Una riflessione a difesa dei diritti costituzionali sulle elezioni dello scorso 29 giugno per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli architetti di Messina
Il 29 giugno scorso si sono concluse le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Messina. Il risultato elettorale consegna una vittoria plebiscitaria al gruppo del presidente uscente, Giovanni Lazzari. Quindici Consiglieri su quindici seggi con un distacco di oltre cento voti tra l’ultimo degli eletti ed il primo dei non eletti. Un così inequivocabile responso degli elettori ha premiato una squadra che ha ben saputo operare nel precedente mandato affrontando con competenza le problematiche professionali più scottanti per la categoria, soprattutto in questa profonda crisi che investe gli Architetti ed il mondo delle professioni in generale. Purtroppo questa elezione è stata macchiata da alcuni ricorsi di candidati non eletti che rivendicano la non osservanza delle regole elettorali normate dal D.P.R. 169/2005 là dove limita l’elezione di un iscritto per non più di due mandati consecutivi. L’architetto Lazzari si troverebbe, pertanto, nella condizione di ineleggibilità avendo già svolto ben più di due mandati.
Si potrebbe dire che, se così è la regola, la non eleggibilità di Lazzari è palese. Analogamente a quanto è avvenuto all’Ordine degli OAPPC di Messina è avvenuto e sta avvenendo ancora in questi giorni presso altri Ordini d’Italia sia degli Architetti che degli Ingegneri. Una lettura del fenomeno poco attenta potrebbe propendere a pensare banalmente che si sia violata la legge per attaccamento alla poltrona o banalità simili.
Si tratta invece di ben altro e di ben diversa natura e consistenza. Infatti gli Ordini tra cui quello degli Architetti di Messina avevano sollevato già da tempo al proprio Consiglio Nazionale problemi di legittimità costituzionale presenti nel Decreto chiedendo di intervenire presso il Ministero della Giustizia per accelerare la legge di riforma elettorale di cui, peraltro, il Ministro stesso aveva già pronta la bozza che sanava questo vulnus.
L’atteggiamento timido se non addirittura elusivo del Consiglio Nazionale Architetti, ma anche quello degli Ingegneri non hanno consentito il varo per tempo dell’auspicata riforma. è stato così che diversi Ordini degli Architetti e degli Ingegneri in Italia si sono fatti carico di contestare il regolamento sul punto che riguarda i diritti soggettivi legati alla eleggibilità o non eleggibilità a difesa dei principi costituzionali inviolabili. Non si tratta, quindi di non rispetto delle regole, né tanto meno violazioni di legge. Tutt’altro, si tratta proprio di farsi carico affinché le regole che devono governare un grande e importante settore professionale siano legittime e corrette sia giuridicamente che costituzionalmente. Al momento così non è.
Invero, l’art. 51, comma 1°, Cost. dispone testualmente che:
“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”.
L’individuazione dei requisiti per accedere alle cariche elettive, dunque, è riservata alla legge. Sul punto, la Corte costituzionale è intervenuta più volte sancendo che le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, ricollegantisi alla funzione elettorale, cui sono di volta in volta preordinate.
L’art. 51 Cost., quindi, rimette esclusivamente alla legge di stabilire i requisiti di eleggibilità o ineleggibilità, ma proprio perché questi ultimi formano altrettante eccezioni al generale e fondamentale principio enunciato dallo stesso art. 51, è necessario che siano tipizzati dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad evitare, quanto più possibile, situazioni di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie, che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini.
Questo è il nodo fondamentale della questione su cui si basa la protesta di alcuni rappresentanti degli Ordini. Infatti, nei fatti il D.P.R. 169/2005 è un regolamento, quindi è una norma di secondo grado che, come tale, non può prevalere su una legge e ancor di più non lo può su una norma Costituzionale. Inoltre il regolamento elettorale contestato, che riguarda solo gli Architetti e gli Ingegneri, crea una disparità con altri Ordini e collegi professionali che non prevedono tale limitazione temporale di mandato e, quindi, confligge con i principi di uguaglianza sanciti costituzionalmente.
Questa vertenza vedrà impegnati i Consigli nazionali che per primi si dovranno esprimere nel merito dei ricorsi. Le questioni poste sono di forte rilevanza giuridica e non è escluso che a dipanare la materia sia la Suprema Corte di Cassazione o, addirittura l’Alta Corte Costituzionale. La delicatezza dei temi in gioco fanno sperare che i Consigli nazionali (Organo di magistratura di primo grado) siano responsabili nell’affrontare la delicata materia in gioco scevri da pre-giudizi politici e con la dovuta terzietà che il caso richiede.
Il provvedimento di sospensiva dell’elezione di Lazzari emanato dal Cnappc pochi giorni fa in attesa della discussione nel merito è già di per se un atto abnorme emesso al di fuori delle attribuzioni dell’organo giudicante del Consiglio. Il provvedimento privo di motivazione lascia molti perplessi sul piano giuridico e crea preoccupazioni circa la serenità di giudizio e la competenza dell’Organo giudicante. Speriamo non sia così.