Anche il lavoro dipendente può esser fatto in modi diversi. Dipende dalla capacità del soggetto di interpretarlo sempre in modo innovativo, immettendo voglia di fare e di fare bene. Non c’è contrasto fra lavoro dipendente e autonomo, semmai competizione basata sul merito e sulla capacità di svolgerli in modo più efficace possibile.
È proprio la meritocrazia il metodo assente nel settore pubblico, mentre è necessariamente presente in quello privato, anche se attenuato nelle grandi imprese, ove l’elefantiasi diminuisce molto la responsabilità dell’individuo.
A fare le spese di queste assunzioni dirette, sia negli enti che nelle partecipate, sono stati tutti gli altri cittadini non raccomandati che sono rimasti fuori.
Ora è tempo che tutti i precari, privilegiati perché raccomandati, tornino alle loro case e si rimetta in moto il sistema concorsuale per consentire a tutti un uguale punto di partenza. Poi, chi è più bravo vince e ha il diritto di andare ad occupare le caselle rimaste vuote dalla restituzione dei precari alle loro rispettive abitazioni.
Comprendiamo che questa ipotesi sia elettoralmente difficile perché i partiti hanno in comune una codardia che li porta a blandire gli elettori piuttosto che dire loro la verità. Nessuno può negare che la verità sia avere introdotto nella pubblica amministrazione una massa di cittadini che non ne aveva diritto.
È impensabile che le imprese vengano tartassate in questa maniera e sopravvivano, nel tempo sviluppandosi, quando i loro titolari devono rincorrere adempimenti, pagamenti di imposte e tasse diverse, autorizzazioni e concessioni che non arrivano perché il burocrate di turno aspetta la mazzetta.
I dipendenti pubblici non rischiano perchè qualunque cosa facciano male o non facciano, non vengono licenziati. Sono in un limbo dorato, protetti anche dalla recessione, che non ha tolto loro neanche un euro.
Del tutto opposto è lo scenario di chi esercita un lavoro autonomo non avendo nessuna garanzia, non essendo protetto da nulla e da nessuno e dovendo confidare unicamente nelle proprie forze, nelle proprie risorse mentali, nella capacità di produrre ricchezza. È vero che nel lavoro autonomo vi sono notevoli sacche di evasione, ma questo riguarda l’incapacità di chi esercita la vigilanza di andarle a scoprire per portare fieno in cascina.
Fino a qualche tempo fa tale capacità non c’è stata, anzi sembrava che tutto funzionasse alla perfezione, per la protezione politica di alcuni partiti che hanno coperto gli evasori. Ma ora tutto è cambiato.
Non c’è dubbio che nel lavoro autonomo il rischio è elevato. Proprio per questo, l’autonomo deve guadagnare di più, pur sapendo che l’attività è estremamente difficile.
Chi rischia deve guadagnare di più, pagando tutte le imposte e tasse che gravano sul reddito. In altri termini, non deve crearsi una rendita di posizione per non pagare le giuste tasse. Tutti debbono essere buoni contribuenti, ma dobbiamo esigere, in modo più stringente, servizi di qualità per tutti. Ora, non domani.