Discarica di Siculiana tra degrado, danni ambientali e inchieste - QdS

Discarica di Siculiana tra degrado, danni ambientali e inchieste

Discarica di Siculiana tra degrado, danni ambientali e inchieste

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sabato 30 Gennaio 2021

I danni ambientali, purtroppo e lo insegna la storia, non sono recuperabili anche perché le infiltrazioni nel sottosuolo e l’esalazione di gas disciolti nell’aria sicuramente non salubri non potranno mai essere eliminati

Una vicenda fatta degrado, di danni ambientali difficilmente recuperabili, di rifiuti e di un’inchiesta con ancora tanti punti da chiarire.

La storia recente della discarica di Siculiana è cambiata lo scorso 17 luglio quando il Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente – Nucleo operativo ecologico di Palermo, unitamente alla Guardia di Finanza, Nucleo di polizia economico finanziaria di Agrigento, hanno eseguito su disposizione della Procura della Repubblica di Agrigento, il sequestro preventivo dell’area occupata dalla discarica di rifiuti non pericolosi in c.da Materano di Siculiana e attualmente in gestione alla Catanzaro Costruzioni S.r.l., e dell’impianto in essa insistente, disposto con decreto dal Giudice per le indagini preliminari, Francesco Provenzano.

Tre gli indagati. Si tratta di Fabio e Lorenzo Catanzaro e del fratello, ex presidente di Sicindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro.

Il decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Agrigento recita che, a norma dell’art. 110, 256 co. 3 d.lgs 152/06, furono indagati “perché, in concorso tra loro, nella qualità di soci del Gruppo Catanzaro S.r.l., con amministratore unico Fabio Catanzaro, Gruppo che possiede interamente la Catanzaro costruzione srl con sede in Favara, di cui Lorenzo Catanzaro è amministratore unico, società titolare della discarica privata in c.da Matarano, destinata allo smaltimento di rifiuti non pericolosi, gestivano la stessa, in mancanza di idonee autorizzazioni amministrative o, comunque, in presenza di autorizzazioni amministrative illegittime”

Sempre nel medesimo decreto di sequestro preventivo, a norma dell’art. 100 c.p. e 137 co. 11, in relazione all’art. 103 d.lgs. 152/06, risultarono inoltre indagati “perché, in concorso tra loro, nella qualità di soci del gruppo Catanzaro S.r.l., con amministratore unico Fabio Catanzaro, Gruppo che possiede interamente la Catanzaro Costruzioni S.R.L. con sede in Favara, di cui Lorenzo Catanzaro è altresì amministratore unico, società titolare della discarica privata sita in contrada Matarano, e in quanto tali titolari di autorizzazione integrata ambientale D.D.R. che autorizza alla realizzazione di un impianto per la gestione delle acque di prima pioggia con relativo scarico idrico, eseguivano di fatto uno scarico non autorizzato sul suolo, non essendovi nell’intera area occupata dalla discarica corpi idrici recettori utilizzati per gli scarichi”.

Il provvedimento chiuse una prima fase
d’indagini, svolte sin dall’anno 2018 dai Carabinieri del Nucleo operativo
ecologico di Palermo, dirette dal Procuratore della Repubblica di Agrigento,
dott. Luigi Patronaggio e dal Sostituto Procuratore, dott.ssa Alessandra Russo,
circa le irregolarità tecnico-amministrative dell’impianto e le conseguenti
ricadute delle stesse sul territorio, in termini di contaminazione del suolo e
delle acque e di pregiudizio per l’ambiente e per la salute pubblica.

Probabilmente il contesto su cui la Procura di Agrigento ha lavorato relativamente alla “Catanzaro s.r.l.” ha messo in evidenza un contesto politico-clientelare.

È inevitabile che, a monte di questa inchiesta, ci siano state le varie autorizzazioni e concessioni a suo tempo date dalla Regione Siciliana alla società.

Proprio aggrappandosi alla costante emergenza dei rifiuti, possono essere state rilasciate una serie di concessioni e autorizzazioni, come l’ingrandimento di vasche con la realizzazione di una seconda vasca che, di per sé, è una nuova discarica.

È evidente che la Procura di Agrigento le abbia ritenute illegittime. Non solo. Sulla base del decreto di sequestro, inoltre, risulta altresì illegittima la stessa area utilizzata per la costruzione della seconda vasca e l’acquisizione dell’area stessa proprio perché, sulla base dei titoli di proprietà, risulta esserci una sorta di esproprio di fatto.

L’indagine, nata dalla raccolta e dall’ascolto delle diverse segnalazioni provenienti da privati, Enti e Istituzioni, pubbliche e private, ha visto, nell’anno 2019, l’esecuzione di una complessa attività di acquisizione documentale.

L’analisi si è svolta parallelamente al conferimento di un incarico di consulenza tecnica collegiale finalizzata al vaglio dello stato, materiale e giuridico dell’impianto, della conformità degli impianti e delle relative autorizzazioni e concessioni, alla normativa tecnica in materia e degli effetti che si fossero eventualmente determinati o che potessero determinarsi sull’ambiente.

La relazione tecnica che ne è emersa – ha ricostruito la Procura di Agrigento – ha consegnato un quadro preoccupante sotto i profili, tanto della regolarità amministrativa degli impianti, della loro effettiva conformità alla normativa tecnica che ne regola la gestione, quanto sotto il profilo dell’impatto di detta operatività sul territorio in cui la discarica insiste, con limiti di contaminazione regolarmente superati, con emissioni laterali di biogas provenienti dalle vasche post–operative, con l’emersione d’indici di “potenziale contaminazione” delle acque sotterranee, senza l’attivazione delle dovute procedure di rientro.

