Beni culturali, patrimonio non valorizzato - QdS

Beni culturali, patrimonio non valorizzato

Beni culturali, patrimonio non valorizzato

mercoledì 06 Maggio 2009

Beni culturali. Mancata valorizzazione del patrimonio locale.
Immagine trascurata. Troppi rifiuti e poco verde pubblico, mentre la città in parecchie zone presenta ancora i segni della distruzione del terremoto e della mancata ricostruzione.
I visitatori. Le presenze crescono in continuazione. Nel porto approda una nave da crociera a settimana. Investire sul turismo non è solo una necessità ma una scommessa sul futuro.

MessinA – Il successo della Notte della Cultura del 14 febbraio scorso così come la grande affluenza alla Cripta del Duomo per la più recente giornata nazionale del Fai sono dimostrazioni evidenti di come i cittadini messinesi non solo abbiano interesse a visitare e frequentare i beni storico-artistici della città, ma di quanto  addirittura ne sentano il bisogno per ritrovare quell’identità che è rimasta sepolta sotto le macerie del terremoto del 1908. Purtroppo, però, si tratta di episodi sporadici, occasionali, che manifestano ancor di più, una volta finiti, le carenze di tutti i giorni nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio presente sul territorio comunale.

Diciamolo: la città dello Stretto non si è mai curata molto della propria immagine. Trascurata, piena di rifiuti, senza verde pubblico, per alcuni tratti ancora distrutta e da ricostruire e con i suoi tesori naturalistici che pian piano vengono svaligiati per operare quel sacco edilizio che – di fatto – ha trasformato e continua a farlo soprattutto il volto delle periferie. Ma questo non importava a nessuno (tranne che ai cittadini, ovviamente), o meglio a nessuno che avesse degli interessi economici in corso sulla città che non fossero quelli di tipo commerciale o edilizio appunto. Oggi che il porto di Messina accoglie almeno una nave da crociera a settimana, che la presenza di turisti sul territorio comunale cresce continuamente, curare la propria immagine però diventa non solo una necessità, ma il migliore investimento per il futuro.

L’amministrazione Genovese, nel recente passato, l’aveva pure capito, promuovendo per esempio l’istituzione dei bus turistici o iniziative private come il noleggio dei risciò, e pensando alla realizzazione di una grande isola pedonale nel centro storico. Iniziative, però, destinate a divenire inutili quando non controproducenti, se prive di un’operazione di tutela degli stessi beni storici-artistici che, con buona pace della sonnecchiante Soprintendenza, continuano ancora oggi a marcire nel degrado più totale. Esempi?

BADIAZZA. La Chiesa di Santa Maria della Valle, più nota come Badiazza, è la costruzione sacra più antica di Messina. Per raggiungerla bisogna fare il Camel Trophy per oltre un km di sterrato, percorrendo cioè il greto di un torrente la cui bonifica, almeno, è finalmente partita, come dimostrano i muretti a secco che abbiamo fotografato. La chiesa, però, rimane alla mercé di vandali (che hanno imbrattato tutte le recinzioni e distrutto a pietrate una delle vetrate), di branchi di cani e degli abitanti delle baracche del luogo, che utilizzano il torrente come se fosse una discarica all’aperto. Negli ultimi tempi è stato persino divelto il cancello d’entrata, che adesso è spalancato e senza alcun controllo.

MUSEO. Non vogliamo parlare dell’incompiuta, la realizzazione cioè del Nuovo Museo che ancora, dopo anni e anni di lavoro, risulta in alto mare, ma di ciò che è possibile vedere dalla strada osservando l’esterno della struttura. Cumuli e cumuli di colonne, resti archeologici, statue, capitelli, oggetti sacri con fregi in marmo, tutto ciò che rimane della Messina pre-terremoto è depositato lì, all’acqua e al vento, come immondizia in discarica.

DUOMO. Un vero e proprio scempio contraddistingue il panorama di Largo San Giacomo, con relative discariche, alle spalle della Cattedrale, giusto dietro l’abside. Irreversibile il danno ai pavimenti, mentre a pochissimi passi un vero e proprio acquitrino si trova all’interno dello scavo archeologico dell’antica Chiesa di San Giacomo.

VILLA DE GREGORIO. Poteva e doveva essere una perla del patrimonio storico-artistico della città dello stretto, la lussureggiante villa settecentesca, dimora di una delle famiglie nobili dell’epoca, oggi irriconoscibilmente degradata e vandalizzata. Rubate le recinzioni perimetrali e forzato il cancello d’ingresso, l’intera area nel tempo è diventata una vera e propria zona franca, dove tutto sembra lecito. Adesso si aspetta l’ok della regione per poter portare avanti il progetto di parco urbano: siamo in piena area Zps.


I ruderi del quartiere Tirone dentro una colata di cemento

 

Messina – Il panorama dei beni abbandonati è più ampio e oltremodo impietoso, e comprende il Gran Camposanto,  il Monastero di San Filippo di Agira, la Real Cittadella, la Chiesa di Santa Maria di Mili San Pietro, la presunta tomba di Antonello da Messina. Beni di inestimabile valore mai restituiti alla città né ai turisti nella loro originaria bellezza e unicità. Che questo non sia un tema sensibile ai nostri amministratori risulta evidente da quanto, ormai da anni, a Palazzo Zanca si sta tentando di fare al Quartiere Tirone.
Abitato sin dall’età del Bronzo, il quartiere è stato ampiamente distrutto dal terremoto del 1908. Ruderi del ‘700 e dell’800, sin dal dopoguerra, sono stati demoliti o abbandonati a se stessi, erosi dal tempo o sostituiti da baracche. Che dietro l’annunciata riqualificazione ci sia lo spettro dell’ennesima speculazione edilizia in salsa messinese non ci vuole la laurea per capirlo. Basta andare a vedere la composizione della Società mista che realizzerà i progetti, la Stu appunto: solo il 30% delle azioni della Spa, infatti, è detenuto dal Comune, mentre il restante 70% è diviso tra Garbali-Conics Spa, Studio FC & RR associati, Demoter srl, Ingegner Arcovito Paolo Costruzioni, Ciaquattropareti, Trio Ingegneria e Finanza srl. Un team di privati capace di provvedere alla demolizione, alla progettazione e alla costruzione di immobili e infine anche alla vendita.Un affare da milioni e milioni di euro, che difficilmente potrà continuare ad essere mascherato ancora per molto come un piano di “riqualificazione ambientale”. Un progetto che rischia, peraltro, di perdere il finanziamento di 8,5 mln € dalla Regione per evidenti ritardi nel cronoprogramma e per alcuni ricorsi pendenti al Tar. L’assessore Scoglio parla di “scippo” ma è ottimista e dice che si andrà avanti anche senza l’aiuto della Regione. Contento lui.

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