Enti locali. Il confronto con il Nord sui bilanci e la gestione.
Economicità negata. Le amministrazioni siciliane consumano i trasferimenti di Stato e Regione e ricorrono continuamente a mutui e prestiti, perché incapaci di introitare in altro modo.
Proventi diversi. Multe, utili delle società partecipate, refezione scolastica, asili nido, teatri e musei: in altre parti d’Italia i sindaci sfruttano al meglio tutte le risorse disponibili per fare cassa.
PALERMO – Sarà impietoso, ma è assolutamente veritiero il paragone tra i bilanci consuntivi 2008 delle amministrazioni comunali siciliane e di quelle, gemelle, del Nord Italia. Da noi montagne di spese correnti che assorbono la gran parte delle risorse, mentre altrove si riescono a contenere gli sprechi e a ridurre le uscite, a riscuotere maggiori tasse (con entrate extra-tributarie) e quindi a fare più investimenti in servizi per i cittadini e in opere pubbliche.
Una fotografia dalla quale emerge la ben modesta capacità dei nostri amministratori di agire secondo logiche imprenditoriali e di rispettare criteri di economicità e merito nella gestione dell’apparato pubblico. Tanto, alla fine c’è “Pantalone” che paga, ovvero papà Stato o mamma Regione, pronti a mettere le pezze in ogni emergenza.
Se tre indizi fanno una prova, nove indizi decretano una condanna. Il colpevole? Il sistema politico e dirigenziale che governa i comuni capoluogo siciliani.
Il reato? Ricorrere a mutui e prestiti perché incapaci di introitare in altro modo risorse, nonostante altissimi trasferimenti da Stato e Regione, in questo modo indebitando gli enti pubblici e potendo garantire esclusivamente servizi di serie B.
La condanna esemplare? Stipendi da sogno. In quale assurdo tribunale? La Sicilia.
LE USCITE. Tre miliardi 15 milioni 335 mila euro. Questa la spesa globale annuale dei nove Comuni capoluogo siciliani. Vi sembra un’enormità? Lo è. Basti pensare che esattamente con la stessa cifra a Roma si costruirà la quarta linea della metropolitana, che si snoderà per 20 chilometri lungo le strade della capitale e sarà tutta automatica, con treni che sfrecceranno ogni 90 secondi e servizio non stop. Con climatizzatore e wi-fi integrati nei vagoni, of course.
Un confronto sconfortante, ce ne rendiamo conto, e per questo ve ne suggeriamo subito un altro che, almeno in teoria, dovrebbe risollevarci un po’ il morale come isolani. Incredibile ma vero, infatti, le nove “gemelle” del Nord spendono addirittura di più, e non poco: 221 milioni di euro. Dobbiamo dunque concludere che, in fin dei conti, i nostri Comuni non sono così “spreconi” come vengono dipinti?
LE ENTRATE. Per rispondere a questa domanda, dobbiamo innanzitutto dare un’occhiata all’altro lato della medaglia, ovvero le entrate. Per scoprire tre cose, innanzitutto. La prima è che sia al Nord che al Sud i Comuni spendono meno di quanto incassano, anche se in Sicilia ciò succede esclusivamente perché al Municipio di Catania con una grande manovra di finanza creativa sono stati messi in bilancio 140 milioni promessi dal Governo nazionale ma finora mai arrivati. Rimanendo in tema di trasferimenti, poi, e passando al secondo punto, i numeri ci dicono che i Comuni nostrani percepiscono da Stato e Regione somme molto maggiori rispetto alle “gemelle” del Settentrione. Esempi? Ragusa (73.001 abitanti – rilevamento Istat giugno 2009) nel 2008 ha ricevuto un totale trasferimenti di oltre 39 milioni di euro, mentre Asti (75.807 ab.) si è fermata a 29 mln.
Ancora? Il Comune di Enna (28.007 ab.) ha ottenuto trasferimenti per quasi 20 mln di euro annui, il “gemello” Verbania (31.140) meno della metà, 8 mln. Ci si chiede: come si finanziano i Comuni del Nord se “Pantalone” tira fuori molti meno soldi per loro rispetto che per quelli del Sud? Attraverso tasse e imposte dirette, direbbero in molti. Ma questo vale per una cifra di poco conto e comunque non in tutti i casi (Ragusa, per esempio, riscuote più entrate tributarie di Asti).
