Vaccini, investimenti e detassazione per fermare la caduta dell’Isola - QdS

Vaccini, investimenti e detassazione per fermare la caduta dell’Isola

Vaccini, investimenti e detassazione per fermare la caduta dell’Isola

sabato 20 Marzo 2021

Parola alle associazioni di categoria e ai professionisti che devono fare i conti con perdite fino al 60%. E che chiedono ai Governi nazionale e regionale provvedimenti concreti

Un bilancio in rosso, come l’Italia delle ultime settimane, quello di professionisti e imprese siciliane nell’anno che si è appena concluso e nei primi mesi di questo 2021, i quali faticano a rialzarsi e a recuperare le perdite economiche di una pandemia che sembra essere ancora lontana dalla fine. Giustizia, edilizia, turismo e credito sono solo alcune delle tante categorie duramente danneggiate dal blocco delle attività imposto dai Dpcm che si sono susseguiti nel corso degli ultimi 12 mesi. In questo quarto appuntamento il QdS ha voluto dar voce, ancora una volta, al tessuto imprenditoriale isolano che, nonostante l’inaspettata bomba Covid da cui è stato travolto, è ricco di idee e di iniziative concrete da mettere in atto per la ricostruzione, a dimostrazione di una volontà di ripartire, magari senza continui start e stop.

I ristori e gli aiuti delle casse previdenziali non sono di certo stati sufficienti a colmare le perdite di guadagni di un anno intero. Senza dimenticare che la tassazione, che per molti professionisti taglia fino al 60% dei redditi dichiarati, è rimasta invariata, sebbene i termini di pagamento siano stati procrastinati di qualche mese. Come di consueto, a pagare il prezzo più alto sono le piccole e medie imprese, molte delle quali già appesantite da una profonda crisi che attraversa la nostra Isola da diversi anni e che, per rimanere a galla, ricorrono a finanziamenti pubblici e privati per far fronte alle spese fisse, come affitto, mutui e personale, giusto per citarne qualcuna.

Anche le attività definite “essenziali”, ovvero quelle che hanno continuato il proprio lavoro in piena emergenza, hanno vissuto momenti di inerzia dovuti al fatto che i cittadini, tra la paura per il contagio e il timore di dover affrontare un futuro che si è colorato di incertezza, sono stati restii a rivolgersi ai professionisti per investire i propri risparmi. Si è scatenato un meccanismo a catena per il quale – sotto la guida di un Governo nazionale più propenso all’azione nell’hic et nunc piuttosto che all’ascolto delle reali difficoltà dei cittadini – gli studi professionali, le aule di Tribunale e gli alberghi, così come tantissime altre attività del pubblico e del privato, sono rimaste praticamente deserte per moltissimi mesi.

Le categorie professionali hanno cercato nella coesione interna e nei propri rappresentanti locali e regionali un’ancora di salvezza per interloquire con l’amministrazione centrale e avanzare, non soltanto richieste d’aiuto, ma anche valide proposte per una ripartenza in sicurezza. La formula per la ricostruzione di un’economia siciliana a brandelli non è forse poi così segreta: agevolazioni fiscali, digitalizzazione dei servizi pubblici, aggiornamento delle normative e (perchè no?) riscatto dell’autonomia che ci appartiene in quanto regione a Statuto speciale.

Alessandro Rossi, coordinatore regionale Aiga Sicilia

“Piccoli e giovani avvocati in difficoltà, è l’ora di ammodernare il nostro sistema”

alessandro rossiAlessandro Rossi, coordinatore per la Sicilia dell’Associazione italiana giovani avvocati, denuncia il clima di incertezza nella gestione durante il primo lockdown e sottolinea la necessità di “svecchiare” le procedure giudiziarie.

