A titolo esemplificativo, si è ritenuto in giurisprudenza che possa rilevare penalmente l’abuso nell’uso del collare “antiabbaio”, atteso che ogni comportamento produttivo nell’animale di sofferenze che non trovi adeguata giustificazione costituisce incrudelimento rilevante ai fini della configurabilità del citato delitto contro il sentimento per gli animali (Cass. 13 04 2007 n. 15061).
Di recente la Suprema Corte è intervenuta confermando la condanna nei confronti di un uomo che, con una catena corta, aveva legato tre cani a mezzi in disuso senza protezione ed in ambiente contaminato dalla presenza di rifiuti, provocando così lesioni agli arti e su altre parti del corpo (Sezione III penale – sent. 6 07 2011 n. 26368). Il ricorrente aveva sostenuto che locuzione “senza necessità” lo giustificasse, in quanto, a seguito di alcune fratture subite, si trovava in una difficoltà oggettiva fisica.
I Giudici di Piazza Cavour non hanno accolto la ricostruzione difensiva ritenendo che la nozione di “necessità”, richiamata dalla norma in questione, sia quella di cui all’articolo 54 c.p., nonché ogni altra situazione che induca al maltrattamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni.