A rischio povertà i lavoratori autonomi con partita Iva - QdS

A rischio povertà i lavoratori autonomi con partita Iva

A rischio povertà i lavoratori autonomi con partita Iva

mercoledì 12 Novembre 2014

Sono circa trentamila i lavoratori autonomi siciliani a rischio povertà. Questo il dato che emerge dagli ultimi anni di crisi.

Sono circa trentamila i lavoratori autonomi siciliani a rischio povertà. È questo il dato emerso dall’Ufficio Studi Cgia basato su dati Istat, che indica le famiglie con maggiori difficoltà economiche quelle che hanno come principale fonte di sostentamento un lavoro autonomo. Appartengono a questa categoria, i piccoli imprenditori, i liberi professionisti, i lavoratori in proprio, i coadiuvanti familiari, i soci di cooperativa. E più in generale coloro i quali si trovano ad aver a che fare con la partita Iva. 
 
Il dato siciliano è allarmante, ma meno gravoso rispetto ad altre regioni del Sud Italia. Infatti se in Sicilia la variazione dei lavoratori autonomi nell’ultimo quadriennio è del -9,7%, in Calabria si segnala il -22,2% e in Sardegna il -17,5%.
 
Si tratta comunque di un problema di tiratura nazionale; che coinvolge tutta la nazione. Infatti emerge che nel 2013 in Italia, il 24,9% di autonomi ha vissuto con un  reddito disponibile inferiore a 9.456 euro annui, soglia limite stabilita come parametro di povertà dall’Istat. Si tratta di un dato particolarmente allarmante se viene poi paragonato a quello dei lavoratori dipendenti, il cui tasso si è attestato al 14,4%; quasi la metà rispetto al dato riferito alle famiglie degli autonomi.
 
Il fenomeno diventa più acuto soprattutto nel Mezzogiorno, attestando una variazione in calo del -9.9% di autonomi negli ultimi quattro anni, rispetto al -1,3% del Centro.
 
Il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi, si esprime così rispetto alla tendenza: “A differenza dei lavoratori dipendenti, quando un autonomo chiude bottega definitivamente non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare sull’indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassa integrazione in deroga e/o ordinaria/straordinaria. Una volta chiusa l‘attività ci si rimette in gioco e si va alla ricerca di un nuovo lavoro”. E continua: “Purtroppo non è facile trovarne un altro. Spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento costituiscono una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso forme di lavoro completamente in nero”.
 
Giuseppe Bortolussi, focalizza l’epicentro della problematica: “È sempre più evidente a tutti che la precarietà nel mondo del lavoro si annida soprattutto tra il popolo delle partite Iva. Detto ciò, la questione non va affrontata mettendo gli uni contro gli altri, ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per darle agli autonomi. Bisognerebbe allargare l’impiego di alcuni ammortizzatori sociali anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovranno pagarseli”.
 
Per queste ragioni la Cgia spinge il governo Renzi affinché la Legge di Stabilità preveda maggiori misure a sostegno di questa categoria di lavoratori. Si auspica ad esempio ad un regime fiscale agevolato, al taglio dell’Irap, e all’ipotesi di estendere anche agli autonomi il bonus degli 80 euro.
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