Quali sono state le difficoltà per il vostro settore?
“Sin dall’inizio della pandemia, abbiamo incontrato notevoli difficoltà nella gestione dei processi, con un conseguente disservizio per i nostri assistiti e per tutti i cittadini che hanno necessità di giustizia. Dal punto di vista economico, inoltre, abbiamo vissuto momenti di enorme criticità poiché, sebbene gli studi più strutturati siano riusciti (non senza difficoltà) a tamponare la perdita di guadagni e la gestione delle spese, i più piccoli avvocati (e tra questi tanti giovani) non ce l’hanno fatta, e non riescono tutt’ora, a sopperire alle perdite subite nell’arco di circa un anno. La nostra cassa previdenziale (Cassa forense) ci ha fornito, come gli altri enti previdenziali, qualche supporto ma tutto ciò non è stato sufficiente, soprattutto se si considera che i costi quotidiani per la gestione di uffici e attività sono rimasti invariati. Se da un lato oggi siamo riusciti a ripartire, dall’altro tutti processi sono stati riprogrammati e rinviati, alcuni fino al 2022, causando anche malcontento tra i nostri clienti”.

Governo nazionale e regionale come hanno gestito l’emergenza?
“All’inizio è certamente mancata un’organizzazione centrale fino al decreto ministeriale che sospendeva le attività giurisdizionali, salvo che per alcune inderogabili attività. In quella fase e subito dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto ogni Tribunale ha attuato misure autonome. Abbiamo assistito ad un proliferare di protocolli e norme di accesso ai palazzi della giustizia diversi tra loro sul territorio nazionale anche e soprattutto per la gestione delle udienze. La sensazione più evidente è che si sia rincorsa l’emergenza piuttosto che anticiparla. Basti pensare all’innovazione del Portale del Processo penale telematico per il deposito degli atti, recentemente istituito, che potrebbe essere uno strumento molto utile ma non ancora fruibile perché presenta notevoli criticità. Vi è stato un proficuo impegno degli ordini, soprattutto siciliani, che sono venuti incontro alle istanze dei colleghi ma, come è noto, il Tribunale è una macchina amministrativa complessa e non sempre le nostre esigenze sono state ascoltate”.

Cosa si può e si deve fare per ridare slancio alla vostra attività professionale?
“Sicuramente la strada di ammodernamento dei nostri sistemi è quella più opportuna da percorrere in questo momento.Abbiamo capito, sebbene in un momento di difficoltà, che tante attività possono essere gestite in modo più snello rispetto al passato. È necessario, però, che queste evoluzioni vengano inserite in maniera organica con il nostro ordinamento e non siano considerate semplici implementazioni del nostro impianto che, di suo, è uno dei più completi ma anche più complessi. Il tutto deve essere indubbiamente accompagnato dalla formazione tanto del personale giudiziario quanto di noi avvocati, seguendo un doppio binario transitorio che permetta a entrambi di adeguarsi ai nuovi strumenti. Sarebbe sicuramente un ottimo investimento anche per il futuro perché abbiamo compreso che, in un eventuale momento di difficoltà, non è necessario bloccare tutto ma si può almeno parzialmente proseguire con l’attività giudiziaria, con indubbi vantaggi per la nostra professione ma, soprattutto, per i cittadini. In questo l’Aiga si è sempre fatta promotrice sia con l’attività di formazione continua dei colleghi sia con l’apporto fattivo di idee e proposte alle istituzioni”.

Nico Torrisi

A fare il punto è il presidente di Federalberghi Sicilia, Nico Torrisi

“Il posto letto è un bene deperibile e non si recupera, per gli alberghi perdite di fatturato fino all’80%”

Sulla crisi delle strutture ricettive nell’Isola interviene il presidente di Federalberghi Sicilia, Nico Torrisi, che è anche amministratore delegato della Sac, la società di gestione dell’aeroporto di Catania.

A conti fatti, qual è stato il ritorno di un anno di emergenza sanitaria sulle imprese del settore?
“Ovviamente l’impatto della pandemia da Covid-19, sul turismo, è stato devastante e ha portato alla più grave crisi nella storia del comparto turistico e dei viaggi, intesi nel senso moderno del termine. Di fatto, da un anno – a parte una ripresa durante i mesi di luglio e agosto 2020, durante i quali la Sicilia ha mostrato di sapere mantenere comunque il suo appeal turistico – gli alberghi non ospitano alcun cliente, moltissimi hanno chiuso in attesa di un miglioramento della situazione pandemica e, purtroppo, altrettanti hanno proprio chiuso per sempre. Anche le aziende più solide e strutturate faticano ad andare avanti e rischiano di cadere vittime di intermediari senza scrupoli, che offrono di acquistare gli alberghi con un ribasso del valore che arriva anche al 40%”.

