Dalla Procura generale di Palermo per i capimafia Madonia e Scotto. L'agente di polizia e la moglie, incinta, uccisi nel 1989 nel Palermitano. La battaglia del padre, che da più di trent'anni non si taglia la barba in attesa di avere Giustizia
La Procura Generale di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio dei boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto accusati dell’omicidio dell’agente di polizia Antonino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. Il processo è stato chiesto anche per Francesco Paolo Rizzuto imputato di favoreggiamento aggravato.
Agostino e la moglie, che aspettava un bambino, vennero assassinati la sera del cinque agosto 1989 davanti alla casa di famiglia a Villagrazia di Carini (Palermo).
A sparare furono due killer arrivati a bordo di una moto di grossa cilindrata, trovata bruciata dopo il delitto. Un omicidio rimasto irrisolto per anni.
Poi l’inchiesta della Procura di Palermo terminata con una richiesta di archiviazione a cui ha fatto seguito l’avocazione della Procura generale.
Il padre di Nino Agostino, Vincenzo, promise di non tagliarsi più la barba fin quando non fossero stati scoperti gli assassini del figlio e della nuora. Con la moglie, morta nel 2019, ha continuato a lottare perché fosse ristabilita la verità.
“Non è ancora arrivato il momento di tagliarmi la barba – aveva detto nel marzo scorso -, anche se in questi ultimi giorni stanno accadendo cose importanti”.
Si riferiva all’inchiesta che la Procura Generale ha delegato alla Dia e da cui è emerso che l’agente Agostino, formalmente assegnato alle Volanti, collaborava con i Servizi Segreti alle indagini finalizzate alla ricerca di latitanti di mafia.
Nella ricostruzione della Procura Generale è emerso che la vittima faceva parte, insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d’infarto un anno fa, Guido Paolilli, agente di polizia e ad altri componenti allora di vertice dei Servizi di sicurezza, di una struttura di intelligence che svolgeva l’attività ufficiale di ricerca di latitanti, ma aveva in realtà rapporti opachi con Cosa nostra.
Agostino avrebbe compreso le reali finalità della struttura a cui apparteneva (alla quale aveva offerto una pista per arrivare alla cattura di Salvatore Riina a San Giuseppe Jato), e se ne era allontanato poco prima del suo matrimonio: da qui la decisione di assassinarlo.
La Dia ha indagato sui rapporti tra esponenti delle istituzioni e i capimafia Madonia, boss di Resuttana, e Scotto, da sempre indicato come trait d’union con appartenenti ai Servizi di sicurezza.
Decisive nell’inchiesta le dichiarazioni dei pentiti Vito Gelatolo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Giuseppe Marchese, Francesco Onorato, ma anche di testimoni vicini ad Agostino, come colleghi e familiari.
Ulteriori conferme sono venute dalle intercettazioni telefoniche, che hanno dimostrato il coinvolgimento della struttura nei depistaggi di alcune indagini.
Dall’inchiesta condotta dalla DDA di Palermo e acquisita dalla Procura Generale sono emersi anche rapporti di Agostino con il giudice Giovanni Falcone nella fase in cui questi indagava sulla cosiddetta pista nera per l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella.
Nel contesto delle nuove indagini è emersa la figura di Francesco Paolo Rizzuto, detto “Paolotto”, che nel 1989 era amico di Agostino e che la notte precedente al delitto aveva partecipato con la vittima a una battuta di pesca.
I due avevano dormito a casa di Agostino a Villagrazia di Carini.
La mattina dopo, Agostino sarebbe andato in ufficio, mentre Rizzuto sarebbe rimasto dagli Agostino. Secondo gli inquirenti in più occasioni avrebbe mentito su quanto accaduto nel giorno e nel luogo del delitto.