Si teme l’ipotesi del concordato preventivo, definito dai sindacati come “l’anticamera del fallimento”. In stand-by le trattative (che sembravano concluse) per il salvataggio dell’azienda
CATANIA – “Una bomba sociale pronta a esplodere”. Con queste parole il sindaco, Raffaele Stancanelli, ha sottolineato la gravità della situazione in cui versano i dipendenti Aligrup. Sono stanchi, arrabbiati, dopo mesi di dichiarazioni fiduciose a mezzo stampa dai soggetti coinvolti nelle trattative. Eppure ancora non c’è niente di sicuro, anzi negli ultimi giorni la situazione sembra essere degenerata. Per tutta l’estate, e fino al 2 novembre scorso, quando il Tribunale di Catania gli ha revocato l’incarico, la regia delle operazioni è stata condotta da Massimo Consoli, amministratore e custode giudiziario per una quota del 13,5% delle azioni di Aligrup Spa. Dopo il fallimento delle trattative con le Coop, la destituzione di Consoli per i lavoratori è stata un’ulteriore riprova di come la vicenda si stia incanalando verso un binario morto. Non solo, ma a esasperare gli animi si è aggiunto, lunedì scorso, il rinvio di una settimana della sentenza con la quale dovrebbe essere approvato il piano di ristrutturazione del debito. Il condizionale è d’obbligo, dato che a questo punto l’esito del giudizio non è affatto certo e pesa come un macigno l’ipotesi del concordato preventivo, definita da un sindacato “l’anticamera del fallimento”.
Non sembra dello stesso avviso uno dei tre commissari liquidatori di Aligrup, Maurizio Verona, che di fatto ha palesato alla stampa un definitivo cambio di strategia. Si abbandona l’iter scelto all’inizio, cioè la procedura 182 bis (la ristrutturazione dei debiti da parte dell’azienda con i creditori e la successiva omologazione da parte del Tribunale) per passare proprio alla procedura concordataria. Sempre secondo Verona la Corte d’Appello sezione penale avrebbe autorizzato il nuovo custode, Nicola Lo Iacono, a partecipare all’assemblea di Aligrup e a esprimere voto favorevole alla presentazione del concordato in bianco. La nuova procedura concorsuale permetterebbe al Tribunale fallimentare di entrare nel vivo delle trattative, offrendo così maggiori garanzie sia ai creditori che agli acquirenti.
Intanto, dei 46 punti vendita oggetto della trattativa (ma alcuni giornali ne riportano 52, il che è indicativo del clima generale di confusione), pare che soltanto su 32 si sia raggiunto un accordo. In realtà al momento le uniche operazioni note riguardano 20 punti vendita. L’acquisizione più rilevante è portata avanti dal Gruppo Abate, il quale avrebbe “opzionato” 8 esercizi. A ruota seguono Arena con 5, Conad con 4 e il Gruppo Aligros-Pam con 3. Tutte trattative che però potrebbero saltare da un momento all’altro, un po’ come è successo con le Coop. Non si tratta di pessimismo, ma di cautela nei confronti di una vicenda che a settembre veniva data praticamente per risolta.
I lavoratori esasperati, con solo il 25% dello stipendio e una paga settimanale al di sotto dei 100 euro, tra forme di protesta clamorose e scioperi della fame, chiedono una sola cosa: chiarezza. Al Tribunale, al sindaco, al presidente della Regione e anche al nuovo assessore regionale alla Cultura, Franco Battiato. Sembra che le lancette corrano veloci soltanto per loro.
Altre strade. Una questione sempre più ingarbugliata
CATANIA – Non sembra, al momento, trovare consensi l’ipotesi ventilata durante un recente incontro tra i dipendenti Aligrup. Un lavoratore ha infatti proposto l’applicazione della Legge “Prodi bis” per evitare la vendita cosiddetta spezzatino dell’azienda, in passato adottata da altri gruppi come la Parmalat. Si tratta di una procedura concorsuale applicabile a imprese dotate di almeno 200 dipendenti e afflitte da un rilevante indebitamento. Mira non a liquidare l’azienda, ma a recuperarne l’equilibrio economico. “La legge prevede – scrivono i dipendenti Aligrup in un comunicato diffuso alla stampa – che un amministratore straordinario, nominato direttamente dal ministero dell’Industria, vada a ricoprire il ruolo al posto dei soci o della proprietà, per garantire la ripartenza dell’azienda e dei punti vendita con un’istanza richiesta dai creditori, congelando i debiti per due anni. In questo caso potrebbero entrare in gioco le istituzioni dando una mano con ulteriori sgravi fiscali”.