Non è cosa da poco avere l’abitudine di fare quello che si deve nel tempo previsto. Avere in testa una sorta di cronoprogramma che consenta di prevedere le tappe di un processo, di qualunque genere, che conduca ad un risultato in un tempo certo.
Nelle strutture disorganizzate il deficiente di turno (perché non possiede competenze) chiede sempre quando debba fare una cosa. La risposta lapidaria è che la deve fare ieri sera. Cioè la doveva fare ieri sera, secondo la regola che chi ha tempo non aspetti tempo. Se tutti attivassero le proprie energie in modo da compiere le azioni dovute nei tempi previsti, il funzionamento della Comunità e di tutti i servizi pubblici e privati migliorerebbe.
In questi sessant’anni, dopo l’approvazione dei Codici del 1942, sono state effettuate molte riforme. Ma in nessuna di esse si è inserita la sufficiente dose di organizzazione, mediante l’apposizione di paletti, in modo da mantenere il percorso entro tempi tassativi. Lo stesso macroscopico difetto dei processi giudiziari, amministrativi e tributari si riscontra in tutti i servizi pubblici, i quali prescindono dall’organizzazione e quindi dall’efficienza e dall’efficacia.
La legge di Gresham prevede che La moneta cattiva scaccia quella buona. Cioè il malaffare prevale sul comportamento positivo, se le regole non sono chiare, nitide e prevedano tempi non differibili.
Proprio perché vi è una prevalenza del negativo sul positivo che il ritardo nell’ottenere risultati si riversa anche nelle attività private, quando esse servono quelle pubbliche. Ci riferiamo agli appalti, che raramente vengono conclusi nei tempi previsti. In qualche caso, per ragioni obiettive, pensiamo ad imprevisti; nella maggior parte dei casi, invece, vi è l’interesse speculativo dell’appaltatore a ritardare la consegna perché guadagna di più che a consegnare l’opera alla scadenza.
Parlare di processo corto, cioè contenuto in sei anni, è ridicolo se paragonato al tempo medio del processo europeo. Mettere il dito nella piaga degli appalti pubblici è altrettanto ridicolo, se non si passa a meccanismi che li anticipino. Pensare alla Pubblica amministrazione, che deve produrre ed erogare servizi a cittadini e imprese senza determinare con esattezza i tempi, è un modo per prendersi in giro. Effettuare una transazione che non preveda l’esecuzione in un momento certo, è inconcludente.
Potremmo fare tanti esempi tutti concentrati sul fattore tempo che ha un ruolo essenziale nelle cose che facciamo.
Il tempo ha anche una valenza etica. Questo è un aspetto che si sottovaluta frequentemente, ma che è, invece, della massima importanza. È difficile non convenire sulla necessità di rispettare i patti; fra essi vi è sicuramente questo fattore. Il rispetto dei patti è essenziale fra persone perbene.
Se non vi è un’etica al fondo di tutte le azioni, nessun contratto è valido, perché ogni interesse può essere sovvertito e sostituito. In altri termini, quando manca il riferimento ai valori morali che devono essere presenti in ogni pattuizione, mancano i presupposti per orientare chi li sottoscrive. Tant’è che si dice: una stretta di mano vale più di un contratto, naturalmente fra persone d’onore. Persone cioè che tengono fede sempre ai propri impegni non solo nell’effettuarli, ma anche nel realizzarli nel tempo previsto.
Non cè da discutere sulle questioni che abbiamo prospettato. C’è solo da possedere la consapevolezza che si può vivere bene o male, secondo il libero arbitrio che ciascuno di noi possiede, senza affidarsi ai santi, alla sorte, agli eventi o ad altri totem. Tutti possono influenzare la nostra vita, ma non devono costituire il nostro alibi per ritardare un impegno.