Due frecce umane esempi esaltanti - QdS

Due frecce umane esempi esaltanti

Due frecce umane esempi esaltanti

venerdì 04 Settembre 2015
Jesse Owens (1913 – 1980) è stato un grande campione dell’atletica, forse il più grande di tutti i tempi per la capacità di ottenere quattro record del mondo in circa quarantacinque minuti.
Era il 1935,  al Big Ten meet di Ann Arbor, nel Michigan,  e questo giovanotto non aveva praticamente credito. Fu gettato in campo nel salto in lungo e ottenne il primo record mondiale con la misura di 8,13 metri (record destinato a durare fino al 1960). Subito dopo corse le 220 iarde piane in rettilineo in 20’’3, altro record del mondo. Nella terza gara, quella delle 220 iarde a ostacoli in rettilineo (22’’6), ulteriore record mondiale e, infine, nella quarta gara eguagliò quello delle 100 iarde (9’’4).
Catapultato nella ribalta nazionale, partecipò alle olimpiadi di Berlino, davanti a centodieci mila spettatori, compreso il tiranno Adolf Hitler, battendo i campioni di tutte le altre nazioni, compresi quelli tedeschi che subirono una forte delusione e  immaginabili rimbrotti dal regime autoritario nazista.
Episodi indimenticabili che vanno continuamente ricordati.

Owens era un giovane povero, nato da una famiglia di neri, e svolgeva lavori manuali, aiutando il padre e la famiglia.
Voleva studiare, ma allora il razzismo americano impediva ai neri le iscrizioni negli istituti pubblici se non avevano un lavoro e, incredibile, se anche il padre non avesse un lavoro. Ai neri, i bianchi statunitensi negavano le borse di studio. Chissà se ottanta anni fa avrebbero mai pensato che il loro presidente sarebbe stato un afroamericano.
Molta acqua è passata sotto i ponti e la questione razziale è via via scemata, anche se in alcuni stati del Sud ancora vi sono resistenze ad una completa integrazione fra bianchi e neri. In virtù di imprese straordinarie, come quella appena raccontata, tale integrazione si è potuta concretizzare, seppur lentamente in quasi un secolo.
Owens è un esempio da ricordare per la sua abnegazione, per la forza di volontà, per avere sfidato quei tempi e dimostrato che la persona umana può esaltare la sua condizione indipendentemente dal colore della pelle, dalla razza, dalla religione o da qualunque altro elemento discriminatorio.
 

Altro esempio luminoso di cui vogliamo parlarvi è quello di Pietro Mennea (1952 – 2013) che solo dopo aver dimostrato il proprio valore fu soprannominato la freccia del Sud.
Mennea era un giovane allampanato, alto un metro e 79 e pesava appena 67 chili. Lo scoraggiarono subito dicendo che la sua massa muscolare non poteva erogare i cavalli necessari a spingere il suo corpo su livelli elevati, tali da competere nel mondo con altri campioni.
Ma il giovane di belle speranze di Barletta, per quanto taciturno, aveva dentro di sé una volontà d’acciaio e non si rassegnò alla facile ironia di quanti, vedendolo correre così esile, non scommettevano su di lui neanche un soldo.
Dei sacrifici di Pietro è piena la sua biografia, ma pochi ricordano il suo mentore, un insegnante di educazione fisica che si chiamava Carlo Vittori. Il professore credeva fermamente nelle sue doti, e lo difese di fronte ai funzionari del Coni che non volevano farlo partecipare alle Olimpiadi del Messico nel 1979.

Dopo diverse vicende, però, Mennea fu inserito nella delegazione, anche perché, il professore ragionava che all’altitudine di Città del Messico di metri 2250, ove l’aria è rarefatta, vi era una ragionevole probabilità che Pietro potesse vincere, non solo, ma anche battere il record mondiale.
Cosicché cominciò l’avventura messicana che ebbe il suo epilogo il 12 settembre 1979, quando la freccia del Sud, al termine dei duecento metri, dopo una partenza lenta, fece fermare il cronometro a 19 secondi e 72 centesimi, nuovo record mondiale. Esso è resistito per 17anni.
Ricordiamo Mennea per la sua caparbietà e la sua forza interiore che riusciva a spingere quella massa muscolare in maniera più forte della massa stessa.
Owens e Mennea sono due fulgidi esempi umani esaltanti, che dovremmo tenere sempre presenti nella vita di tutti i giorni, non tanto per ripetere quelle epiche imprese, quanto perché ognuno di noi, quando ce la mette tutta e quando è disposto a fare grandi sacrifici, può raggiungere qualunque meta. Basta volerlo!

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