Il Teatro Stabile di Catania ospita lo spettacolo scritto e diretto da Francesco Randazzo
CATANIA – Prosegue con successo alla sala Musco la rassegna "L’isola del teatro", che dal 4 al 6 aprile vedrà in scena la pièce "Notte segreta", scritto e diretto da Francesco Randazzo. Lo spettacolo, ospite del Teatro Stabile di Catania, è prodotto dalla compagnia siracusana "La bottega del pane" e vede come protagoniste Emanuela Trovato e Rossana Veracierta.
«Al centro del racconto ambientato nel XVII secolo – spiega l’autore e regista Francesco Randazzo – ci sono due giovani novizie delle Clarisse della Consolazione, Conforto e Assunta, chiuse nella cella di un convento barocco siciliano e sottoposte a un duro rito iniziatico e penitenziale di mortificazione della carne: devono pregare e vegliare, nel silenzio inquietante delle ore notturne, due vecchie monache morte in "odore di santità", i cui corpi sono messi a sedere accanto a loro per spurgare i loro liquidi organici: un’antica usanza imbalsamatoria di cui esistono tutt’oggi testimonianze in varie località del Meridione, da Palermo a Ischia. Le due innocenti e “irresistibili” ragazze si domandano il perché del loro destino, chiuse al buio, o peggio al riverbero delle luci che entrano dalle feritoie o che provengono da flebili torce e lumi, con le ombre spaventose e tremolanti come sfondo e le morte a far da compagnia».
Conforto e Assunta, nel loro raccontare e raccontarsi, per sempre legate l’una all’altra, rivendicano il loro usurpato diritto di vivere con gioia e libertà la giovinezza. Mentre Assunta è meno smaliziata e più sottomessa; Conforto, da aristocratica, ha una certa simpatica arroganza. Due personaggi che spesso parlano echeggiando la tradizione dei cunti, e a volte hanno movenze sceniche da pupi.
«Sono in convento più per obbligo che per scelta – osserva l’autore – e insieme subiscono quella penitenza angosciosa. Pregano, certo, ma poi?! Una notte è lunga. Troppo lunga. Può sembrare e diventare eterna lì dentro. Vogliono e sognano, inventandosi fantastiche storie, anelando la Vita e non la Morte. Sono curiose, monelle, delle Sante involontarie, come tante ce ne sono state. Allegre per disperazione, fantasiosamente temerarie, col coraggio dell’incoscienza e della leggerezza ma anche con la paura, con l’ansia di capire perché quel destino: una domanda che con le loro risate, attraversa i secoli e arriva fino a noi con un sorriso e un brivido leggero. L’amore per la vita, poeticamente raccontato perché negato come dimensione vissuta, finisce per esorcizzare il morire, per dargli un senso in chiave quasi elusivamente estetica. Quel "forse" che le due proferiscono, e la simbolica luce finale dell’ostensorio, lasciano però un margine interpretativo verso metafisiche soluzioni».
Una pièce che propone attraverso la spensieratezza tipica della giovane età delle protagoniste, una riflessione profonda sul tema del destino, naturale o forzato, con cui ognuno ad un certo punto della propria vita sente il bisogno di confrontarsi. Il contesto storico, ossia il Seicento dei Viceré venuti della Spagna, offre un solido spunto narrativo, basato sulla consuetudine dell’epoca di "forzare" le ragazze alla vita monacale, da cui poter avviare un ragionamento che però trascende ogni limite temporale e arriva, denso di significati e di interrogativi, fino ai giorni nostri.