Pubblicato il 20 marzo sulla Gazzetta ufficiale il Dl n. 34 Disposizioni urgenti per il rilancio dell’occupazione. Durata del rapporto passa da 12 a 36 mesi con possibilità di essere rinnovato 8 volte
CATANIA – Il 21 marzo sono entrate in vigore le nuove norme volute dal Governo Renzi per introdurre maggiore flessibilità nei contratti a termine e semplificare l’apprendistato. Il 20 marzo scorso, infatti, è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il decreto legge numero 34 “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”. Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Poletti, firma dunque un testo che si prefigge l’obiettivo di superare le “rigidità” della legge Fornero puntando in tal modo ad incentivare il rilancio dell’occupazione in un Paese ormai in ginocchio.
Partiamo dalle novità in materia di contratti a termine.
Prima misura: la durata del rapporto a tempo determinato sale da 12 a 36 mesi. Eliminato l’obbligo di inserire una “causale” per specificare i motivi produttivo-organizzativi che determinano l’apposizione di un termine al contratto. L’acausalità fino a 36 mesi si applica nel limite dei tre anni.
Seconda misura: superata la norma che ammetteva una sola proroga dei contratti a termine (con esplicita causale). Con il Dl 34 la proroga è ammessa fino ad otto volte, non va inserita apposita causale e l’unico obbligo rimane il riferimento alla stessa attività lavorativa.
Terza misura: il numero complessivo di contratti a termine stipulati da ciascun datore di lavoro non potrà superare il limite del 20% dell’organico complessivo presente nella stessa azienda. Questo limite non viene applicato alle aziende che occupano fino a 5 dipendenti.
I contratti di solidarietà potranno contare su ulteriori 15 milioni annui in aggiunta ai 50 milioni previsti dalla legge di stabilità. Con questa aggiunta si spera di poter aumentare il range dei datori di lavoro beneficiari delle misure previste in caso di ricorso al contratto di solidarietà.
Una maggiore semplificazione è prevista anche sul fronte del Durc. Superato l’attuale sistema che impone ripetuti adempimenti burocratici all’impresa. Previsto il rinvio ad un decreto ministeriale che entro 60 giorni individuerà le specifiche tecniche necessarie per far decollare la nuova procedura che sarà fatta esclusivamente per via telematica.
Le nuove norme sono state accolte da un clima abbastanza favorevole nel Paese, apprezzamenti anche da Marco Venturi, Presidente nazionale Confesercenti, che ha dichiarato: “Mi pare che l’impostazione sia abbastanza positiva, anche se bisogna studiarne bene i dettagli, che sono sempre molto importanti. Il nostro obiettivo è semplificare gli adempimenti e ridurre i costi per le imprese ma anche creare opportunità per lo sviluppo, altrimenti è chiaro che non riusciamo a essere competitivi” (Forum del Qds di sabato 29 marzo).
Il Dl lavoro deve essere modificato nella parte che riguarda i contratti a termine afferma invece il leader della Uil, Luigi Angeletti. “Irrilevante” invece, secondo il dirigente sindacale, è la modifica dell’articolo 18 per una maggiore flessibilità delle regole in entrata e in uscita. “L’unica cosa che deve essere modificata è quella sui contratti a termine – spiega Angeletti – Rinnovare otto volte un contratto per la stessa persona nello stesso posto di lavoro ha poco senso”.
Matteo Renzi però, non cede a compromessi e venerdì scorso parlava così ai giornalisti: “Leggo discussioni e ultimatum sul lavoro, che capisco poco. Non è una parte a piacere, il pacchetto sta insieme”. Così Matteo Renzi, alla direzione Pd, replica a chi, tra i democratici, chiede modifiche al dl lavoro che estende fino a 3 anni i contratti di lavoro a tempo determinato senza causale e prevede otto proroghe possibili. Per il premier l’apprendistato e il contratto a termine sono infatti “un punto intoccabile” della riforma.
