Si lamentano che l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, si stia comportando come la Troika nei confronti della Grecia. A noi sembra del tutto pacifico che quando un debitore chieda soldi, debba dare le garanzie che li restituirà. Fare apparire la Troika, nel caso della Grecia, e il Governo nazionale, nel caso della Sicilia, come aguzzini è una difesa puerile che aggrava i problemi.
La verità è che Renzi non si fida di Crocetta, nè dell’Assemblea regionale. Teme, fondatamente, che se desse il via libera allo stanziamento necessario, i consiglieri-deputati continuerebbero ad approvare leggi di spesa clientelare anziché fare le riforme indispensabili per tagliare quella parte che alimenta i privilegiati.
Sembra banale l’affermazione che dipendenti e pensionati regionali debbano avere un trattamento uguale a quello degli statali, perdendo ovviamente quelle cifre addizionali frutto di privilegi decennali. In altre parole, dirigenti e dipendenti regionali devono dismettere i panni dei privilegiati per indossare correttamente quelli dei loro colleghi statali, imparando a servire i siciliani.
C’è poi tutto l’universo di precari che non possono essere assunti non avendo superato il concorso, per cui debbono restare in stand by in attesa che tali concorsi vengano banditi e, se saranno capaci, li dovranno superare.
A riguardo ricordiamo la sentenza della Consulta n. 37/15 che ha dichiarato illegittime tre leggi mediante le quali l’Agenzia delle Entrate aveva assunto 1.200 dipendenti che non avevano fatto il concorso.
Per analogia tutte le leggi nazionali e regionali che prevedono l’assunzione di dipendenti e dirigenti senza concorso, saranno dichiarate illegittime via via che qualche Tribunale le sottoporrà al vaglio della Corte Costituzionale.
La questione è lampante, chi cerca di pestare l’acqua nel mortaio è in malafede. Solo un bilancio che tagli i privilegi potrà essere approvato.
è inutile girarci attorno, il vertice regionale non può continuare a parlare senza agire. e la sua azione dovrebbe essere interamente votata all’aumento dell’occupazione e del Pil. Il resto rappresenta il vuoto.
A livello comunale, i sindaci si lamentano della diminuzione dei trasferimenti da Stato e Regione, ma non hanno fatto l’esame di coscienza, nel senso di avere eliminato tutte le spese clientelari delle loro amministrazioni, nè trovato una soluzione all’enorme esubero di personale, assunto con raccomandazione senza concorso e perciò stesso che cadrà nella ghigliottina della citata sentenza della Corte Costituzionale.
Da oggi è cominciato il conto alla rovescia, rispetto al prossimo 30 aprile, ultimo giorno in cui potrà essere approvata la legge di stabilità insieme al bilancio 2015. Oggi siamo a meno 28.
Non sappiamo se i presidenti di Regione e Assemblea regionale riusciranno a fare quadrare il cerchio, cioè a tagliare delle spese clientelari e superflue del bilancio regionale per rientrare nei parametri che ha imposto il Governo, senza di che non sborserà un solo euro.
Sapranno, i nostri eroi, essere capaci di tanto ardore? Vedremo. Ma intanto il tempo trascorre e non si vede la luce oltre il tunnel; anzi c’è una luce: un semaforo rosso.
Se non ce la faranno, scatterà la tagliola dell’articolo 8 dello Statuto con la nomina dei tre commissari dal Parlamento, che indiranno le elezioni entro tre mesi.
In quel caso, i siciliani danneggiati (stragrande maggioranza) dovranno scegliere tra i candidati presidente e consiglieri-deputati regionali fuori dai rituali politicanti, per avere la possibilità di mettere la Sicilia sulla strada dello sviluppo e della nuova occupazione.