Il supporto ai professionisti ricevuto dai governi nazionale e regionale,è stato sufficiente? Gli aiuti e gli interventi messi in atto sono stati soddisfacenti?
“Diciamo che durante il 2020 non c’è stato alcun intervento di vero sostegno: le uniche misure utili sono state l’esenzione dal pagamento dell’Imu e l’azzeramento dei canoni demaniali. Il problema vero è che il posto letto è un ‘bene deperibile’, se non viene venduto non può più essere recuperato, e questo ovviamente si riflette sul fatturato di tutto il settore alberghiero, che ha subito perdite tra il 70 e l’80%. Abbiamo lavorato solo due mesi su 12, quindi è ovvio che non può bastare un ‘bonus vacanze’, tra l’altro erogato solo a determinate categorie a sostenere un comparto turistico che in una regione come la Sicilia è sempre stato trainante”.

Tutela della categoria che rappresentate: quali sono le vostre proposte per la fase della “ricostruzione”?
“Le strade sono fondamentalmente quelle legate all’accelerazione della campagna vaccinale di massa e all’istituzione di passaporti sanitari e corridoi turistici Covid-free. Occorre fare squadra e ‘copiare’ da Paesi che sono più avanti di noi, favorendo il turismo verso luoghi dove l’incidenza della pandemia è minore (come appunto la Sicilia e le sue isole). Penso quindi a campagne mirate, ad accordi con le compagnie aeree per istituire voli con tamponi preventivi, a ‘pass’ per le categorie di vaccinati e a pacchetti turistici ad hoc, con strutture che offrano controlli, tamponi e pertanto vacanze serene. Inoltre, dai governi mi aspetto una politica di deciso sostegno economico e sociale: senza interventi decisi si rischia un’ecatombe di strutture alberghiere”.

felice coppolino

Felice Coppolino, il presidente regionale di Unicoop Sicilia

Per il settore cooperative abbiamo sentito Felice Coppolino, presidente regionale dell’associazione siciliana, che promuove gli interessi del comparto e coordina il dialogo con le amministrazioni locali e nazionali.

Quali le conseguenze della pandemia sul settore che rappresenta?
“Va innanzitutto sottolineato che, purtroppo, nessun settore produttivo o comparto professionale è rimasto indenne a quanto sta accadendo. Le attività hanno subito perdite ingenti e quelle che stanno resistendo ci riescono solo grazie alle proprie forze, affidandosi a risparmi che sono il risultato di anni ed anni di sacrifici e duro lavoro. L’attuale situazione emergenziale è stata un fenomeno del tutto inaspettato e imprevedibile, ma è solo l’ultimo tassello del puzzle di una crisi economica strutturale che le aziende vivono già da oltre cinque anni. Commercianti, ristoratori così come gli addetti al turismo portano sulle spalle il fardello di anni molto complicati, antecedenti alla pandemia e tutto ciò è aggravato dalla atavica difficoltà delle imprese siciliane ad avere un adeguato accesso al credito, infrastrutture e servizi strutturali moderni”.

