Dal quadro che emerge, gli italiani considerano lo Stato un nemico, dal quale difendersi, come ha persino dichiarato una volta il presidente del Consiglio, quasi legittimando l’evasione. Mai nessun produttore di reddito dovrebbe sottrarsi al suo dovere di contribuire alle spese generali, previsto dall’art. 53 della Costituzione, ma questo sacrosanto principio trova tre limiti.
Il primo riguarda la gravosità della pressione fiscale, che ha superato il 43 per cento. In media ogni cittadino lavora per lo Stato per metà anno. Questo fatto è conseguente all’enormità della spesa pubblica – circa 800 miliardi di euro – che ha superato il 53 per cento del Pil. Il secondo è dato dagli squilibri della spesa e dalla presenza di innumerevoli privilegi delle diverse caste e corporazioni che affliggono il nostro Paese. Vi è poi un terzo limite: la cattiva gestione della spesa pubblica nella quale si annidano sprechi, soddisfacimenti di clientes, parassitismo e così via.
L’evasione fiscale è una piaga non solo italiana. Ma nella Penisola ha una soglia inaccettabile, dato che è stima comune che l’evasione delle imposte sottratte all’erario si aggiri intorno ai 100 miliardi di euro. è vero che Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza hanno recuperato nove miliardi nel 2009, ma siamo ben lontani dall’equilibrio indispensabile in base al quale tutti, indistintamente tutti i cittadini, devono pagare le imposte in rapporto al proprio reddito effettivo.
Tremonti ha messo fra le prime riforme quella fiscale, con un taglio alle aliquote Irpef, il trasferimento di parte delle entrate dalle imposte dirette (sulle persone) a quelle indirette (sulle cose) e a un cambiamento delle detrazioni e delle riprese fiscali. Il ministro ha promesso che la nuova legislazione fiscale sarà improntata alla semplicità dei rapporti con i contribuenti, inviando il 730 precompilato a ciascuno di essi. Naturalmente, la semplificazione dovrà essere ben congegnata, per rendere agevole anche il rapporto con imprese e professionisti.
Il decreto legislativo sull’autonomia fiscale, scaturente dalla legge 42/09 sul federalismo, intende coinvolgere gli enti locali nell’accertamento dei redditi, perché i cittadini sono meglio e più direttamente conosciuti dalle amministrazioni civiche. Senza arrivare alla delazione, il controllo del territorio dovrebbe comportare la capacità di far emergere sacche di evasione che producono distorsione e iniquità tra i cittadini.
Ma producono anche concorrenza sleale, perché è ovvio che l’imprenditore o il professionista che esercita la propria attività in nero può non solo arricchirsi non pagando le imposte, ma anche applicare prezzi e tariffe inferiori rispetto a chi invece è gravato da tutto l’armamentario fiscale e contributivo.
Combattere l’evasione è anche una questione di civismo e di lotta alla criminalità organizzata. Quest’ultima, infatti, è un evasore per antonomasia. La battaglia è lunga e difficile, aiutata dall’informatizzazione e dall’incrocio fra le reti telematiche che potranno aiutare la repressione. Prima, però, occorre potenziare il senso civico .