“Da quel che ho potuto registrare in periferie del Nord, come ad esempio quella di Torino, è già visibile da tempo una rigenerazione passata dalla dotazione di servizi sociali e l’unione con altri elementi. La società è già riuscita ad “impastarsi” anche con i nuovi arrivati, ossia gli immigrati. Al Centro il processo è invece iniziato dopo, ma è in cammino. È nato grazie alla riscoperta di un orgoglio di appartenenza ai luoghi; penso al caso di Tor Bella Monaca o anche a Scampia, dove è nato ad esempio un brand dal nome “made in Scampia”. A Sud, dallo Zen a Librino, a giudicare dai risultati tutto è da compiere”.
“Librino vive una situazione di separazione nonostante si trovi a pochi minuti dal centro della città. Questa separazione è provata, ad esempio, dal modo di dire che utilizzano gli abitanti del quartiere affermando di “andare a Catania” quando si spostano verso la città. Dimostrano di sentirsi un elemento differente, di sentirsi “da parte”. Vivono barricati in case spesso ben tenute, come quelle delle cooperative costruite nel quartiere, ma ciò accade all’interno di una realtà anch’essa contrastante, in cui non è possibile ritrovare la stessa cura negli alloggi popolari. Per strada si vedono pochi bambini, anch’essi chiusi nei centri di socialità che operano sul territorio, se non visibili solo nei luoghi appartati. Si vive una realtà totalmente sproporzionata rispetto quel che accade in città”.