Governo nazionale e regionale sono stati efficienti nel fornire supporto alle imprese?
“Ritengo che, ad oggi, non sia giunto dal Governo nazionale e da quello regionale un segnale concreto e chiaro per consentire alle nostre imprese di ripartire. Oltre agli aiuti economici mancano le linee giuda che un saggio amministratore pubblico dovrebbe tracciare per aiutare imprese e i cittadini a uscire da questo tunnel. Assistiamo a ‘teatrini dell’improvvisazione’ come avviene, ad esempio in ambito turistico, settore portante e fondamentale per l’economia, soprattitto della nostra regione. In questo periodo ‘si viaggia a vista e nelle nebbie più fitte’. Lo stesso il settore della ristorazione e del food, travolti dalle conseguenze della ‘politica dei colori’. Sotto i nostri occhi assistiamo a una politica che sembra interloquire con sé stessa: un serio confronto tra governo nazionale e regionale non esiste e, malgrado la nostra autonomia ‘dimenticata’, prevale l’interesse delle regioni del nord sulle reali condizioni e interessi della nostra Sicilia. Occorre oggi uno scatto di orgoglio autonomista preservando il sistema produttivo siciliano. L’applicazione delle prerogative della nostra autonomia permetterebbe di far riaprirela nostra regione al turismo ed al commercio come la Sardegna e l’Irlanda: maggiore controllo agli ingressi, vaccinazioni e tamponi a tutti coloro che entrano nella nostra regione”.

Quali sono le vostre iniziative per il futuro? Come immaginate la ricostruzione?
“Come UniCoop Sicilia stiamo già lavorando a diversi progetti per una concreta ripartenza. In primis la costituzione di un consorzio di facility management, riunendo risorse delle cooperative che si occupano di manutenzione, pulizia, lavori stradali,edilizia pubblica, etc. a dimostrazione della voglia di dare slancio all’economia isolana grazie a numerosi progetti imprenditoriali. Entro la fine del mese di aprile, inoltre, costituiremo una società consortile turistica che racchiuderà importanti realtà imprenditoriali siciliane. Il terzo fronte del nostro impegno imprenditoriale, è rivolto alla creazione di un consorzio in ambito socio-sanitario in quanto questa pandemia ha messo in luce le carenze tecniche in ambito sanitario nell’isola: basti pensare alla totale assenza di imprese in grado di produrre dispositivi di protezione individuale. Il nostro obiettivo è di rendere la nostra Isola autonoma e, allo stesso tempo, un punto di riferimento positivo”.

comitato regionale notarile, renato caruso

Renato Caruso, presidente Comitato regionale notarile Sicilia

“Cittadini impauriti non investono i risparmi, settore immobiliare gravato da troppe tasse”

Renato Caruso, presidente del Comitato regionale notarile, ci racconta di un mercato immobiliare immobile e gravato da un’eccessiva tassazione, che andrebbe rivista alla luce delle recenti difficoltà economiche e lavorative dei cittadini.

La vostra categoria professionale è stata colpita dalla pandemia?
“Sebbene durante il primo lockdown, ovvero nei mesi di marzo e aprile, la nostra categoria ha continuato ad esercitare la professione poiché rivestiamo il ruolo di Pubblici ufficiali, abbiamo vissuto un periodo di grande inattività. Solo nel terzo e nel quarto trimestre vi sia stato un parziale recupero ma, nonostante ciò, l’anno si è chiuso in negativo e le entrate non sono state tali da recuperare quanto perso in precedenza. Come professionisti a contatto con il pubblico, abbiamo percepito una generale sensazione di paura nei nostri clienti che, sebbene in possesso di risparmi, non sono propensi a spendere e ad investire nel mercato immobiliare in quanto nutrono una certa diffidenza nei confronti del futuro che si è colorato di incertezza”.

Il Governo, sia locale che nazionale, è stato per voi di supporto?
“In considerazione del fatto che abbiamo continuato ad esercitare, a differenza delle attività costrette a chiudere battenti, non abbiamo ricevuto alcun tipo di ristoro né tantomeno delle agevolazioni. Nonostante consistenti perdite di entrate, la tassazione a nostro carico, (Irpef, Irap,ecc.) è rimasta del tutto invariata. L’unica misura prevista è stata il rinvio delle scadenze di versamento dei contributi previdenziali e delle tasse, sebbene solo di qualche mese. Procrastinarle, però, si è dimostrato un palliativo in quanto va considerato che gli importi dovuti sono sempre proporzionati ai redditi dell’anno precedente nel quale, per ovvi motivi, i nostri guadagni erano di gran lunga distanti da quelli di oggi. è comprensibile che questo ha rappresentato una grande difficoltà per i notai e tutti i professionisti se si considera che, a conti fatti, il 60% dei nostri guadagni viene devoluto alla tassazione. Sarebbe stato più opportuno, invece, mettere in atto un circolo virtuoso per agevolare i professionisti con una rateizzazione delle cifre richieste, una riduzione con una percentuale a carico dello Stato o, ancora, una revisione degli importi fiscali che pagano gli enti previdenziali i quali, a loro volta, avrebbero potuto agevolare i propri iscritti”.