Con il supporto dello studio Boeri di Genova, uno dei più titolati in Italia, la procura di Agrigento ha verificato la presenza di una serie di reati ambientali che sono risultati ben dissimulati e ben coperti. Fonti della procura ci indicano in questo la richiesta e il relativo ottenimento del sequestro della discarica da parte del Gip di Agrigento.

La discarica, che si occupa di un servizio di pubblica utilità, su indicazione del gip Provenzano, è stata consegnata a due amministratori giudiziari con l’incarico della gestione dell’impianto di discarica in sequestro “nei limiti di tale utilità, con riferimento alle commesse provenienti da enti pubblici o, comunque, aventi carattere pubblicistico, purché nel rispetto della normativa ambientale e al fine di regolarizzare l’attività”.

Nel mese di settembre, sempre dello scorso anno, il tribunale del riesame di Agrigento, presieduto da Wilma Angela Mazzara, ha disposto il dissequestro e la restituzione ai gestori della discarica di Siculiana a cui, lo scorso 15 luglio, nell’ambito dell’inchiesta che ipotizza una serie di irregolarità ambientali, erano stati apposti i sigilli.

collegio di difesa della Società, sulla base di una corposa documentazione presentata e non confutata dal Gip, ha ottenuto il dissequestro dal tribunale proprio perché il Gip non ha tenuto conto di quanto presentato dalla difesa della Società e mettendo in essere, quindi, un vizio di forma.

I giudici, al termine dell’’udienza, hanno quindi accolto la richiesta degli avvocati Roberto Mangano, Vincenzo Maria Giacona, Riccardo Rotigliano, Antonella Paternò e Fabio Anile chiedendo l’annullamento dell’ordinanza che era stata firmata dal gip Francesco Provenzano su richiesta del pm Alessandra Russo. 

I giudici hanno quindi accolto la richiesta di riesame disponendo l’annullamento del sequestro preventivo e ordinando la restituzione della ”intera area occupata dalla discarica di rifiuti non pericolosi sita in contrada Materano attualmente in gestione alla Catanzaro Costruzioni s.r.l, nonché dell’intero impianto di discarica in essa insistente”.

Il sequestro fu annullato, con restituzione dell’intera area di contrada Materano agli aventi diritto, per carenza motivazionale. “E’ fuori dubbio che il giudice per le indagini preliminare – si legge nel provvedimento – aveva l’obbligo di apprezzare la documentazione prodotta dalla difesa nella disamina dei diversi profili d’illegittimità al fine di verificare la tenuta dell’impianto accusatorio.”

Tutto risolto? Discarica dissequestrata e non se ne parla più? Sembra proprio di no perché nei primi giorni del mese di novembre la procura della Repubblica di Agrigento, coordinata da Luigi Patronaggio, ha proposto ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del tribunale del Riesame con la quale è stato annullato il decreto di sequestro del gip di Agrigento che aveva apposto i sigilli ad uno dei principali siti siciliani per il conferimento dei rifiuti: la discarica sub comprensoriale di contrada Matarano a Siculiana, impianto di proprietà del gruppo Catanzaro srl.

Che la Corte di Cassazione, sulla base del ricorso, disponga nuovamente il sequestro, è improbabile ma che invece si superi il vizio formale riscontrato è possibile.

Quale futuro, quindi per la discarica di Siculiana? La partita si può riaprire anche perché non c’è un giudice che abbia dichiarato che la discarica sia a norma. In assenza della legittimità formale della discarica è necessario attendere il giudizio della Cassazione.

Una volta superato il vizio formale non si può escludere che, grazie a nuove acquisizioni e a nuovi accertamenti, si superino anche le osservazioni presentate. Sarà però necessario confutare quanto presentato dalla difesa e superarlo proprio grazie ai nuovi elementi su cui la Procura sta lavorando.

È però più che mai evidente che era
stato messo in piedi dalla Procura, a seguito del sequestro, una macchina per
l’amministrazione della discarica, che non si può fermare per evidenti motivi,
che funzionava e che prevedeva la bonifica della discarica al fine di poterla
usare nel modo più sicuro possibile per la tutela dell’ambiente e, soprattutto,
nel rispetto della normativa. Obiettivo, quindi, è stato quello di garantire la
possibilità di continuare a utilizzare la discarica. Ma, come sempre, c’è un
però. E questo però si chiama denaro.

Il costo necessario per adeguare la discarica,
evidentemente, è molto alto sia dal punto di vista degli investimenti sia dal
punto di vista del mancato guadagno dovuto ai minori incassi ma necessario per
la salute pubblica. I danni ambientali, purtroppo e lo insegna la storia, non
sono recuperabili anche perché le infiltrazioni nel sottosuolo e l’esalazione
di gas disciolti nell’aria sicuramente non salubri non potranno mai essere
eliminati. Le indagini, anche notturne, eseguite con termo scanner hanno
rivelato il rilascio di questi gas e le analisi del terreno hanno evidenziato
le infiltrazioni.

La discarica porta, sicuramente, denaro e occupazione ma forse è giusto ripensare all’impatto sull’ambiente. Inoltre, a prescindere dal lato ambientale, tra una discarica che è gestita in maniera discutibile e una che è gestita nel rispetto della legge, non possiamo avere dubbi. Meglio la seconda ipotesi, ossia nel rispetto della legge.

Roberto Greco

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