Proteste di sindaci, politici e associazioni tra le più disparate contro l’ipotesi di realizzare il deposito nazionale delle scorie radioattive in Sicilia, ma nessuno ha alzato un dito contro lo scempio, già in atto, a causa delle discariche dei rifiuti urbani
PALERMO – Un’esplosione radioattiva di polemiche che però nasconde una doppia morale. Mentre sindaci, politici e associazioni a vario titolo hanno scatenato un putiferio dopo che il Governo ha individuato anche quattro aree siciliane tra i siti candidati a ospitare il super deposito nazionale delle scorie nucleari, nessuno sembra scandalizzarsi più di tanto per lo scempio che avviene ogni giorno al di qua dello Stretto. I rifiuti, che come continueremo a scrivere fino alla nausea altrove sono risorsa, in Sicilia restano “munnizza”, un’enorme problema che si accatasta lungo i marciapiedi delle nostre città e che, in assenza di alternative, viene risolto nel modo più illogico: sotterrando la spazzatura sotto il suolo, consumandolo e avvelenandolo all’infinito.
UN TERRITORIO GIÀ CONTAMINATO
Fa paura un deposito “blindato” (che va detto porterebbe investimenti per un miliardo di euro e 4 mila posti di lavoro all’anno per quattro anni) con “una struttura a matrioska” – composto da “90 costruzioni in calcestruzzo armato” che a loro volta racchiuderanno ulteriori contenitori – mentre non fa notizia un gravissimo rapporto pubblicato giusto qualche settimana fa dall’Arpa sulle discariche “pericolose”, tra cui quella di Mazzarrà Sant’Andrea, in provincia di Messina, chiusa nel 2014 e sequestrata dalla magistratura. Si tratta di un sito che continua a sversare percolato, cioè un liquido altamente inquinante che si forma in una discarica esposta all’azione di acque meteoriche.
Un sopralluogo congiunto dei tecnici di Ispra e Arpa Sicilia ha svelato “molteplici fattori di criticità ambientale”, correlati principalmente “al sistema di raccolta del percolato, risultato efficiente solo in parte”, e alla copertura del corpo rifiuti che non è apparsa in grado di garantirne la totale impermeabilizzazione, “sia per l’assenza di teli su alcune porzioni, sia per lo stato di parziale deterioramento dei teli ove presenti”. Ancora più grave è la totale assenza di “un sistema di regimentazione delle acque meteoriche, che sono pertanto convogliate direttamente all’interno di un torrente presente in prossimità della discarica”.
E ora l’ex discarica rischia di collassare. “Alcune aree – si legge nella relazione dei tecnici – si trovavano in condizione di collasso strutturale e altre in condizione di collasso strutturale incipiente, particolarmente evidenti nella zona a valle. Questi aspetti di instabilità, oltre a rappresentare un elemento di pericolosità, hanno reso inutilizzabili la rete piezometrica interna di monitoraggio del percolato, la rete inclinometrica e, almeno parzialmente, la rete sub-orizzontale di captazione del biogas e di drenaggio del percolato”.
“Le caratteristiche gestionali e strutturali rilevate – continua il rapporto – hanno pertanto determinato un rischio di aumento della produzione di percolato, soprattutto in corrispondenza di eventi di elevata piovosità, con conseguente fuoriuscita dello stesso sia per assenza di adeguati sistemi di raccolta sia per le condizioni strutturali, e un rischio di contaminazione potenziale del torrente nel quale confluiscono le acque meteoriche”.
Probabilmente è già troppo tardi. “I risultati delle analisi effettuate sulle acque prelevate da un pozzo-spia . concludono i tecnici – inducono comunque a ritenere che le stesse siano contaminate da percolato”.
MA INTANTO SI CONTINUA AD ABBANCARE E NON C’È PIÙ SPAZIO
Il caso di Mazzarrà dimostra come la storia non abbia insegnato niente alle istituzioni regionali e comunali. Ancora oggi si fanno i conti con un passato di devastazione del territorio e mentre si cerca di rimediarvi si continuano a commettere gli stessi errori.
L’ultimo ente, in ordine di tempo, a ripetere che nell’Isola mancano gli impianti è stato l’Ispra, l’Istituto di protezione dell’ambiente collegato al Ministero, parlando di “quadro molto carente o del tutto inadeguato”, in cui i rifiuti urbani “smaltiti in discarica rappresentano ancora il 58% del totale dei rifiuti prodotti”. Un sistema che però è ormai vicinissimo a crollare: le discariche per rifiuti non pericolosi censite in Sicilia dall’Ispra sono 11, con capacità residue che si vanno assottigliando: 985 mila tonnellate per Siculiana, 900 mila per Lentini (SR/CT), 858 mila tonnellate per Motta Sant’Anastasia.
Antonio Leo
Nell’Isola in discarica il 58% dei rifiuti, quanto il recupero energetico in Finlandia
ROMA – Il modello europeo passa certamente dalla Svizzera, dove lo smaltimento in discarica è pari allo zero per cento. Dall’altra parte della graduatoria c’è un Paese come la Serbia dove il dato risulta pari al 100%.
Le gestioni migliori sono certamente, assieme a quella elvetica, anche quelle di Svezia, Finlandia, Germania, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Austria e Norvegia dove lo smaltimento in discarica è ridotto al minimo (sotto il 3,2%) e si privilegia l’incenerimento con recupero energetico con percentuali che vanno dal 31% della Germania al 57% della Finlandia (praticamente la stessa percentuale della Sicilia, ma in questo caso per il conferimento in discarica). Nel triennio 2016-2018 le quantità avviate a recupero energetico per l’UE28 aumentano dell’8,6% (circa 5,4 milioni di tonnellate).
La situazione, secondo quanto riportato nei dati Eurostat, è comunque assai variegata: in 4 Paesi (Malta, Montenegro, Serbia, e Turchia) non vengono avviati rifiuti urbani a recupero energetico mentre in 13 Paesi si assiste ad un incremento delle quantità avviate a recupero energetico. Ad esempio, in Germania, le quantità, nel triennio 2016-2018, sono aumentate del 10,1% pari a circa 1,4 milioni di tonnellate. Analogo incremento del 10,1%, nel triennio, è riferibile al Regno Unito (pari a circa 1,1 milioni di tonnellate). Per l’Italia si è registrato, nel corso del triennio, un aumento del 44,2% pari a 1,7 milioni di tonnellate. A ridurre lievemente il quantitativo trattato, tra il 4 e il 6%, sono stati i Paesi Bassi (-229 mila tonnellate), la Danimarca (-100 mila tonnellate), la Norvegia(-107 mila tonnellate) e il Belgio (-82 mila tonnellate).
Rosario Battiato