È possibile immaginare una ripartenza?
“Una delle più grandi preoccupazioni che coinvolge l’intero settore immobiliare, e quindi anche il nostro, è sicuramente la paventata revisione delle rendite catastali che comporterebbe un incremento della tassazione sugli atti di compravendita nonchè dell’Imu, a svantaggio di un mercato fortemente gravato dalle tasse. Si dovrebbe, invece, iniziare a considerare questo settore come un vero e proprio volano dell’economia che mette in circolo ingenti quantità di denaro e produce guadagni non solo per i notai ma anche per geometri, ingegneri, operai del settore e, nondimeno, per lo stesso Stato. In un momento di così grande difficoltà economica per la popolazione ma in cui, di contro, i prezzi degli immobili sono diminuiti e i tassi dei mutui sono più che mai ragionevoli, il mercato immobiliare andrebbe incentivato e supportato tramite agevolazioni fiscali per i futuri acquirenti, favorendo non solo le prime case ma anche le seconde case e i locali commerciali, magari applicando anche a quest’ultimi la cedolare secca, studiando l’introduzione di misure di ampio respiro anche utilizzando le risorse del Recovery Plan”.

Presidente Ance Palermo Massimiliano Miconi

La parola a Massimiliano Miconi, presidente Ance Palermo

Tramite la voce del presidente Massimiliano Miconi, Ance Palermo scatta la fotografia del comparto dell’edilizia pubblica e privata, che deve fare i conti con una crisi economica che trova nella pandemia solo l’ultimo di tanti capitoli.

In che modo l’edilizia ha risentito del colpo inferto dall’emergenza sanitaria?
“Durante il primo lockdown nel settore edile pubblico e privato, non solo a Palermo ma anche in tutta la provincia, si è verificata una situazione di confusione accompagnata dal blocco totale delle nostre attività professionali e, nella fattispecie, della gestione dei cantieri in corso. Sin da subito ci siamo attivati per mettere in moto il dialogo con le amministrazioni pubbliche appaltanti,sia locali che nazionali, per concordare insieme un piano d’azione al fine velocizzare la gestione delle commesse, garantendo i massimi livelli di sicurezza nei nostri cantieri anche a livello sanitario. Dal punto di vista economico, inoltre, le perdite sono state sicuramente ingenti e la pandemia non ha fatto altro che aggravare una crisi del settore in atto già da diversi anni, sebbene ci stiamo attrezzando per ripartire e avviare tutte le misure previste dal Superbonus”.

Avete trovato sostegno nel Governo nazionale e regionale in un momento così critico?
“Sin da subito abbiamo notato una grande sensibilità e attenzione da parte del Governo regionale. Abbiamo presentato all’assessore Falcone una richiesta per ulteriori risorse economiche da destinare alle imprese per affrontare le criticità legate alla necessità di adottare le misure previste dalla gestione dell’emergenza come rispetto del distanziamento e dispositivi di protezione, richiesta che è stata tempestivamente accolta. La Regione, inoltre, è tuttora attivata nell’intento di velocizzare le opere infrastrutturali che hanno subito rallentamenti, così come c’è stata una discreta accelerazione degli Urega nell’espletamento delle gare. Discorso ben diverso va fatto, invece, per il Governo nazionale che ha mostrato una totale inefficienza e l’unica misura per favorire il rilancio dei lavori pubblici è stato il Superbonus ma, per il resto, la normativa è completamente bloccata e il settore dell’edilizia pubblica è sicuramente il più ‘abbandonato’ dal legislatore nazionale”.

