Corte dei Conti Sicilia, Relazione rendiconto finanziario 2017: mancano adeguati strumenti informatici di coordinamento dei sistemi di verifica e monitoraggio. I giudici contabili: “Lacunosi gli interventi per la trasparenza e la prevenzione del malaffare". Per l’ufficio Statistica della Regione nell’ultimo decennio “forte espansione dei fenomeni corruttivi”.
PALERMO – Controlli inefficienti, strumenti inadeguati e monitoraggi insufficienti a garantire la legalità. Si può riassumere così l’ultimo richiamo della Corte dei Conti alla Regione Sicilia in materia di anticorruzione. Il Rapporto dell’Organo costituzionale sul rendiconto dell’Ente pubblicato nei giorni scorsi, infatti, muove (ancora una volta) pesanti critiche contro la (mala)gestione dei controlli per la prevenzione della corruzione operata dagli uffici regionali.
Sono due, principalmente, gli ambiti in cui la Corte ha riscontrato gravi inadempienze: mappatura delle aree a rischio e strumenti informatici volti a garantire la lotta all’odioso fenomeno da sempre flagello della nostra Isola. Nonostante il nuovo governo Musumeci abbia provveduto (dopo, va detto, gli anni di inaccettabile immobilismo che hanno caratterizzato la precedente legislatura a firma Crocetta) all’aggiornamento del il Piano triennale per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, le misure adottate risultano essere ancora del tutto insufficienti.
Nel report della Corte dei Conti, si legge infatti che “la riorganizzazione dell’amministrazione, non è stata accompagnata dal completamento della nuova mappatura delle aree a rischio, che è stata definita soltanto per il 64% degli uffici, anche in conseguenza della notevole dimensione dell’apparato regionale con numerosi uffici periferici”. Una mappatura per metà, insomma, che dovrà essere completata, inderogabilmente, entro il termine previsto per legge: il 31 ottobre 2019.
Ad aggravare la situazione, inoltre, contribuisce, un sistema di controlli arretrato e del tutto inadeguato a fronteggiare il fenomeno corruttivo. “L’espletamento delle attività legate al Piano di prevenzione della corruzione – si legge ancora nella Relazione della Corte dei Conti – ha risentito negativamente della mancanza di un adeguato strumento informatico relativo al coordinamento dei sistemi di controllo interno e al monitoraggio dell’attuazione delle misure anticorruzione”. Una “macchina dei controlli” ferma al medioevo della digitalizzazione che intralcia il regolare svolgimento dei procedimenti di prevenzione.
Arretratezza a cui va ad aggiungersi un’altra odiosa caratteristica che spesso, purtroppo, contraddistingue gli Enti territoriali siciliani: l’incapacità di chi dovrebbe amministrarli di assumersi la responsabilità di portare a termine gli incarichi che gli competono. “Alcuni referenti – ammonisce, infatti, la Corte dei Conti – non hanno fornito riscontro alle richieste del responsabile per la prevenzione della corruzione finalizzate all’accertamento dell’esecuzione di talune misure previste nel Piano”. A tal proposito, l’Organo costituzionale, mette in guardia le Sezioni riunite sulla necessità di richiamare l’attenzione degli organi competenti “affinché venga assicurata l’effettività delle attività di verifica sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione”.
Disinteresse, arretratezza e inefficienza: un mix letale per la legalità che contribuisce a fare della Sicilia terreno fertile per la corruzione.
REATI CONTRO LA PA IN CONTINUA CRESCITA
PALERMO – Mentre i controlli latitano, la corruzione dilaga. Secondo l’ultimo studio pubblicato dall’ufficio Statistica della Regione su “corruzione e reati contro la Pubblica amministrazione”, infatti, nell’arco dell’ultimo decennio si è assistito a “una forte espansione dei fenomeni corruttivi”.
Dal 2006 al 2015, il numero dei procedimenti per cui è iniziata un’azione penale è aumentato del 52,2% nella nostra Isola (16,8% il dato nazionale). Nello specifico, i procedimenti per i reati per corruzione commessi all’interno della Pa è cresciuto del 143% (45% il dato italiano). Secondo il report, nel 2015 (ultimo anno disponibile) sono stati registrati 8.273 reati contro la Pubblica amministrazione: di questi, 334, risultano legati al fenomeno corruttivo.
Mentre la macchina dei controlli procede a rilento, l’illegalità si propaga indisturbata a macchia d’olio.
LE PRIME MISURE MESSE IN ATTO DAL GOVERNO MUSUMECI
PALERMO – Con l’elezione del governo Musumeci, dicevamo, qualcosa ha iniziato a muoversi. L’ex presidente Crocetta era stato tra i più criticati per Piani trascurati e per gli esperti mai nominati. Inefficienza che si era tradotta in pesanti rimproveri da parte della Corte dei Conti che, nel 2016, aveva etichettato i controlli sulla prevenzione della corruzione come “lacunosi” e basati su meri “riscontri cartolari essendo molto sporadiche le verifiche in loco”. Un accumulo di documenti di scarsa utilità.
La squadra di Nello Musumeci chiamata a colmare queste lacune ha risposto con due importanti interventi. Il primo, lo abbiamo accennato, il tanto agognato aggiornamento del Piano triennale per la prevenzione della corruzione e della trasparenza che, seppur con le mancanze sottolineate, è adesso disponibile nella versione valida per il triennio 2018-2020.
La seconda misura messa in campo dalla nuova Legislatura, riguarda la nomina della nuova responsabile della prevenzione della corruzione: Emanuela Giuliano. Avvocato, laureata in giurisprudenza a Palermo nel 1995 e già dirigente regionale di terza fascia, la nuova responsabile Emanuela Giuliano ha preso il posto dell’ex Luciana Giammanco. Tra i principali incarichi già ricoperti dalla neo-eletta spiccano la dirigenza dell’ufficio legislativo legale (per circa dieci anni, dal 2000 al 2010) e la guida dell’ufficio speciale per la Legalità (ultima carica ricoperta). Giuliano si è inoltre occupata di recupero e gestione dei beni confiscati alla mafia.
Stando alla legge n. 190/2012, e ai successivi d.lgs. 97/2016 e 33/2013, “ Il Responsabile, attraverso la propria attività di vigilanza, concorre alla prevenzione dei fenomeni illeciti nella Pubblica Amministrazione”.
Tra le mansioni principali: elaborazione della proposta del Piano triennale della Prevenzione della Corruzione e dei relativi aggiornamenti annuali; verifica dell’efficace attuazione del Piano; proposta di modifiche in caso di accertate significative violazioni, ovvero ove intervengano mutamenti delle prescrizioni nell’organizzazione o nell’attività amministrativa; verifica, dell’effettiva attuazione della misura della rotazione del personale secondo la prevista programmazione; ; emanare indicazioni operative in materia di trasparenza e di prevenzione delle corruzione.
COS’È IL PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E LA TRASPARENZA
PALERMO – Obbligatorio per tutti gli Enti pubblici (stando alla legge 190/2012), Il Piano triennale per la prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza è uno strumento volto a garantire una sinergia coordinata di tutte le strategie messe in atto dalla Pubblica amministrazione nella lotta alla corruzione.
Basato su una specifica analisi del contesto di riferimento e su un attento monitoraggio dei fattori di rischio, il Piano dovrebbe costituire, almeno nell’intenzione del legislatore, un’insieme di iniziative concrete volte a prevenire e contrastare la corruzione all’interno degli Enti pubblici.
Uno strumento in cui si concentrano tre azioni principali: programmazione, monitoraggio e verifica. Tre punti cardine che si basano su altrettante importanti attività: analisi del contesto, aggiornamento annuale e mappatura delle aree considerate a maggior rischio d’illegalità. La prima consente di varare misure specifiche adatte ai diversi contesti socio-culturali in cui l’Ente di riferimento opera, mentre la seconda permette di rendere il documento sempre attuale e pronto a rispondere ad esigenze sempre nuove.
Tra queste due attività, si inserisce la mappatura delle aree a rischio. Proprio su questo punto è arrivata la critica più dura della Corte dei Conti alla Regione Sicilia. Una mappatura completa e corretta delle aree “da bollino rosso”, infatti, è considerata un’attività d’indirizzo imprescindibile per la stesura e la messa in pratica di un Piano coerente con il contesto di riferimento, capace di intervenire sulle attività maggiormente esposte al fenomeno corruttivo. Diversamente, il Piano rimane sono un documento monco, privo di qualsiasi attuazione pratica che possa rivelarsi efficiente. Fin quando gli amministratori pubblici non capiranno questo, si produrranno solo documenti sterili.