Applicazione Iva in agricoltura, regime ordinario oppure “speciale” - QdS

Applicazione Iva in agricoltura, regime ordinario oppure “speciale”

Applicazione Iva in agricoltura, regime ordinario oppure “speciale”

martedì 01 Dicembre 2020

Nel primo caso l’imposta dovuta è uguale alla differenza tra Iva a debito e Iva a credito. Il secondo sistema è “forfettario” meno conveniente quando si prevedono investimenti

ROMA – Come è noto, in base a quanto disposto dall’art.34 del Dpr. 633, per le cessioni di prodotti elencati nella prima parte della Tabella A allegata al Dpr. 633/72, l’Imposta sul Valore Aggiunto si applica attraverso con un regime “speciale” ossia applicando al momento della cessione le aliquote proprie dei singoli beni prodotti (se vendo frutta 4%, se vendo legno 22%), ma operando la detrazione prevista dall’art.19 in maniera forfettizzata e, più precisamente, nella misura pari all’importo risultante dall’applicazione, sull’ammontare imponibile, delle “percentuali di compensazione” stabilite con Decreti del Ministro delle Finanze 12/5/92 e 30/12/97 e successivi.
Va ricordato che il regime speciale Iva dell’agricoltura costituisce il regime “naturale”.

La legge, tuttavia, consente di optare per il regime “ordinario”, ossia permettendo la detrazione analitica, manifestando un’apposita opzione secondo le modalità di cui al Dpr. 10/11/1997 n. 442. Tale opzione è valida fino a revoca ed è comunque vincolante per tre anni.
La scelta, comunque, avviene tramite comportamento concludente, fermo restando l’obbligo di darne comunicazione nel quadro Vo della prima dichiarazione Iva annuale successiva (art. 34 co. 11 del Dpr n. 633/72).

Il regime “ordinario” eventualmente scelto dagli agricoltori si caratterizza per il fatto che l’Iva dovuta si determina sulla base della differenza tra l’Iva a debito derivante dalla cessione di beni o servizi e l’Iva a credito sugli acquisti, anche di beni strumentali, inerenti tali cessioni.

Con l’approssimarsi della fine dell’anno, pertanto, prima di scegliere il regime, l’Agricoltore, tenendo presente il periodo triennale del vincolo dell’opzione, deve valutare la convenienza per il regime normale, riflettendo sull’ammontare delle spese che ritiene di dover sostenere, e confrontare l’ammontare dell’Iva detraibile in base alle percentuali di compensazione con l’Iva detraibile pagata sulle fatture di acquisto.
È chiaro che maggiore è la detrazione spettante con le percentuali di compensazione rispetto a quella analitica, maggiore è la convenienza a rimanere in regime “speciale”.

Al contrario, specialmente quando si è consapevoli che la produzione avrà bisogno nel triennio successivo di maggiori investimenti (come nel caso in cui l’azienda è in fase di espansione), la detrazione “forfettaria” del regime speciale sarà meno conveniente e, quindi, sarà opportuno optare per il regime “ordinario”.

Non è trascurabile, sempre ai fini della scelta del regime al quale assoggettarsi, tener presente l’obbligo della rettifica della detrazione ai sensi del comma 3 dell’art.19 bis2, del Dpr. 633/72.

Occorre ricordare, infatti, che al momento del passaggio dal regime ordinario a quello speciale occorre rettificare “a debito” (riversare) l’Iva, relativa ai beni esistenti, detratta analiticamente al momento dell’acquisto.
Al momento del passaggio dal regime speciale a quello ordinario, invece, occorre rettificare “a credito” (recuperare) l’Iva, relativa ai beni esistenti, che non è stato possibile detrarre analiticamente essendo applicabile, in quel periodo, il regime speciale-forfetario.

Quindi, prima della fine dell’anno, per gli agricoltori che operano in “regime speciale”, oppure per quelli in “regime ordinario” ma che hanno superato il triennio di vincolo, una riflessione potrebbe essere opportuna, valutando se rimanere nel regime attualmente applicato, oppure variarlo.

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