A quali condizioni è possibile ripartire?
“L’edilizia pubblica può essere rimessa in moto solo attraverso un Piano Marshall di investimenti, come quello che l’Ance ha presentato al Governo nazionale, individuando delle grandi e piccole opere locali e nazionali da realizzare tramite progetti integrati nei quali coinvolgere professionisti del settore e società di progettazione. Va precisato, infine, che il campo delle opere pubbliche in Italia è bloccato da troppi anni, la normativa è troppo vecchia e andrebbe aggiornata, motivo per il quale la nostra associazione nazionale ha più volte presentato le sue proposte a Governo nazionale che, se inascoltate dall’amministrazione precedente, speriamo possano essere accolte da quella attuale”.

massimo molino

Massimo Molino, presidente del consorzio Federfidi Sicilia

“Le piccole e medie imprese stentano a sopravvivere, la Regione eroghi subito contributi a fondo perduto”

Il presidente della FederFidi Sicilia, il Consorzio garanzia collettiva Fidi fra Imprese artigiane, Massimo Molino, ci racconta delle difficoltà delle piccole e medie imprese siciliane alla ricerca di liquidità per non incorrere in fallimenti e strette nella morsa degli interessi bancari.

La pandemia ha avuto effetti sulla vostra professione?
“Come Confidi abbiamo avuto da un lato un incremento delle richieste da parte dei nostri clienti ma allo stesso tempo, dall’altro, abbiamo subito un danno al nostro background di clientela. Ciò si è verificato perché l’introduzione della garanzia diretta dello Stato per le pratiche di investimento ha rappresentato un nostro vero e proprio ‘competitor’. Laddove le banche hanno accettato la doppia garanzia abbiamo potuto proseguire serenamente la nostra attività mentre, ove gli istituti hanno deciso di affidarsi solo alla garanzia diretta statale, abbiamo perso gran parte dei nostri partner storici e sono rimasti legati a noi, per la maggiore, solo gli istituti minori. Dunque non si è trattato solo di un riflesso negativo sui singoli operatori del settore ma sull’intera categoria professionale”.

Il Governo regionale e/o nazionale si è attivato per sostenervi in questo momento difficile?
“Un grandissimo supporto ci è stato certamente fornito dall’Irfis Sicilia perché, con l’introduzione del contributo in conto capitale con un tasso all’8%, ovvero la misura straordinaria per la liquidità rivolta alle piccole e medie imprese isolane, ci ha permesso di continuare a offrire supporto ai nostri clienti e di rimanere presenti sul mercato in una condizione di privilegio ma, soprattutto, di essere concorrenziali rispetto alle banche. Aggiungo che, come professionista che vive un contatto diretto e quotidiano con gli imprenditori, se non ci fosse stato quest’intervento su scala regionale, tantissime attività sarebbero di certo state costrette a dichiarare fallimento. Il Governo nazionale, invece, ha tenuto poco conto delle difficoltà economiche delle imprese, soprattutto alla luce di una pandemia in cui a pagare il prezzo più alto sono state le piccole e medie realtà, molte delle quali già appesantite da anni di crisi e, di fatto, ha avvantaggiato per lo più le banche piuttosto che i cittadini”.

Cosa si dovrebbe fare per aiutare le Pmi siciliane?
“A livello nazionale, si potrebbero introdurre i contributi a fondo perduto che, piuttosto che ‘procrastinare’ i debiti delle aziende che, probabilmente, rischiano di non risollevarsi più, permettono alle attività di rifarsi delle ingenti perdite subite. Ma è soprattutto a livello locale che si dovrebbe intervenire in quanto la Regione, così abbiamo più volte proposto all’amministrazione isolana. Piuttosto che agevolare gli investimenti, potrebbe reintrodurre la formula del contributo a conto interesse, una misura in vigore fino al 2012 e mai più, a oggi, rinnovata che permette alle imprese di ottenere un rimborso da parte della Regione, anno per anno, di una percentuale pari circa al 3% quanto speso per gli interessi di un finanziamento. Questo permetterebbe alle aziende, nonché a tutti i professionisti che gravitano attorno ad esse, di rialzarsi e di dare finalmente slancio a un tessuto imprenditoriale che stenta a ripartire”.

ivan tirrito

Il presidente regionale Fimaa Confcommercio, Ivan Tirrito

“Agevolazioni per l’acquisto solo per pochi, immobili siciliani a rischio svendite estere”

Ivan Tirrito, presidente per la regione Sicilia della Federazione Italiana mediatori agenti d’affari, esprime le sue preoccupazioni per un mercato immobiliare isolano che rischia di essere vittima delle svendite estere.

