Eppure uno degli ultimi quattro regimi comunisti (gli altri tre sono Cuba, Vietnam del Nord e Corea del Nord) fonda il proprio potere sull’esercito di dipendenti pubblici.
Evidentemente il Politburo (massimo organo dello Stato) di quel partito comunista ritiene saggio non aumentare a dismisura il numero di dipendenti pubblici pur essendoci necessità, in quello sterminato territorio, di tutti i servizi, soprattutto nelle aree interne ancora povere.
I sette membri dello stesso Politburo, percepiscono l’equivalente in yuan di 1.600 euro al mese. Per inciso ricordiamo che Vladimir Putin, numero uno della Russia, percepisce l’equivalente in rubli di 186 mila euro all’anno e Barack Obama l’equivalente in dollari di 287 mila euro all’anno.
Solo in Italia politici, dirigenti di prima, seconda e terza fascia e funzionari percepiscono di più dei comunisti di vertice cinesi e più di Putin, ivi compreso quel fortunato nullafacente che è il presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, con 212 mila euro all’anno.
Insomma, con i soldi dei cittadini, con i nostri soldi, vi è una schiera di privilegiati fra politici e burocrati che sta molto bene, infischiandosene altamente di quei 10 milioni di italiani che vivono poco fuori e dentro la soglia della povertà.
Il peggio della faccenda è che tutti questi non sentono alcuna ragione per diminuire i propri compensi. Resistono a tutte le intemperie e si chiudono con i tappi le orecchie per non ascoltare l’indignazione che sorge dal Paese nei loro confronti.
Beninteso, non bisogna sparare nel mucchio: vi sono politici, dirigenti e dipendenti pubblici che si guadagnano molto bene i propri compensi, che si sacrificano e sudano tutti i giorni, ma vedono che tanti altri loro colleghi, nullafacenti, incapaci e corrotti, guadagnano allo stesso modo e nella stessa misura. Insomma, i vertici dello Stato sono occupati e lì vige la più assoluta iniquità.
Se in Italia un milione di dipendenti pubblici si mettesse in disponibilità, in base alla Legge 135/12, con l’80% dello stipendio, i servizi non ne soffrirebbero a condizione che restassero nei loro posti di lavoro quelli bravi e onesti.
Non solo vi è una massa di dirigenti e dipendenti assolutamente inutili ai servizi, ma sono proprio loro che si rifiutano di trasferirsi da un ufficio all’altro nonostante la legge 114/14 consenta tali trasferimenti entro 50 km dai loro uffici senza bisogno del loro consenso.
Qualcuno osserva che il pubblico impiego è un ammortizzatore sociale almeno nel Sud. Sbagliato. Perché quando si diffonde la mentalità che lo stipendio è un vitalizio, il lavoro si paga a parte, si crea irresponsabilità generalizzata che fa saltare anche la minima organizzazione, rende tutti uguali non come persone umane ma come soggetti che si giustificano dicendo che tengono famiglia.
Una nazione allo sbando come la nostra, con un Mezzogiorno così arretrato, nel quale vivono 20 milioni di persone, non ha alcuna speranza di ribaltare l’attuale situazione se non inverte il modo di ragionare e di funzionare.
L’inversione deve essere data dalla meritocrazia, secondo la quale nei posti di responsabilità devono andarci bravi e onesti e tutti gli altri vanno emarginati in fondo alla scala. Questa selezione è necessaria nella pubblica amministrazione ove non c’è un vero datore di lavoro che controlli e confronti risultati e obiettivi.
Scusateci se ripetiamo questi concetti elementari in modo sovente, ma saremo costretti a farlo sino a quando non si ritornerà ai valori che diffondono equità fra tutta la popolazione.