
La parola è passata poi al primo dei due autori, Luigi Di Cicco che ha ringraziato Michele Cucuzza per avere creduto in lui ed in questo progetto.
È passato poi ad analizzare brevemente la sua vita, quella di un giovane cresciuto in una frazione di Aversa, Lisciano (CE), circondato da un ambiente malavitoso e dall’assenza del padre, condannato in carcere.
La difficoltà della scuola e dei primi lavoretti intrapresi, per sfuggire al disegno del destino che sembrava riservargli un posto di spicco nella Camorra.
Oggi, Luigi, vive e conduce con successo un’attività imprenditoriale a Civitavecchia e manifesta l’intenzione di entrare in politica.
Una parola che ama del suo libro è la libertà, libertà di aver scelto una vita diversa lontano dal fascino criminale del potere. “Gramigna è l’erba cattiva ed infestante ma io ho saputo fermarla in tempo”.
Il successivo intervento è stato di Michele Cucuzza che non ha potuto non rilevare l’eccezionalità della testimonianza di Luigi di Cicco, “libri di questo tipo non ci sono, sono sempre testimonianze di pentiti o di giornalisti che raccontano le testimonianze degli altri. In Gramigna viene raccontata una realtà personale, in modo diretto, prima con gli occhi di un bambino, poi come adolescente ed infine come adulto.”
Un libro che, secondo Cucuzza, sintetizza bene una parte della sua vita e della sua storia, che comunque è in divenire.
È stata evidenziata la straordinaria energia di un uomo al quale andrebbe riconosciuto il valore della sua scelta, della sua testimonianza. Un valore per i giovani a rischio, ma anche per tutti gli altri, perché fa capire che il cambiamento è possibile.
“Il cambiamento,” conclude Cucuzza, “comincia da noi stessi e Luigi è cambiato eccome, perché in questo momento sarebbe potuto essere a fare danni da qualche altra parte. Abbiamo tolto munizioni alla malavita.”
È stata la volta poi di Gianpiero Cioffredi, anche lui ha sottolineato il coraggio del Di Cicco, anche perché negli anni in cui l’autore effettuava la sua scelta, era in corso una guerra tra i clan di Camorra.
Coraggio perché il Clan Di Cicco è ancora attivo e parte integrante dei Casalesi, così come emerge dalle ultime relazioni della DIA.
“Luigi ha rotto un meccanismo chiave che lega il territorio alla Camorra, il consenso sociale, lui è sfuggito a questo meccanismo”.
“Nel libro trovo una distinzione tra i valori di una malavita di venti o più anni fa, quella che Luigi osservava da bambino, e quella attuale. Una distinzione che respingo”.
 
Gianpiero Cioffredi ha esposto un problema serio, parlare di legalità ai lavoratori che sono stati licenziati dalle aziende, confiscate dallo Stato alla criminalità, rischia di non avere senso.
“I lavoratori spesso rispondono che la mafia garantisce il lavoro, lo Stato no. Si sta cercando un protocollo di intesa con la Regione Lazio, con il tribunale, Confindustria ed associazioni bancarie per far si che le aziende confiscate non subiscano anche la sospensione del credito.
Parlare di legalità in Campania, dove un quarto delle famiglie è alla soglia della povertà è inutile, occorrono necessariamente le politiche sociali di sostegno”.
La replica, a questo tema, è arrivata dal nostro direttore nel suo intervento.
“Il tema dei beni confiscati dallo Stato alla criminalità e del conseguente danno sociale che si arreca con il licenziamento dei dipendenti è un tema molto delicato”.
Il direttore, ha individuato una responsabilità nell’agenzia per i beni confiscati con sede a Reggio Calabria il cui funzionamento è reso difficoltoso da leggi confuse e burocrazia. L’obiettivo di questa agenzia dovrebbe essere l’utilizzo  di questi beni facendo gestire a giovani manager le aziende confiscate, contenendo il rischio di licenziamenti.
Il Dg della Luiss, Lo Storto, all’inizio di questo dibattito ha peraltro prospettato un coinvolgimento della Luiss e dei suoi studenti per degli stage all’interno di queste aziende, è auspicabile quindi raccordare l’agenzia che gestisce i beni confiscati e l’Università.
 

