Tagliare gli apparati ma non i servizi - QdS

Tagliare gli apparati ma non i servizi

Carlo Alberto Tregua

Tagliare gli apparati ma non i servizi

mercoledì 08 Dicembre 2010

L’Ue costringe l’Italia alla virtù

I giovani protestano contro i supposti tagli alle Università italiane, dimenticando che ognuno di essi costa alla collettività settemila euro l’anno. Ovviamente, per la loro ingenuità e incompetenza, non hanno la capacità di vedere il quadro generale. Se l’avessero, punterebbero gli occhi sull’enorme spreco di risorse che c’è nelle Università centro-meridionali, ove gli stipendi assorbono il 90 per cento delle disponibilità. Di essi, la maggior parte riguarda il personale amministrativo, che dovrebbe essere ridotto all’osso, mentre è esuberante, aggravando i costi di gestione (affitti, energia, telefonia, pulizie e via elencando) in maniera abnorme.
Pubblicheremo nei prossimi giorni un’inchiesta con i dati relativi a dipendenti amministrativi, corsi di laurea, professori e alle spese di gestione, raffrontando le Università siciliane statali con alcune virtuose del Nord.
Tuttavia, diciamo: viva i manifestanti, i quali esprimono vitalità e capacità di esercizio della democrazia, indipendentemente dalla correttezza della loro analisi.
Nella scuola, il 97 per cento delle risorse si spende in stipendi. Anche in questo versante vi è un’abnorme quantità di personale amministrativo. La questione è nota: il ceto politico, nel Sud, ha richiesto i voti scambiandoli con i favori, approfittando del bisogno della gente. I favori sono consistiti nel fare entrare gente inutile nella pubblica amministrazione.
Perché definiamo inutili queste persone? Giammai come fatto umano, perché ogni persona ha la propria dignità e dev’essere rispettata in quanto tale. Affermiamo che sono inutili alla produzione dei servizi. Perché sono inutili? Perché nessun ente pubblico, di qualunque livello e di qualunque natura, redige il Piano aziendale. Questo è uno strumento indispensabile per determinare quanto serva alla produzione dei servizi e in modo specifico di quanti dipendenti vi sia bisogno per figure professionali e per quantità.
Perché i dirigenti non redigono il Piano aziendale? Perché sono incapaci e inetti o perché questo strumento smaschererebbe il clientelismo? Provate a rispondere. Se tutti gli enti pubblici redigessero il Piano aziendale, risulterebbe chiaro che anziché 3,5 mln di dipendenti ne occorrerebbero non più di due milioni.
 
Il fenomeno è gravissimo al Sud e quasi inesistente al Nord. Perché? Perché al Nord c’è il lavoro e quei cittadini non sono attratti dalle pubbliche amministrazioni. Là si lavora seriamente e i compensi sono più bassi di quelli che offre il mercato. Tradotto, significa che l’assistenzialismo meridionale, gravissimo in Sicilia, è servito per elargire stipendi e non per produrre servizi.
La Regione Siciliana sta tentando di fare la più colossale operazione clientelare del dopoguerra, immettendo forse altre 50 mila unità negli organici della Pa a tempo indeterminato.
Questa è la strada della morte economica, perché impiegando tutte le risorse disponibili per pagare stipendi non si possono cofinanziare opere pubbliche e infrastrutture, per cui vi è già la disponibilità di fondi europei, di fondi statali e di gruppi imprenditoriali che volentieri sarebbero disponibili a costruirli mettendoci finanza privata col project financing.

Ma l’Unione europea ha stretto il laccio e lo stringerà ancora di più accendendo i fari sui debiti dei singoli Stati e sui comportamenti viziosi degli enti pubblici all’interno di essi. In altri termini, l’Unione costringerà il Sud alla virtù, cioè a spendere l’essenziale.
Le proteste delle corporazioni che si vedono tolte risorse per gli sperperi sono destinate ad aumentare, perché i tagli che si dovranno fare nel corso del 2011 e del 2012, per restare negli stretti limiti del Patto di stabilità, ammonteranno intorno a 40 miliardi di euro. Essi sono indispensabili per avere un avanzo primario che serva a diminuire il disavanzo annuale.
Gli 80 miliardi annuali di interessi sul debito pubblico sono una cifra non più sostenibile. Bisogna procedere con sapienza, realizzando cespiti e diminuendo le spese perché quel macigno cominci a diminuire. Alla diminuzione concorrerà anche la ripresa economica se lo Stato toglierà risorse ai parassiti e le destinerà alla costruzione di infrastrutture e di opere pubbliche di cui l’intero Paese ha bisogno ma, in modo preponderante, tutto il Mezzogiorno.

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