L’approfondimento. I contratti esenti da limitazioni quantitative
Con il dl 34 si consente la stipula di contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato senza l’obbligo di indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che giustificano il termine. Si prevede, come già detto, la possibilità di instaurare contratti a termine fino ad un massimo di 36 mesi e di consentirne la proroga (nel limite di 36 mesi) fino ad un massimo di otto volte.
L’apposizione del termine di cui al comma 1 D.Lgs. 368/2001 è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto.
Il contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato senza ragioni giustificative è collegato ai limiti quantitativi previsti dall’art. 10 del D. Lgs n. 368 del 2001, che affida l’incarico ai CCNL di categoria. L’art. 10 poi contiene anche la seguente disposizione: “Sono in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di avvio di nuove attività;
b) per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità;
c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
d) con lavoratori di età superiore a 55 anni.
L’apprendistato ora diventa più vantaggioso. Per le imprese sconti sul costo del lavoratore
CATANIA – Passiamo ora alle novità in merito alla formazione. Si interviene sull’apprendistato di primo livello, quello che serve per acquisire una qualifica o un diploma professionale (che interessa i giovani dai 19 ai 25 anni). Si prevede che la retribuzione dell’apprendista faccia riferimento, per intero, alle ore di lavoro effettivamente prestate in azienda e al 35% del relativo monte ore complessivo di formazione. Uno sconto retributivo, dunque, che di certo può alleviare le casse delle imprese ma cosa ancora più importante potrebbe rendere l’apprendistato di primo livello più appetibile (nel 2012 il ricorso a questo strumento è crollato del 13,8% sull’anno precedente).
Per semplificare le procedure, il Dl elimina il ricorso alla forma scritta per il piano formativo individuale, il documento che andava compilato per indicare il percorso formativo e la ripartizione dell’impegno tra la formazione interna in azienda ed esterna. Il ricorso alla forma scritta resta in vigore per il solo contratto e per il patto di prova, come previsto dal Testo unico Sacconi del 2011. Alcune perplessità sono state avanzate da giuslavoristi eminenti in merito alla mancanza di un piano formativo scritto e al rischio quindi di creare una palude in cui tutto e niente è concesso.
Un altro tassello da segnalare è il seguente: viene meno l’obbligo per il datore di lavoro di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica, che diventa facoltativa. In realtà le Regioni avevano già provveduto ad un taglio trasversale delle ore di formazione scese a 120 in tre anni (40 nel caso dei laureati) ma con questa norma si passa addirittura alla possibilità di non seguire la formazione.
Sgravi fiscali e burocratici che ci avvicinano un po’ di più all’Europa ma che da soli non basteranno a ridare linfa a un mercato del lavoro fermo, in alcune realtà, a logiche d’interesse parziale e cieco. Logiche che rispondono solo alla convenienza economica. Dotarsi di un apprendista e formarlo costa meno, questo è un fatto, la futura assunzione dello stesso, che poi è la logica a cui guarda la legge, non appare però poi così scontata e… conveniente.
Non più necessario stabilizzare il 50% degli apprendisti
Anche per il contratto sull’apprendistato le nuove norme risultano meno restrittive e meno costose della precedente normativa. In primo luogo non è più necessario stabilizzare almeno il 50% di precedenti apprendisti per procedere a nuove assunzioni, ma solo un terzo; utilizzando tale contratto lo stesso contratto può essere reiterato fino a 8 volte a patto che non si superino i tre anni e si mantenga la stessa mansione per la quale è iniziato il rapporto di apprendistato. Altro aspetto interessante per le imprese è lo stesso costo del lavoratore assunto in contratto di apprendistato. Infatti la normativa prevede che per le ore effettivamente lavorate il costo risulta essere pari al 100% di quello previsto contrattualmente e scontato del 65% per le ore utilizzate per la formazione del lavoratore.
Tutti questi contratti a termine non potranno comunque superare il 20% della forza lavorativa presente nell’azienda, la legge consente una deroga alle aziende con meno di 6 dipendenti che potranno ugualmente stipulare un contratto a tempo determinato. (dr)