Questo era quanto comunicato dal ministero per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione il giorno in cui è stata data la notizia dell’entrata in vigore del nuovo Codice dell’amministrazione digitale, esattamente il 25 gennaio scorso quindi più di 3 mesi or sono.
Come cittadini, cercando alcune informazioni, abbiamo provato ad inviare un messaggio ad uno di questi indirizzi registrato per un ente locale della nostra regione. Risultato? Il messaggio torna indietro. Perché, ci siamo chiesti? Proviamo con un altro indirizzo, inviamo ma il risultato è lo stesso: indirizzo inesistente. C’è qualcosa di strano? Si. Facciamo un passo indietro.
Una casella Pec per ciascun registro di protocollo
Prima fase: con l’ art. 47 comma 3 del Codice dell’amministrazione digitale tutte le Pa hanno l’obbligo di istituire una casella Pec per ciascun registro di protocollo che può essere – come successivamente promosso – richiesta gratuitamente attraverso le modalità indicate dal ministero. L’attivazione gratuita però consente di accedere solo ad alcuni dei servizi previsti, ovvero quelli base, cosi elencati: fornitura di caselle di posta elettronica PostaCertificat@ per i propri registri di protocollo con dimensione di 500 MB per ogni casella attivata, elenco degli indirizzi dei cittadini che hanno aderito al servizio PostaCertificat@, registro delle operazioni, cioè l’archivio informatico delle operazioni effettuate e l’invio massivo delle comunicazioni ai cittadini. I cosiddetti “servizi avanzati” saranno attivati successivamente ma solo a pagamento e sono: Pa Front Office (sportello virtuale Pa per il cittadino), Pa Folder (backup e gestione documentale), Gestione modulistica elettronica, Servizio Mail Room – Piattaforma di Gestione Elettronica Documentale e Servizio di marcatura elettronica del documento.
Seconda fase: come previsto dall’art. 16 comma 8 della L. n.2 del 2009, dopo avere istituito la casella di posta certificata, le Pa devono darne comunicazione al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (oggi sostituito da Digit Pa).
Ricordate l’anno scorso quando la Pec era in fase di sperimentazione? Non tutto andò per il verso giusto. Si registrarono tempi lunghi per le attivazioni, richieste non pervenute ed altri intoppi plausibili in una fase di sperimentazione. Ecco cosa è successo. Dato l’obbligo imminente, le maggiori possibilità date dalla pec privata, la poca informazione dei richiedenti e le offerte (a prezzi relativamente modici) delle concessionarie private, alcune amministrazioni hanno optato per i pacchetti promozionali invece che richiedere la Pec gratuitamente. Abbiamo chiesto informazioni al numero verde di Linea Amica ed una cordiale operatrice ci ha spiegato che: “Molti enti, in realtà, hanno acquistato la casella di posta perché, al contrario di quella gratuita consente una comunicazione multicanale, ovvero con tutti i tipi di pec, caratteristica non contemplata tra i servizi base della Pec governativa che dialoga solo con quelle del suo stesso rango”.
Pensate che abbiamo finito? No. “Una Pec per ciascun registro di protocollo” – dice la norma suesposta. Sapete a cosa corrispondono tante delle Pec presenti nell’indice? Ad uffici amministrativi, direzioni generali, uffici dell’anagrafe e persino ad uffici elettorali. La norma non sembra essere stata recepita adeguatamente.