È stato il clientelismo, che ha livellato verso il basso la possibilità di andare avanti ed ha penalizzato fortemente i talenti, la causa principale della grave situazione in cui si trova il nostro Paese. Ancor peggio è lo stato della nostra Isola, dove imperano tre fattori negativi: corruzione, clientelismo ed inefficienza.
Se emerge il merito, se chi lavora e ha dei compiti ne risponde, è del tutto ingiustificata la distinzione tra giovani e vecchi. Vi sono giovani addormentati ed altri bravissimi, vi sono persone di 60/70 anni con la mentalità del pensionato ed altri che ancora possiedono energia, voglia di costruire e di fare.
Il clientelismo è stato un elemento imperante nella chiesa di Roma. Da quando è stato eletto, Jorge Mario Bergoglio, ha invertito il modo di operare. Questo giovanotto di 77 anni appena compiuti, ha una vitalità incredibile. Comincia a lavorare alle 6 del mattino e finisce a tarda sera. Sfidiamo molti giovani a fare altrettanto. Ma non basta, la sua capacità di lavoro, già col nome che ha scelto, Francesco, ha spiegato immediatamente che la sua azione sarà semplice, per interrompere le liturgie e i meccanismi che hanno allontanato i fedeli dal cattolicesimo per avvicinarsi alle persone.
La nomina di uno sconosciuto prelato della provincia del basso Sud, monsignor Nunzio Galantino (vescovo di Cassano allo Jonio, Cosenza), come segretario della Cei (Commissione episcopale italiana), seppure ad interim, ha sorpreso la Curia romana, la quale non smette di sorprendersi per il modo di agire di Francesco, vicino alle persone e ai bambini anche con telefonate.
Finalmente si apre uno spiraglio sui grigi corridoi del Vaticano ove accade di tutto e di più, come secoli di comportamenti scorretti hanno dimostrato, non ultima la Santa inquisizione che per 300 anni ha messo al rogo centinaia di migliaia di persone.
La forza che gli è derivata dall’1,7 milioni di voti personali e dai 2,9 milioni di voti al suo partito, gli consentono di scardinare i meccanismi deleteri che hanno portato il nostro Paese in queste tremende condizioni. L’opinione pubblica perbene lo deve sostenere insieme a chi la pensa come lui.
In Sicilia, non abbiamo riflessi, ancora, né dell’azione nuova di Francesco, né di quella di Matteo, nonostante un suo stretto collaboratore sia quel Davide Faraone che ha la delega per il Welfare.
Il presidente della Regione (non ci importa chiamarlo col suo cognome perché è irrilevante nel nostro ragionamento) si è incartato o è stato incartato. Parla, straparla, si agita, si arrabbia, ma non ha portato ancora nulla di concreto alla sua rivoluzione della Sicilia.
A distanza di oltre un anno, da quando è stato eletto, al di là delle denunce in Procura, non ha realizzato nessuna riforma che desse ossigeno all’economia siciliana in tutti i suoi versanti (agricoltura, industria, artigianato, commercio, servizi, turismo, ecc.), non ha riformato, com’era indispensabile, la pubblica amministrazione regionale, vera palla al piede dell’economia, non ha fatto aprire i cantieri per l’utilizzazione massima dei fondi Ue e, soprattutto, non ha detto chiaro e forte che l’era dei privilegiati, dei nullafacenti e dei corrotti è finita.
Se continua a tirare a campare, morirà politicamente, altro che campare.