Nell’Isola circa un decimo del divario complessivo tra spesa e reddito disponibile ma il gap potrebbe dipendere anche dall’erosione dei risparmi o dall’indebitamento. Ministero economia e finanze: a livello nazionale la stima è di 107,7 miliardi di euro
PALERMO – 107,7 miliardi di euro: è l’ammontare dell’evasione fiscale presunta in Italia secondo l’indagine intitolata “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” e realizzata dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, che prende in esame i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Quanto, di questa cifra, è riconducibile alla Sicilia? Non essendoci dati regionali ufficiali, possiamo limitarci ad una stima, tenendo conto del fatto che la Sicilia è circa un decimo dell’intera penisola sia per superficie (25.711 km quadrati sui circa 300 italiani) che per popolazione (5 milioni di abitanti su complessivi 60 milioni. Partendo da questo dato e dai 107, 7 miliardi di euro, in Sicilia si può stimare un’evasione presunta di circa 10 miliardi di euro.
Sempre dal Mef, inoltre, arrivano altre interessanti cifre (seppur riviste al ribasso) sul fenomeno. L’ultima relazione del ministero, infatti, prende in considerazione la distribuzione regionale del cosiddetto “gap non dichiarato”.
Nella mappa dell’Italia che viene fuori, la Sicilia si presenta come una delle regioni in cui l’ammontare del gap è tra i più alti in Italia: tra i 311 e i 500 milioni di euro.
Peggiori, i dati relativi alla propensione all’evasione: l’Isola infatti si colloca nella “fascia rossa” d’Italia e raggiunge percentuali tra il 32 e il 40% (l’unica regione, insieme a Calabria, Campania e Molise).
Un’altra fotografia interessante, per indagare il fenomeno, ci è offerta da una ricerca realizzata dall’Università della Tuscia per Il Sole 24 Ore. L’Istituto ha certificato una spesa complessiva italiana di 785.693 miliardi di euro a monte dei 686.906 miliardi di reddito medio disponibile, per un divario consumi/redditi di circa 98 miliardi. Stando ai dati presentati dallo studio, si tratta di un fenomeno che coinvolge, in maniera più o meno incisiva, tutte le Regioni della Penisola.
Le “regine” dei “consumi non giustificati” sono Lombardia (19 i miliardi disponibili, 23 quelli spesi per un divario del 16,9%) e Lazio (18 i miliardi disponibili, quasi 22 quelli spesi per un divario del 20%). In termini percentuali, però, i risultati peggiori arrivano dal Sud Italia dove, considerando popolosità e ricchezza media, se pur con spese complessive più basse, la forbice del divario si allarga. Campania, Sardegna e Puglia, per esempio, superano tutte il 20% (in Campania, addirittura, la percentuale registrata è del 21,1%).
E la Sicilia? La nostra Isola supera di circa 4 punti percentuali la media italiana: 16 i miliardi spesi contro i 13 disponibili per un divario del 18% circa (2,4 miliardi).
Come si spiegano e cosa ci raccontano questi numeri? Certo, va specificato che non necessariamente le cifre indicate sono interamente riconducibili all’evasione fiscale. Gli italiani, semplicemente, potrebbero spendere molto più di quello che guadagnano, potrebbero indebitarsi o ricorrere a forme di finanziamenti o ai risparmi maturati negli anni. Ma, non è nemmeno inverosimile, considerando che ci sono in ballo cifre per nulla modeste, affermare che i dati presi in esame, rappresentano un importante campanello d’allarme dell’evasione fiscale, da sempre piaga di un’Italia attraversata, da Nord a Sud, da un’enorme massa di sommerso, di consumi e di redditi non dichiarati.
Gdf Sicilia: scoperti 843 evasori totali
PALERMO – Se i dati relativi al gap tra redditi e consumi non devono essere necessariamente riconducibili all’evasione fiscale, una stima inconfutabile di quanto il fenomeno sia diffuso nella nostra Regione, ci arriva dall’ultimo rapporto della Guardia di Finanza. Nell’ultimo anno, stando ai dati forniti dalle Fiamme gialle, sono stati scoperti nell’Isola 843 soggetti sconosciuti al fisco (evasori totali).
“L’azione di tutela delle Entrate erariali dei reparti siciliani della Gdf – si legge nella relazione – è stata condotta in complessivi 6 mila interventi di iniziativa, verifiche e controlli fiscali, cui si aggiungono le 837 indagini coordinate dall’Autorità giudiziaria su contesti di rilievo penale tributario”.
“In esito a tale attività – continua il report – nei confronti di 1.142 soggetti sono state segnalate all’Autorità giudiziaria le più gravi condotte volte a realizzare illeciti risparmi fiscali quali: false fatturazioni; omessa dichiarazione di consistenti volumi d’affari e di reddito conseguiti; la compensazione di crediti erariali inesistenti; la sottrazione, con complessi artifici, delle ricchezze accumulate al ristoro dei debiti fiscali”.
Confprofessioni: “Più tasse, più sommerso”
ROMA – Come combattere l’evasione fiscale? Una proposta per recuperare il sommerso, arriva dal presidente di Conflavoro Pmi, Roberto Capobianco. “Una realtà come la nostra – ha dichiarato nei giorni scorsi – che raggruppa piccole e medie imprese in tutto il territorio nazionale, che ha ben presente la fatica che fanno gli imprenditori per restare competitivi, ma anche le esigenze dei lavoratori, parole come equità e pace fiscale non possono che suonare come positive. In caso di una tassazione più equa, così come è avvenuto in passato in altri settori come quello immobiliare, sia recuperare il sommerso”.
