La rivoluzione della conciliazione, creata l’anticamera dei tribunali - QdS

La rivoluzione della conciliazione, creata l’anticamera dei tribunali

La rivoluzione della conciliazione, creata l’anticamera dei tribunali

martedì 22 Marzo 2011

È entrata in vigore ieri la mediazione obbligatoria prevista dal d.lgs n. 28 del 4 marzo 2010. Prima di ricorrere alla giustizia ordinaria, le parti dovranno provare a mettersi d’accordo

PALERMO – Lenta, farraginosa, incerta, più volte bocciata dall’Unione europea: la giustizia italiana troppo spesso si è identificata in quelle sentenze che arrivano troppo tardi e che, in ogni caso, già solo per questo motivo, sono ingiuste. Forse con l’aria di primavera soffia un vento di cambiamento.
Da ieri è entrata in vigore la mediazione obbligatoria prevista dal decreto legislativo n° 28 del 4 marzo 2010. Andiamo a vedere i dettagli.
Si deve provare, prima del processo,  “obbligatoriamente” a mettersi d’accordo per le liti che riguardano diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione per mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. 
È stato invece differito al 20 marzo 2012 l’obbligo di esperire la mediazione, prima di dare corso a un’azione giudiziaria, per le controversie condominiali e per quelle relative al risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.
“Obbligatoria” in teoria vuol dire indispensabile. In pratica  l’assenza della  mediazione nei casi in cui è già definita come “obbligatoria” (in cui è cioè condizione di procedibilità per il giudizio) secondo il decreto, non preclude comunque la concessione da parte del giudice dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale ed in certi casi la condizione di procedibilità opera con effetto differito nel tempo. Cioè  si può depositare come prima un ricorso per avere un decreto ingiuntivo (si tratta di un procedimento sommario per il recupero crediti). Se il giudice emette il decreto e la controparte non si oppone non occorre la mediazione: il decreto diventa esecutivo e può scattare l’esecuzione forzata; solo in caso di opposizione si deve procedere alla mediazione.
Idem per i procedimenti di convalida e di sfratto; non sussiste l’obbligo di mediazione nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata, né nell’azione civile esercitata nel processo penale. Eccezioni giustificate dall’urgenza che caratterizza questi casi processuali.
Torniamo alla regola. Dove si svolge la mediazione? Gli organismi privati registrati e quelli costituiti presso i singoli Consigli dell’ordine degli avvocati hanno una competenza generale, mentre gli organismi creati da altri ordini professionali ovvero dalle Camere di commercio  possono curare solo la mediazione delle controversie riconducibili a materie di loro competenza.
Gli avvocati devono informare i loro clienti della possibilità della mediazione: l’informazione va capillarmente diffusa tra i cittadini, come peraltro prescrive anche la Direttiva comunitaria 2008/52/C.
La riforma non piace agli avvocati che hanno presentato un ricorso amministrativo al Tar Lazio per bloccare il meccanismo. La mediazione è stata accusata di essere una giustizia di serie B, una giustizia privata. Un motivo di opposizione nobile. Però parliamoci chiaro: più conciliazioni vuol dire anche meno cause e meno lavoro per la classe forense (questo, quale interesse di categoria, è un motivo meno nobile). 
La mediazione presenta luci (in particolare una luce chiamata velocità) e presenta, come qualsiasi cosa, anche ombre. Il “lato oscuro” per i cittadini è il costo. Che a ben vedere non è oscuro, è fin troppo chiaro e come si vede dalla tabella in basso è eccessivo. Per un semplice motivo: quando le parti conciliano entrambe rinunciano a qualcosa e quella che rinuncia di più è sempre la parte più debole, anche se è quella che ha più ragione, perché è quella per la quale sopportare il costo del processo è più oneroso.
Quello che si ottiene con una transazione andata a buon fine è sempre meno di quello che si ottiene con una sentenza giusta. Una perdita che si compensa eliminando i tempi della giustizia e l’aleatorietà del risultato. è pur vero però che il cittadino il diritto alla giustizia lo paga ogni volta che paga le tasse, come paga quello alla sanità, all’istruzione e così via. Quando le parti si siedono a un tavolo di mediazione l’accordo è solo più probabile. D’altra parte l’alto costo potrebbe scoraggiare a ricorrere alla giustizia per cause futili.

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