ENTRATE “EXTRA”. La vera differenza la crea – ed ecco il terzo punto – la voce “entrate extratributarie”, che vede i comuni del Nord surclassare i siciliani in modo impressionante. Se Genova (610879 ab.), per esempio, ha incassato nel 2008 da questa voce 154,8 mln di euro, Palermo (657.535) si è bloccato a 66,1. E ciò vale anche per i comuni “piccoli”: Caltanissetta (60.174 ab.) ha recuperato in questo modo risorse per 2,38 mln di euro, Legnano (57.995 ab.) 4 volte tanto, 9,45 mln.
Quali sono nello specifico le voci di queste entrate “extra”? Presto detto: sanzioni per violazioni del codice della strada, utili delle società partecipate, proventi da refezione scolastica, rette e trasferimenti asili nido, rette ricovero anziani, e poi Cosap, attività teatrali, musei e altri proventi da Beni dell’amministrazione. Tutti settori, soprattutto quello delle società municipalizzate e partecipate, che tuttalpiù da noi producono perdite.
RISORSE E AUTONOMIA. Cosa dimostra questo “quadro” delle entrate? Che i nostri Comuni sono più “spreconi” di quelli del Nord? No, semplicemente che sono assolutamente incapaci di recuperare risorse in autonomia. Con quali conseguenze? Che ogni anno sono obbligati a contrarre dei prestiti, ad indebitarsi. Molto più del lecito. Un caso per tutti. Al Comune di Catania nel bilancio 2008 le previsioni iniziali di entrate derivanti da accensione di prestiti sono di 167 mln di euro. A consuntivo, però, i prestiti contratti sono stati di 281 mln, ovvero 114 mln in più di quanto previsto. E stiamo parlando di 281 mln di debiti. In un anno. 13 volte in più di quanto si indebita il comune “gemello” del Nord, Venezia, che di prestiti ne ha accesi nel 2008 per 21,5 mln di euro. Lasciamo a voi lettori, e contribuenti, ogni commento.
Una classe dirigente senza principi di merito
Palermo – Alla base di tutti i mali dei nostri Comuni c’è l’incapacità di reperire risorse, questo è evidente. Le colpe di ciò risiedono in una classe politica che non ha mai espresso, e non esprime oggi, qualità né competenze specifiche (quanti sono i medici che dirigono teatri, gli avvocati che presiedono aziende per il turismo, i laureati in Scienze politiche agli assessorati all’Agricoltura e via dicendo…) e in un gruppo dirigente mai rinnovato dalle fondamenta secondo principi di merito. Non avere risorse in entrata si traduce giocoforza annualmente in accensione di prestiti e mutui, e dunque in debiti. Che poi si dovranno pagare l’anno dopo, e quello dopo ancora, e via dicendo in un circolo vizioso che sembra non poter terminare mai. E tutto ciò, alla fin fine, che cosa comporta? Paga un debito oggi, pagane uno domani, i soldi a fine anno finiscono, e le prime spese ad essere tagliate sono quelle per gli investimenti, per le opere pubbliche, per il futuro.
Al contrario di quanto succede al Nord. Mentre il Comune di Verbania, infatti, destina quasi il 20% delle proprie risorse agli investimenti, l’omologo siciliano, Enna, non arriva al 7%. Allo stesso modo, Legnano investe per 15,3 mln di euro l’anno, Agrigento 6,4. I Comuni del Nord, insomma, spendono tanto, più dei nostri, perché si proiettano nel futuro, cercando di risolvere i problemi e creando le condizioni economiche e sociali per essere competitivi con le altre realtà locali del paese e dell’Europa.
I nostri Comuni, al contrario, sono ancora bloccati. Quando poi succedono le tragedie, quando non si investe, quando non realizzano le opere necessarie al territorio, come a Messina, i sindaci si giustificano dicendo di non avere soldi. Ed è vero, ma la responsabilità ricade unicamente su di loro. E i numeri non mentono mai.
Un’ulteriore prova di quanto pesa l’indebitamento pregresso e quello attuale sulla gestione dei Comuni siciliani? Se andiamo a sommare i totali delle spese correnti e delle spese per investimenti nelle nove città siciliane, arriviamo a una somma di quasi 2 miliardi di euro. Il resto delle spese rendicontate, ovvero per la precisione 1 miliardo e 60 milioni, è destinata alla copertura di prestiti e mutui. Cioè i debiti assorbono 1/3 (quasi il 35%) delle risorse annuali dei comuni nostrani. Al Nord? Prestiti e mutui pesano per il 10% in meno, che in moneta si traduce in 200 milioni di euro in più da riversare sul territorio. Ogni anno. E non sono pochi. Soprattutto per chi non è capace, in house, di trovare le risorse per le opere necessarie, gli investimenti, i servizi.