L’avvocato Maria Cristina Triscali al Qds sugli Istituti della prima infanzia: “Nessun obbligo di pagamento per i mesi del lockdown”. “Chi ha pagato anticipatamente senza poi ricevere i servizi può avere diritto al rimborso delle somme sborsate”
CATANIA – Sono sempre più i genitori che, per la cura dei figli, si rivolgono a scuole e altri istituti privati. Soprattutto per il nido e la prima infanzia. Il lockdown per arginare la diffusione del Coronavirus ha comportato l’impossibilità dello svolgimento regolare delle lezioni. Tra i dirigenti degli istituti privati c’è chi ha deciso di non far pagare le rette mensili ai genitori, chi ha chiesto loro un semplice contributo di pochi euro e chi ha trattenuto le somme già versate anticipatamente. L’avvocato Maria Cristina Triscali spiega in un’intervista esclusiva al Quotidiano di Sicilia quale sarebbe la giusta prassi da seguire.
Cosa possono pretendere dalle famiglie i dirigenti scolastici degli istituti privati della prima infanzia (0-6 anni)?
“Partiamo dal presupposto che per i bimbi dell’infanzia non era obbligatoria la didattica a distanza, diversamente da quanto previsto per la scuola dell’obbligo. Credo che nessun genitore si aspettasse questo tipo di servizio, posto oltretutto che per bambini così piccoli si rendeva necessaria la presenza costante – durante le videolezioni – dell’adulto, che a quel punto diversificava il tipo di servizio ricevuto. Dunque, l’emergenza Coronavirus ha inciso sul nesso funzionale del negozio giuridico. Il rapporto con la scuola privata rientra nella categoria del contratto a prestazioni corrispettive, per cui ove una delle prestazioni diventi impossibile per causa non imputabile alla parte, si consente all’altra di recedere. Il genitore non può pertanto essere obbligato in alcun modo a corrispondere la retta. Tale fattispecie rientra nell’ambito dell’estinzione della prestazione per impossibilità sopravvenuta, non imputabile ad alcuna delle parti (art. 1256-1258 del codice civile)”.
Esistono genitori che hanno ritenuto utile far partecipare i propri piccoli alla didattica a distanza. In questo caso, sono tenuti a corrispondere alla scuola la retta mensile ordinaria o ridotta?
“Se la scuola è stata chiara circa la modalità di erogazione del servizio alternativo (didattica a distanza), compresa la corresponsione del prezzo per quel tipo di servizio , allora il genitore avrebbe dovuto operare una scelta circa la partecipazione scolastica del proprio figlio con questa nuova modalità, addossandosi il costo previsto per la stessa. Nessun obbligo era previsto invece per la partecipazione, perché la natura della didattica a distanza non rientra tra quelle obbligatorie per legge, considerata anche la tenera età dei bimbi. Inoltre, non è detto che un infante abbia la capacità di parteciparvi attivamente, vista pure l’eccezionalità del caso. Il rifiuto della prestazione alternativa è assolutamente legittimo, in quanto il genitore è ritenuto a pagare per l’erogazione di un servizio di varia natura didattica, ricettiva, presa in custodia, tutti elementi che – nel caso della didattica a distanza – si riducono drasticamente o vengono meno del tutto”.
Alcuni genitori, soprattutto con un numero di figli maggiore a 1, hanno pagato anticipatamente tutte le rette mensili all’inizio dell’anno scolastico 2019/2020, potendo così usufruire di un piccolo sconto. Costoro hanno diritto al rimborso? Qualora la scuola si rifiutasse di erogarlo, a chi devono rivolgersi per ottenerlo?
“In riferimento a quei genitori che hanno pagato anticipatamente l’intero anno scolastico – senza poi di fatto usufruire di alcun servizio a causa dell’emergenza sanitaria, quindi per causa non imputabile a nessuno – si parla di prestazione inesigibile, per cui si ha il diritto alla ripetizione di quanto corrisposto, dunque alla restituzione delle somme di denaro sborsate. La possibile proposta del dirigente di applicare un eventuale sconto non riequilibra in alcun modo il sinallagma contrattuale. Se la scuola si rifiutasse di restituire le somme ricevute, l’alternativa è quella di rivolgersi a un legale”
Gli istituti scolastici privati, qualora i genitori si rifiutassero di corrispondere la retta mensile per tutti quei mesi di prestazione non erogata, potrebbero rifiutarsi a loro volta di accogliere i loro figli a settembre, anche se l’iscrizione fosse già stata pagata?
“La scuola non può rifiutare un bambino iscritto. Nella maggior parte dei casi, infatti, il genitore firma un contratto diverso per ogni anno scolastico di frequenza. Trattandosi di anni scolastici – e contratti – differenti (2019/2020 e 2020/2021) in alcun modo si possono considerare dipendenti l’uno dall’altro”.