Eppure il brand Sicilia è amato in tutto il mondo e lo testimoniano le carovane di giapponesi, cinesi, russi, nordeuropei e americani che vengono da noi. Ma per insipienza e incapacità delle strutture pubbliche, non pernottano affatto o non pernottano a lungo.
Questo quadro desolante indica precise responsabilità del ceto politico e di quello burocratico, che si sono sempre preoccupati di curare i propri affari, infischiandosene altamente degli interessi dei siciliani.
Ora, Rosario Crocetta ha davanti a sé una missione impossibile: mettere in ordine i conti del bilancio 2013 e, contestualmente, liberare le risorse per co-finanziare i fondi Ue, aprire i cantieri delle opere pubbliche indispensabili ed attirare investimenti.
Crocetta deve anche fare uno sforzo organizzativo per tentare di internazionalizzare le imprese siciliane, l’abbiamo ripetuto più volte e continueremo a ripeterlo.
La Sicilia, per la sua posizione baricentrica nel Mediterraneo, deve costituire il ponte fra l’Europa e l’Africa che comincia a funzionare: Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. In quei Paesi si potrebbero insediare centinaia di imprese siciliane, come hanno fatto quelle nazionali, le quali potrebbero costituire i terminali di imprese internazionali e nazionali.
Il progetto che delineiamo è ambizioso e di difficile realizzazione, ma non c’è alternativa se vogliamo portare la Sicilia a diventare una regione europea veramente competitiva con le altre.
E poi bisogna smetterla di stare con la mano avanti per chiedere l’elemosina. Dobbiamo avere l’orgoglio e la consapevolezza che da soli ce la possiamo fare, agendo a pieno titolo nell’ambito nazionale ed europeo, senza chiedere regali a chicchessia. Se siamo bravi, siamo competitivi.
Le prossime elezioni del 24 febbraio saranno forse inutili a cambiare lo scenario, perché nessuna forza in campo raggiungerà la maggioranza al Senato. In Sicilia la situazione è drammatica, certificata da quella enorme percentuale del 52,4 di siciliani che non ha votato alle ultime Regionali.
L’esasperazione degli elettori è ai massimi livelli, perché non avverte il cambiamento nel comportamento della classe dirigente, politica e burocratica, né della borghesia che una volta si denominava illuminata.
Sì, ci vuole la rivoluzione, dice Crocetta. Ma in questi primi tre mesi non si è avvertito nessun accenno alla rivoluzione. Non è facendo cessare 21 giornalisti capi redattore alla Presidenza della Regione che cambiano le cose, anche se si tratta di un segnale.
Occorre formare dei gruppi di lavoro con i migliori dirigenti dell’ente, che ci sono, aventi per obiettivo l’attrazione degli investimenti, nazionali ed internazionali, lo sblocco dei fondi Ue, l’internazionalizzazione delle aziende: scusateci la ripetizione, ma saremo persino ossessivi.
Occorre, inoltre, ristrutturare profondamente l’amministrazione regionale, ribaltando la mentalità dei dirigenti, i quali devono essere pronti a dire sì, piuttosto che no, come fanno ora. Sì, lecitamente, a tutte le richieste che provengono da imprese, professionisti ed enti locali, da evadere con canali digitali e non più con i polverosi fascicoli che creano tante fermate, alimentando la corruzione.
Evasione e corruzione sono le due cancrene che vanno sdradicate al più presto con mezzi idonei. Avanti, Crocetta.