Comunicazioni via Pec, un fallimento - QdS

Comunicazioni via Pec, un fallimento

Comunicazioni via Pec, un fallimento

giovedì 05 Maggio 2011

Un monitoraggio rispetto alla prima scadenza (25 aprile 2011) del nuovo Codice dell’amministrazione digitale Dlgs 235/2011. Abbiamo provato a spedire e-mail certificate a indirizzi presenti su www.paginepecpa.gov.it

CATANIA – E come promesso, eccoci qui! Ecco le valutazioni sulla prima scadenza segnalata alle amministrazioni e agli utenti per la diffusione della Pec. Vi ricordiamo: “Entro i prossimi 3 mesi le Pubbliche Amministrazioni utilizzeranno la Pec o altre soluzioni tecnologiche equivalenti per tutte le comunicazioni che richiedono una ricevuta di ritorno ai soggetti che preventivamente hanno dichiarato il proprio indirizzo elettronico”.
Questo era quanto comunicato dal ministero per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione il giorno in cui è stata data la notizia dell’entrata in vigore del nuovo Codice dell’amministrazione digitale, esattamente il 25 gennaio scorso quindi più di 3 mesi or sono.
Il sito internet  www.paginepecpa.gov.it, definito da molti “le pagine gialle della Pa”, permette di trovare tutti gli indirizzi Pec delle pubbliche amministrazioni sia centrali che locali che ne hanno dato comunicazione.
Come cittadini, cercando alcune informazioni, abbiamo provato ad inviare un messaggio ad uno di questi indirizzi registrato per un ente locale della nostra regione. Risultato? Il messaggio torna indietro. Perché, ci siamo chiesti? Proviamo con un altro indirizzo, inviamo ma il risultato è lo stesso: indirizzo inesistente. C’è qualcosa di strano? Si. Facciamo un passo indietro.

Una casella Pec per ciascun registro di protocollo
Prima fase: con l’ art. 47 comma 3 del Codice dell’amministrazione digitale tutte le Pa hanno l’obbligo di istituire una casella Pec per ciascun registro di protocollo che può essere – come successivamente promosso – richiesta gratuitamente attraverso le modalità indicate dal ministero. L’attivazione gratuita però consente di accedere solo ad alcuni dei servizi previsti, ovvero quelli base, cosi elencati: fornitura di caselle di posta elettronica PostaCertificat@ per i propri registri di protocollo con dimensione di 500 MB per ogni casella attivata, elenco degli indirizzi dei cittadini che hanno aderito al servizio PostaCertificat@, registro delle operazioni, cioè l’archivio informatico delle operazioni effettuate e  l’invio massivo delle comunicazioni ai cittadini. I cosiddetti “servizi avanzati” saranno attivati successivamente ma solo a pagamento e sono: Pa Front Office (sportello virtuale Pa per il cittadino), Pa Folder (backup e gestione documentale), Gestione modulistica elettronica, Servizio Mail Room – Piattaforma di Gestione Elettronica Documentale e Servizio di marcatura elettronica del documento.
Seconda fase: come previsto dall’art. 16 comma 8 della L. n.2 del 2009, dopo avere istituito la casella di posta certificata, le Pa devono darne  comunicazione al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (oggi sostituito da Digit Pa).

Gli intoppi: chiarimenti da Linea Amica
Ricordate l’anno scorso quando la Pec era in fase di sperimentazione? Non tutto andò per il verso giusto. Si registrarono tempi lunghi per le attivazioni, richieste non pervenute ed altri intoppi plausibili in una fase di sperimentazione. Ecco cosa è successo. Dato l’obbligo imminente, le maggiori possibilità date dalla pec privata, la poca informazione dei richiedenti e le offerte (a prezzi relativamente modici) delle concessionarie private, alcune amministrazioni hanno optato per i pacchetti promozionali invece che richiedere la Pec gratuitamente. Abbiamo chiesto informazioni al numero verde di Linea Amica ed una cordiale operatrice ci ha spiegato che: “Molti enti, in realtà, hanno acquistato la casella di posta perché, al contrario di quella gratuita consente una comunicazione multicanale, ovvero con tutti i tipi di pec, caratteristica non contemplata tra i servizi base della Pec governativa che dialoga solo con quelle del suo stesso rango”.
A tal proposito, pur di non incorrere a sanzioni, altre – come ci ha spiegato la gentile signorina – hanno, purtroppo, inserito la e-mail istituzionale invece di una casella Pec. Beh! Sempre meglio che affrontare le ire del ministro.
Pensate che abbiamo finito? No. “Una Pec per ciascun registro di protocollo” – dice la norma suesposta. Sapete a cosa corrispondono tante delle Pec presenti nell’indice? Ad uffici amministrativi, direzioni generali, uffici dell’anagrafe e persino ad uffici elettorali. La norma non sembra essere stata recepita adeguatamente.
Concludendo ci chiediamo: ma in Sicilia che succede? Pare che la Pec sia entrata nel cuore dell’immenso esercito dei dipendenti pubblici. In totale, l’indice mostra 1425 indirizzi di posta cosi distribuite per Provincia: a Catania ne troviamo 267, ad Agrigento 134, a Caltanissetta 85, ad Enna 82, a Messina 207, nel Capoluogo 325, a Ragusa  94, a Siracusa 103 ed infine a Trapani 128. I dati sono in continuo aggiornamento. Vi invito a non  esultare, non ci siamo digitalizzati, molti di questi sono inadempienti. 
Insomma tra Pec false, informazioni errate e indirizzi non contestuali, a queste “pagine gialle” forse bisogna dare una nuova pennellata di colore diverso. Che dite il grigio vi piace?

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