 
Responsabilità, equità ed etica nella vita e nel lavoro
 
Il nostro direttore non ha nascosto l’emozione per la sua presenza in un’aula universitaria, legata ai ricordi di inizio carriera.
“La gramigna è un’erba distruttiva e va estirpata”, esordisce il direttore, il quale ha apprezzato molto la semplicità del libro, e non la facilità che è cosa diversa, ha sottolineato la storia personale di Luigi Di Cicco e la maestria di un giornalista come Cucuzza definendola una sapiente combinazione delle parti che ha prodotto un libro eccellente.
“Colpiscono i brevi incontri con il padre, che è in carcere, e le attese ancor più dense di aspettativa. Scene che ricordano il sabato del villaggio, la bellezza dell’attesa che supera quella dell’incontro.”
Il rispetto per il padre dimostratosi di notevole intelligenza e capacità isolando il figlio dal mondo della camorra.
La sintesi complessiva è stata estremamente positiva, il libro dà un esempio a chi legge, “lo dà a voi giovani che avete l’opportunità di studiare in questa prestigiosa università, perché la cultura e la professionalità sono gli strumenti che consentono un vero ascensore sociale”.
Tregua punta il dito sulle categorie e le corporazioni che difendono e mantengono i loro privilegi, fenomeni contrari alla competitività, alla libera concorrenza e soprattutto all’emersione del merito.
In conclusione, si appella ai giovani presenti in sala, “Tenete presente nel vostro futuro anche i valori etici, nella vita, nel lavoro, i principi di equità, la responsabilità.
L’esempio che proviene dall’alto non è propriamente di questo tipo, ma a noi spetta il compito di affermare questi valori ed a voi di continuare questa battaglia per il merito di ciascuno di noi, di ciascuno di voi.”
 

 
Quando la ragione prevale sull’ambiente intorno a noi
 
Rosario Sorrentino, medico neurologo ha tracciato un profilo del protagonista: “In Luigi ha vinto la ragione presente in ognuno di noi”.
Quanto pesa il fattore familiare e quello ambientale in una scelta come quella di Di Cicco? esiste una componente genetica della violenza mafiosa?
“Il libro, essendo una splendida narrazione, potrebbe essere una splendida sceneggiatura per un film.
Questa è una narrazione coraggiosa e potrebbe nascere quel cinema che a mio avviso può anticipare un caso culturale.
La situazione importante in questo libro è proprio questa, cosa scatta nella mente di Luigi, lui tutto sommato è un irregolare, nel nostro cervello dimorano due voci, quella del buon senso della ragione e quella dell’impulsività, dell’istinto.
Quello che è accaduto nel cervello di Luigi è stato un confronto costante tra istinto e ragione.
L’interiorità è la parte più viscerale di ognuno di noi, fatta di pensieri, di idee e di coraggio. Il coraggio, non rappresenta la figura dell’eroe perché anch’esso ha paura, deve avere paura, coscienza della paura altrimenti è un incosciente.
Dico a voi giovani, abbiate paura e utilizzatela come risorsa.
Per rispondere alla domanda della conduttrice, io non ritengo sia sufficiente avere X factor della criminalità, noi pensiamo di poter fare delle scelte ma non è così.
 Quando si tratta di fare delle scelte quello che oggi conta è la genetica, il nostro dna, i nostri neurotrasmettitori ed anche la dittatura degli ormoni.
Il nostro cervello interagisce per tutta la vita con quello che ci circonda, e allora l’equilibrio di una persona non può che partire da una relazione costante e continua del cervello con l’ambiente, con l’esperienza, con la cultura e con l’educazione.
Nonostante Luigi abbia avuto questo X factor, quello che conta è la prevalenza nel suo cervello di quella parte della ragione e della razionalità rispetto all’ambiente negativo che lo circonda. Una ragione ed una razionalità che in lui vengono messe sotto scacco costantemente ma che infine prevalgono”.

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