“Anche da questo potrebbero poi arrivare quelle coperture necessarie per portare avanti le riforme promesse dal governo Conte”, ha aggiunto Capobiabianco che, sull’ipotesi di stretta delle sanzioni, ha messo in guardia chi è chiamato a intervenire:
“È corretto – ha sottolineato – attivare un meccanismo che vada a colpire i grandi evasori. L’auspicio è che la soluzione che verrà trovata non vada a colpire quelle realtà che, a fatica, cercano di stare al passo con le scadenze”.
Il Garante dei contribuenti per la Sicilia, Forastieri: “Se i consumi superano i redditi, la spiegazione non è necessariamente l’evasione”
Una recente ricerca dell’Università della Tuscia per Il Sole 24 Ore ha portato alla luce un notevole divario nella nostra Penisola tra reddito disponibile e consumi delle persone fisiche. La Sicilia con un divario consumo/redditi pari a circa il 17,9%, è poco sopra la media italiana (14,4%). Le differenze tra una regione e l’altra, però, sono notevoli in termini percentuali. Come mai tanta discrepanza, considerando che le politiche di lotta all’evasione sono uguali in tutta Italia e che la ricchezza media delle Regioni, dati alla mano, non sembra essere una discriminante sufficiente a giustificare le differenze?
“Devo confessare che il prospetto contenente, regione per regione, il divario tra reddito disponibile medio e spesa media, seppure molto interessante, a mia avviso non dimostra situazioni particolarmente patologiche. Un scarto medio, nell’intera Penisola, pari al 14,4%, ossia una differenza di 2.454 miliardi di Euro tra il reddito disponibile di Euro 17.063 miliardi e la spesa media di Euro 19.517 miliardi, a prescindere dalla sua entità, non eccessiva, a mio avviso non è necessariamente il sintomo (o quantomeno un sintomo molto significativo) dell’evasione fiscale, ossia dell’occultamento dei redditi che, dopo essere stati percepiti, hanno determinato il consumo e, quindi, la spesa. Ricordo che in Italia l’evasione fiscale si attesta sui 250 miliardi circa, per cui la differenza prima citata rappresenterebbe solo una modestissima percentuale del totale, appena il 10%, peraltro non attribuibile in maniera assolutamente certa a sottrazione di redditi a tassazione.C’è da dire poi che una spesa media (quella rilevata nell’indagine) maggiore del reddito medio, può essere giustificata da altri fattori come l’’erosione del risparmio, la dismissione del patrimonio o, cosa ancora più probabile, l’accesso al credito. Non dimentichiamo, peraltro, che i diversi sistemi di controllo fiscale di cui l’Agenzia delle Entrate attualmente dispone (come lo “spesometro” ed il “redditometro”), dovrebbero dare una visione chiara di questo particolare tipo di fenomeno evasivo, segnalando le situazioni nelle quali manca una capacità di spesa adeguata rispetto all’entità della spesa sostenuta.
La Sicilia, come si nota dal prospetto, si colloca un pò al di sopra nella media nazionale, con una differenza tra reddito medio disponibile (13.660 miliardi) e spesa media (16.078 miliardi) di 2.438 miliardi di Euro, pari al 17,9%, un dato che non dimostra, da solo ed in maniera precisa, la particolare propensione all’evasione dei nostri corregionali che, forse, qualcuno vorrebbe dimostrare.
Insomma, l’evasione c’è sicuramente, i motivi che la generano sono diversi, ma non sono questi i dati che la dimostrano.
La mancanza di una precisa relazione tra le risultanze dell’indagine e l’evasione in Sicilia, probabilmente trova conferma anche in alcuni studi, fatti conoscere recentemente dalla Banca d’Italia, dai quali risulta:
– che il reddito disponibile delle famiglie siciliane , nel 2017, è rimasto uguale a quello dell’anno precedente;
– che di questi redditi più della metà è costituita da redditi di lavoro dipendente, ossia da somme difficilmente occultabili;
– che i consumi delle famiglie sono aumentati;
– che nel corso dello scorso anno è cresciuto l’importo di crediti erogati da banche e da società finanziarie, nonchè quello del credito al consumo concesso dagli intermediari e la "cessione del quinto dello stipendio" la cui incidenza in Sicilia risulta la più elevata tra le regioni italiane (22,7% rispetto al 15,6% che rappresenta la media nazionale);
Dati, questi ultimi, che fanno pensare che se i consumi sono maggiori del reddito la giustificazione non sta necessariamente nell’evasione”.
Una delle soluzioni spesso chiamate in causa da economisti ed esperti di settore, è la cosiddetta Tax Compliance, si tratta davvero dell’unica via per combattere l’evasione?
“L’evasione, come già detto, c’è sicuramente e trae origine da numerosi fattori, alcuni dei quali legati pure al sistema tributario attualmente vigente. Ma, verosimilmente, più che nei consumi delle famiglie, peraltro molto utili all’economia, si nasconde principalmente in altri modi, con artifizi molto più sofisticati, con l’esportazione dei capitali all’estero, e con altri sistemi ancora.
Sulle modalità per combatterla sappiamo che fin’ora si è puntato principalmente all’istituzione di criteri presuntivi ed all’incremento degli adempimenti, senza ottenere risultati positivi.
A mio avviso, invece, occorre avere come obiettivo reale la tax compliance, ottenuta non solo con la riduzione del prelievo fiscale, ma anche con la chiarezza e la semplicità delle disposizioni tributarie e con un uso serio e senza esitazioni dello Statuto dei Diritti del Contribuente.
In pratica occorre realizzare quella "certezza del diritto" che non può continuare a restare solo un mero principio, ma deve diventare il punto fondamentale per l’instaurazione di un vero rapporto di fiducia tra Stato e cittadini”.