In che modo la pandemia ha influito sulla vostra professione?
“Fortunatamente il nostro settore non è stato costretto a cessare le proprie attività, in quanto incluse nei servizi essenziali. Tra l’altro, diversamente da quanto si può pensare, molte imprese del settore nel 2020 hanno registrato un notevole incremento del fatturato. Va precisato che non è stata una tendenza univoca per tutte le aziende siciliane e, come si può immaginare, i risultati migliori sono stati raggiunti sia in quelle zone che meno hanno subito gli effetti devastanti del Covid, sia dalle attività più strutturate e radicate nel territorio. Sicuramente le piccole realtà e liberi professionisti del settore hanno risentito, anche con ripercussioni economiche importanti, della situazione di generale emergenza in cui i cittadini hanno subito perdite non di poco conto e si sono trovati di fronte a una situazione di generale incertezza lavorativa, ragion per cui sono stati certamente meno propensi ad affrontare investimenti. È vero anche, però, nel mercato di nostra competenza si è verificato un significativo ribasso nei costi degli immobili, specie in Sicilia, in cui circa la metà dei comuni isolani registra un prezzo medio molto conveniente,degli appartamenti compreso tra 1.000 €/m² e 1.250 €/m²”.

L’amministrazione nazionale e regionale è riuscita a supportarvi?
“Le nostre aziende, come anticipato precedentemente, hanno perseguito le proprie attività e, dunque, non abbiamo usufruito di particolari incentivi economici. Discorso ben diverso va fatto per i liberi professionisti della categoria con Partita Iva che hanno avuto accesso ai modesti ristori previsti dal Governo nazionale. Altra misura messa in atto dall’amministrazione centrale è stata il Superbonus, con lo scopo di dare slancio a ristrutturazioni e investimenti nel settore immobiliare. A tal proposito, però, sembra emergere un paradosso non di poco conto. È vero che, soprattutto negli ultimi anni, che è stato avviato un dialogo con gli istituti bancari per promuovere finanziamenti e mutui a tassi agevolati ma è anche vero che, in un contesto lavorativo isolano in cui fanno da padrone precariato e cassa integrazione, è ovvio che le stesse banche negano a troppi cittadini l’accesso alle misure creditizie. Senza considerare che delle proprietà immobiliari isolane, in virtù dei rigidi standard imposti, sono davvero pochissime quelle che possono accedere al Superbonus. Dunque, agevolazioni sì, ma solo per pochi”.

Quali sono i vostri suggerimenti per risolvere tali contraddizioni?
“Innanzitutto, la nostra più grande preoccupazione come professionisti riguarda le prossime ed eventualisvendite dei nostri immobili ad acquirenti esteri che potrebbero approfittare di un mercato in ribasso. Scenario sempre più concreto in cui, complice un periodo di forte difficoltà economica dovuta al Covid e alle conseguenti casse integrazioni, i cittadini italiani fanno sempre più ricorso a formule alternative ai mutui per l’acquisto di un’abitazione come l’ “atto con patto di riservato dominio” o “acquisto con riscatto”. Il Governo, invece, sia di direzione generale che nazionale dovrebbe ridurre l’attuale eccessiva tassazione sulla compravendita, agevolare l’accesso al credito per tutti gli italiani che svolgono attività lavorative atipiche o precarie e, non per ultimo, l’amministrazione siciliana dovrebbe tenere conto e rivalutare la specificità e la bellezza del nostro territorio con incentivi importanti soprattutto per i residenti ”.

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