PALERMO – La preoccupazione espressa dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sullo stato di salute del suolo italiano è solo l’ultimo appello in ordine di tempo che fotografa una situazione sempre più in drammatica.
La situazione italiana, del resto, rappresenta solo lo specchio ingigantito di una realtà come quella siciliana dove cementificazione selvaggia e scarsa prevenzione del rischio idrogeologico hanno contraddistinto la gestione del territorio degli ultimi decenni. Lo scorso 10 febbraio nell’ambito di una giornata di studi scientifici il prestigioso istituto ha spiegato come “le scarse conoscenze sulla risorsa e le tante pressioni cui è sottoposto, fanno oggi del suolo la cenerentola della biodiversità”.
L’occasione per fare il punto della situazione arriva proprio nell’anno internazionale della biodiversità. “La situazione dei suoli italiani – commentano dall’Ispra – è preoccupante: circa l’80% è povero di carbonio organico e non può essere definito di qualità”. Se l’Italia intera piange la Sicilia nel suo piccolo ha molto da dolersi. Già nel Dossier 2009 sul consumo del suolo in Italia il Wwf lanciava l’allarme sulle misure pro cemento contenute nel Piano Casa regionale su cui si stava lavorando già all’epoca, ma ancora qualche giorno fa la conferenza dei capigruppo all’Ars aveva stabilito di ridurre gli oltre 600 emendamenti presentati trasversalmente per il serio rischio che si potesse giungere a situazione clamorose come ampliamenti fino al 50% e senza nessuna limitazione per le zone a rischio idrogeologico, quindi con serie possibilità di una nuova ondata di cemento selvaggio. Del resto erano stati profeti anche gli esperti di Legambiente che nel Dossier Operazione fiumi 2009 avevano certificato come “le regioni in cui è presente la maggiore percentuale di comuni con abitazioni in zone a rischio sono la Sicilia (93%) e la Toscana (91%)”.
Un quadretto davvero preoccupante se si pensa che il cemento rappresenta una delle principali minacce al suolo italiano in quanto provvede al consumo di superficie da cui deriva il fenomeno definito “impermeabilizzazione”. Non solo sono state “43 milioni le tonnellate di cemento prodotte nel 2008” che pongono l’Italia “al quarto posto nel mondo per rapporto cemento prodotto/superficie”, come denunciano dall’Ispra, ma, secondo Legambiente “in Italia 100 ettari al giorno scompaiono sotto il peso del cemento, una superficie di territorio equivalente a 50 piazze del Duomo di Milano”.
Azioni di questo genere accentuano l’impoverimento del suolo e la conseguente insicurezza deicittadini, in quanto basti pensare che secondo un sondaggio di Legambiente il 49% dei comuni siciliani intervistati hanno dei quartieri costruiti in aree a rischio idrogeologico mentre solo il 76% ha posto dei vincoli all’edificazione nelle aree a rischio. Le colate di cemento ovviamente non favoriscono assolutamente la conservazione delle biodiversità e per la Sicilia, terra di preziose specie, diventa un ulteriore danno.