Olive: crollo della produzione e aumento dei prezzi - QdS

Olive: crollo della produzione e aumento dei prezzi

Olive: crollo della produzione e aumento dei prezzi

giovedì 23 Ottobre 2014

Anche gli uliveti siciliani piegati dalle condizioni climatiche e dall’attacco delle mosca Bactrocera. Le analisi dei presidenti della Cia, Castagna, e Confagricoltura Catania, Selvaggi

CATANIA – Le famiglie italiane dovranno far fronte, nei prossimi mesi, a rincari consistenti su un alimento indispensabile in cucina: l’olio d’oliva.
I nostri uliveti, infatti, piegati da condizioni climatiche avverse (eccesso di umidità persistente durante i mesi estivi e scarsità di precipitazioni) stanno subendo anche l’attacco di una mosca (BactroceraOleae) che ha devastato parte del prodotto. Le olive “sopravvissute” diventeranno, dunque, merce preziosa e costosa.
Secondo Rosa Giovanna Castagna, presidente di Cia (Confederazione italiana agricoltori) regionale Sicilia: “La produzione 2014 di olive in Italia si ridurrà di oltre il 40% rispetto alla produzione dell’anno scorso. In Sicilia la produzione stimata sarà probabilmente inferiore del 50% rispetto alla precedente raccolta. Se calcoliamo una media di 45.000 tonnellate annue (per un valore di 200 milioni di euro), nel 2014 non si supereranno le 20.000 tonnellate”.
Il presidente di Confagricoltura Catania, Giovanni Selvaggi parla addirittura di una campagna di raccolta delle olive, iniziata già da alcuni giorni, che “sta facendo registrare un calo di produzione attorno al 70%”. “In Sicilia – prosegue Selvaggi – in particolare nel catanese, le due Dop dell’extravergine: Etna e Monti Iblei, sono alle prese con gli attacchi della mosca olearia. Questa ha danneggiato i frutti facendo andare perduto mediamente un 15-20% del prodotto. Molti produttori hanno provveduto, per arginare gli attacchi della mosca, a una raccolta anticipata, iniziata già a fine settembre. Le olive raccolte ancora verdi al 70%, si prevede, daranno un olio di ottima qualità, molto fruttato, che necessiterà però di un maggior tempo di decantazione atto a far evaporare la componente leggermente aspra. L’olio nuovo arriverà, dunque, sulle tavole, non prima della metà di novembre. La riduzione nei quantitativi avrà inevitabili conseguenze sul prezzo, con un aumento che si aggirerà intorno al 20%. Il calo di produzione, inoltre, crea un maggiore stato di allerta alle frontiere, in quanto fa crescere il rischio di una invasione del mercato di prodotti nordafricani”.
Non solo rincari in vista, dunque, ma anche preoccupazione per prodotti esteri di qualità quantomeno dubbia. “Gli standard produttivi dei Paesi nordafricani sono, infatti, molto diversi da quelli italiani e danno prodotti qualitativamente differenti da quelli locali – prosegue Selvaggi – Miscele comprate a 30 centesimi al chilo arrivano sugli scaffali a 2-3 euro, col risultato che il consumatore porta in tavola un commestibile di modesta qualità, pensando d’aver fatto un buon affare. Tutto legale: la normativa europea ha assecondato le istanze dei grandi gruppi dell’olio consentendo la commercializzazione con marchi nazionali di prodotti di origine comunitaria, purché indicata in etichetta (spesso di difficile lettura)”.
Il consumatore attento deve dunque “guardare con attenzione le etichette e riporre fiducia, solo in quelle che portano la dicitura ‘prodotto 100% italiano’ – ricorda Selvaggi”.
Sul fronte della lotta alla contraffazione arrivano buone notizie dalla presidente Castagna che ricorda: “La Cia Sicilia è stata la promotrice del marchio Igp Sicilia che vedrà la luce nei prossimi mesi dopo due anni di lavoro con tutti i soggetti della filiera. Riconoscere un olio siciliano Igp sarà uno strumento indispensabile per combattere la contraffazione e le frodi nel settore”.
 

 
Manca l’aggregazione tra i diversi componenti della filiera
 
CATANIA – “La Sicilia è una regione ad alto tasso di autoconsumo ma produce anche olio di qualità utilizzato dagli imbottigliatori italiani (dislocati per lo più in Toscana, Umbria, Puglia e Liguria) per ‘tagliare’ altri oli di varia origine anche extraeuropea. Gran parte dell’olio commercializzato sfuso va fuori regione” ricorda la presidente Castagna. I problemi restano sempre gli stessi: “esportiamo meno di quanto meriterebbe un prodotto di eccellenza come il nostro. Tra i fattori che penalizzano da anni il settore – ci scrive Selvaggi – ma che ora sotto il peso della crisi diviene ancora più gravoso, c’è la mancanza di aggregazione tra i diversi componenti della filiera. I produttori locali lamentano, infatti, la difficoltà più volte riscontrata nel fare sistema, così da potersi presentare più forti e competitivi sui mercati internazionali”. In attesa che le olive siciliane siano raccolte e lavorate in loco fino ad ottenere un prodotto finito, però, i prezzi continuano ad aumentare. Maltempo e “mosche” a parte, l’Isola non può rimandare l’appuntamento con filiere più corte e un’aggregazione vera e partecipata se non vuol finire travolta da una concorrenza spietata quanto pericolosa.

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