Un quadro normativo monco pesa inevitabilmente anche sulla crescita del tessuto produttivo e rischia di scoraggiare anche chi vuole investire dall’estero. Le leggi spesso ci sono ma non sono pienamente operative: ecco perché lo sviluppo resta fermo al palo
PALERMO – Ottocentottantacinque. Questo lo spaventoso numero di decreti attuativi che mancano ancora all’appello in Italia, dando così vita a uno scenario fatto di una selva di leggi mai entrati pienamente in vigore.
Come testimonia il report aggiornato periodicamente sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri (ultimo resoconto datato 6 luglio 2020), quello di cui parliamo è un problema cronico, che inevitabilmente limita i processi di riforma del Paese, inceppandone conseguentemente i meccanismi di sviluppo.
Ma andiamo per ordine e cerchiamo di chiarire esattamente ciò di cui stiamo parlando. In Italia, il processo di formazione delle leggi – così come tutto il resto, verrebbe da dire con una battuta – è assai complesso e articolato. Molto spesso, si crede che dopo l’approvazione da parte del Governo o del Parlamento di un dato provvedimento sia tutto concluso, ma in realtà si tratta soltanto della conclusione di una prima fase, seppur spesso tortuosa, dell’iter.
Capita sempre più frequentemente, infatti, che i dettagli burocratici e tecnici necessari per applicare e implementare le leggi siano affidati ad altri soggetti del mondo istituzionale e in particolare i ministeri. A loro, infatti, spetta il compito di lavorare ai cosiddetti decreti attuativi, provvedimenti necessari per completare gli effetti della norma stessa.
E qual è lo stato dell’arte oggi in Italia: scoraggiante, verrebbe da dire pensando a quel 885 citato in apertura di articolo. Come sono suddivisi questi provvedimenti che attendono ancora di vedere la luce? È presto detto.
Undici risalgono addirittura al Governo guidato da Enrico Letta, dunque stiamo parlando di un Esecutivo che ha guidato il Paese dall’8 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. Sei anni fa. Da allora ci sono sei leggi rimaste monche proprio per l’assenza di questi provvedimenti. Il cosiddetto “Decreto del fare” (Legge 98/2013), giusto per fare un esempio, aspetta ancora che si sblocchino quattro decreti attuativi.
“Enrico stai sereno”, è stato detto all’allora premier poco prima di essere buttato fuori da Palazzo Chigi, ma all’interno degli uffici ministeriali sembra che in molti siano rimasti sereni anche durante il Governo di Matteo Renzi (più di mille giorni, da febbraio 2014 a dicembre 2016). All’appello, per quanto riguarda il periodo in cui fu premier l’ex sindaco di Firenze, mancano ben 119 provvedimenti per un totale di ben 57 leggi. Tra queste, spiccano la Legge di Stabilità 2015 (190/2014), quella del 2016 (208/2015) e la legge di Bilancio 2017 (232/2016). E a questo punto una domanda sorge spontanea: che senso ha attendere ancora che vengano attuate pienamente norme che avrebbero dovuto avere la loro efficacia in periodi temporali ben precisi? Una risposta che i megaburocrati governativi dovrebbero dare a tutti gli italiani…
Con l’arrivo dell’Esecutivo di Paolo Gentiloni (da dicembre 2016 a giugno 2018) l’andazzo non è certo cambiato: sono infatti 55 le leggi in attesa di ben 211 provvedimenti attuativi. Anche in questo caso segnaliamo, per esempio, la Legge di Bilancio 2018 (205/2017) o il Codice dell’amministrazione digitale (Dlgs 217/2017), che attende ancora sette decreti per poter avere la sua piena operatività.
Nuove elezioni avrebbero dovuto portare una ventata di cambiamento, soprattutto in un Paese affidato alla guida di partiti decisi a rivoluzionare tutto come Movimento 5 stelle e Lega Nord. Ma la realtà dei fatti è ben diversa da quanto appena descritto. Per ciò che riguarda il primo Governo retto da Giuseppe Conte (giugno 2018-settembre 2019) ci sono infatti 186 decreti attuativi ancora da pubblicare, che interessano 34 leggi. Fa specie leggere nella lista in questione dei nove mancanti per i “Provvedimenti urgenti per Genova” (Legge 130/2018) oppure dei 43 relativi alla Legge di bilancio 2019 (145/2018).
E così arriviamo ai giorni nostri. Com’è noto, il post Papeete e la richiesta di “pieni poteri” da parte dell’allora vice premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini portarono alla fine della scorsa estate alla nascita del Governo Conte II sostenuto da Movimento 5 stelle e Pd. A oggi, per quanto concerne l’Esecutivo ancora in carica, mancano all’appello 358 provvedimenti attuativi per 26 norme ancora incomplete. Ricordate il Decreto Fiscale (Legge 157/2019)? Servono 37 decreti affinché possa avere piena operatività. Alla legge di Bilancio 2020 (160/2019) ne mancano 105, al Cura Italia (Legge 27/2020) 17 e al Decreto Rilancio (77/2020) addirittura 73.
Insomma, questa brevissima panoramica può essere utile a capire il perché il nostro Paese stenti a recuperare il gap che lo separa dal resto d’Europa e in particolare dagli Stati più forti dell’Unione. Un’Italia inceppata in centinaia di leggi che non riescono a vedere la luce e che, come già accennato, paga inevitabilmente un prezzo altissimo in termini di mancato sviluppo.