"Svapare" potrebbe infatti diventare a breve poco economico. A riaprire il fronte è stata la Commissione Europea, che rischia di equiparare questi prodotti alle sigarette classiche a combustione
Per le sigarette elettroniche il 2021 è l’anno della verità, metaforicamente e non. “Svapare” potrebbe infatti diventare a breve poco economico. A riaprire il fronte è stata la Commissione Europea, che rischia di equiparare questi prodotti alle sigarette classiche a combustione.
“Dopo l’estate il parlamento europeo voterà le conclusioni della commissione europea su questo tema, dopo aver presentato le proprie conclusioni che saranno note a giorni” spiega a Italpress l’eurodeputato lecchese Pietro Fiocchi, che fa parte della commissione sulla sanità pubblica e quella speciale sul cancro.
“La mia impressione è che la Commissione sia contraria a una differenziazione tra tabacco tradizionale e prodotti a rischio ridotto, e intenda applicare le stesse limitazioni, attraverso normative pesanti e imposizioni fiscali. Siamo tutti d’accordo sul fatto che non fumare affatto è la soluzione migliore, ma sarebbe dannoso se lo Scheer (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks, che la commissione utilizza per questo tipo di decisioni, ndr) ignorasse molti studi scientifici che mostrano un impatto sulla salute molto minore dei prodotti a rischio ridotto, rispetto alle sigarette tradizionali”.
Nel mondo scientifico, come si è visto durante la pandemia, i dati spesso assomigliano più a opinioni che a certezze granitiche. Per cercare di far chiarezza sulla pericolosità o meno delle sigarette elettroniche, si è svolto un forum mondiale dedicato all’efficacia della cosiddetta “Tobacco Harm Reduction”, ovvero la strategia che prevede l’utilizzo di prodotti alternativi come sigarette elettroniche prodotti a tabacco riscaldato per chi non smette con le bionde.
Nel Regno Unito, il National Health System appoggia e finanzia questo sistema. Altri casi scuola sono rappresentanti dagli Stati Uniti e recentemente dalla Nuova Zelanda, ma nel resto del mondo resta diffuso un grande allarmismo sui nuovi prodotti.
Colpa delle teorie “zombie”, come le definisce David Abrams, professore presso il Dipartimento di Scienze sociali e comportamentali della New York University, che penalizzano i consumatori di sigarette elettroniche. Al dibattito ha partecipato anche un italiano, Riccardo Polosa, professore ordinario di medicina interna presso l’Università degli Studi di Catania, che ha spiegato come molti degli studi comparativi oggi disponibili, considerino come platea campione dati disomogenei includendo non fumatori, ex fumatori di sigarette classiche e i soli fumatori di sigarette elettroniche.
I dati sono quindi spesso confusi e poco chiari. Un italiano su dieci tra coloro che provano a smettere di fumare, lo fa passando alle sigarette elettroniche secondo uno studio del Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) del 2017.
Questo è il metodo per smettere di fumare più diffuso, nel rapporto di uno a tre rispetto a farmaci, centri antifumo e altro, evidenzia il rapporto sul tabagismo del ministero della Salute.
Il voto del Parlamento europeo dopo l’estate assume quindi un valore cruciale, poiché se la Commissione andasse fino in fondo nell’equiparare e-cig a sigarette classiche, consoliderebbe il totale dei fumatori invece di incentivare uno strumento che può fare la sua parte per ridurre le conseguenze sanitarie legate alle sigarette classiche.