Il loro apparato produttivo è avanzato, l’agricoltura conta diffuse eccellenze, l’artigianato è associato, le piccole e medie imprese sono moltissime ed in parte riunite in cooperative. I servizi tecnologici sono elevati e così il tasso di ricerca. L’opposto si trova nelle citate regioni meridionali. Il Mezzogiorno è territorio suscettibile di molta crescita in questo periodo di crisi e può trainarsi tutto il Paese perché, quando le popolazioni del Sud stanno meglio, spendono e investono di più, sostenendo in tal modo non solo il proprio apparato produttivo, ma anche quello del Nord.
Occorre che esse diventino virtuose. Qual è la chiave operativa? La prima è mettere i conti in ordine tagliando la spesa pubblica improduttiva, le assunzioni clientelari, la cultura del favore e inserendo i valori di merito e responsabilità.
Le regioni meridionali si devono preoccupare di trovare all’interno dei propri bilanci le risorse necessarie per fare investimenti in infrastrutture e sostenere le imprese, in modo da creare lavoro (non posti di lavoro).
Le Regioni create con la legge n. 108/68 e 281/70 dovevano costituire un potenziamento dei territori perché più vicine ad essi. Si è verificato il contrario: sono diventate centri di spesa e non di sviluppo. Affamati politicanti hanno succhiato il sangue alle popolazioni meridionali mantenendole in uno stato di sottosviluppo, per alimentare il becero scambio tra voto e bisogno. Persone squallide che hanno continuato a cercare il consenso in talmodo per incrementare i propri affari privati infischiandosene dell’interesse generale.
La crisi del 2008 ha evidenziato, più che provocato, queste anomalie economiche e sociali. È bene che si sia verificato, diversamente esse sarebbero rimaste nascoste dalla coperta dell’ipocrisia e della falsità diffusa di un ceto politico corrotto e incapace.
Tagliare la spesa improduttiva e riorganizzare la macchina burocratica delle regioni meridionali non significa per nulla fare macelleria sociale, anzi il contrario. Infatti, è noto che quando migliora l’efficienza, quando si emarginano i favoritismi, quando si mettono i dirigenti ad alta professionalità nei posti di comando, quando si risparmia fino all’ultimo euro comprando al meglio beni e servizi, i cittadini ne hanno benefici sensibili che constatano concretamente.
Anziché baloccarsi con inutili parole e con un’inazione deleteria che non produce alcun risultato, i dirigenti pubblici delle regioni meridionali dovrebbero copiare modelli organizzativi che funzionano molto bene e riprodurli con gli opportuni adattamenti ai propri dipartimenti. Non vediamo per la verità tanti dirigenti disposti ad impegnarsi a fondo per fare funzionare i settori loro affidati, non solo non hanno voglia di riorganizzare e far funzionare i servizi. Non sono neanche capaci di copiare i modelli esistenti.
Comprendiamo che ogni dirigente tiene famiglia e ha difficoltà ad opporsi alle raccomandazioni e ai favoritismi chiesti dai politicanti da strapazzo, però, come accade in Francia, la burocrazia dovrebbe avere una propria dignità e non essere disposta a fare qualunque cosa, come le prostitute, ma ad adempiere il proprio dovere che è il servizio dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. I burocrati non sono una categoria e quindi non si deve sparare nel gruppo. Fra essi ve ne sono tantissimi capaci, probi e onesti. Occorre che levino la voce contro i loro colleghi incapaci e disonesti. Ogni insieme di persone deve generare gli anticorpi, oppure è perduto.