La presa di posizione di Renzi sulla legge Zan mi riporta agli studi liceali sulla Firenze di Dante descritta nella Divina Commedia.
La presa di posizione di Renzi sulla legge Zan mi riporta
agli studi liceali sulla Firenze di Dante descritta nella Divina Commedia. Non
c’è dubbio che il personaggio Renzi vada iscritto oggi, in maniera cangiante,
nel partito dei guelfi dopo la sconfitta dei ghibellini. In origine era stato
anche lui un ghibellino laico e rottamatore. Ma la sconfitta nel referendum gli
ha fatto capire come sono fatti gli italiani, e da quella ha dismesso i panni
del narratore di futuro per prendere quelli guelfi di gestore del presente. Un
guelfo che un giorno può essere bianco, e quindi popolare e democratico, ed un
altro può diventare nero e papalino. La sua abilità è nel posizionamento giusto
e nella scelta dei tempi.
Bisogna dire che in entrambi i ruoli, quelli di ghibellino o
di guelfo, ha giocato da par suo. Renzi è un fuoriclasse, soprattutto di questi
tempi. Non è certo simpatico, ma neanche Fanfani, a cui assomiglia molto, per
carattere e istinto, lo era.
Dopo la sconfitta alle elezioni, da lui non sopportata in
quanto dimesso da leader del partito, a poco a poco si è ripreso la scena. Ha
influito e determinato da anni la politica italiana. A lui si devono le
elezioni di Mattarella in primis, a seguire il patto del Nazareno con il
governo Letta, la sua premiership, la mossa in ritirata di Gentiloni, il
secondo governo Conte ma soprattutto il governo Draghi.
Oggi con la premessa Zan sta entrando nella fase semestre
bianco. Quel tempo di preparazione quasi spirituale e ancestrale di preludio
all’elezione del Presidente della Repubblica. In sostanza Renzi sta dicendo
agli addetti ai lavori che come con 100 franchi tiratori ha affossato Prodi e ha
dato il via libera a Mattarella, sette anni fa, così oggi con i suoi
parlamentari è assolutamente ago della bilancia, intendendo delineare il
profilo del prossimo arbitro della politica italiana. E si sa che chi è amico
dell’arbitro forse non vince, ma non perde sicuramente.
Il suo 4,6 % del parlamento sommato al 46,9 del centrodestra
che assomma il gran numero di delegati regionali, determina il 51 e oltre, che
dopo la quarta votazione può eleggere il prossimo presidente della Repubblica.
Lui è determinante. Questo era l’obiettivo vero quando ha fondato Italia Viva. Non
creare un partito popolare di massa, cosa impossibile per il quadro attuale.
Peraltro lui era già stato leader di un partito di massa con il 40% alle
europee e tutto questo non gli era stato affatto utile, anzi.
Oggi lui può e vuole decidere l’arbitro del futuro italiano.
Sarà Draghi, sarà una donna per la prima volta?
Questo lo vedremo, comunque sarà lui a deciderlo. Se il suo
vecchio partito, il PD, vorrà condividere minoritariamente il nome è con Lui
che deve trattare.
Quale sarà il futuro di Renzi e del suo partito? Lo si vedrà
dopo l’elezione del Capo dello Stato e dopo la discussione sulla legge
elettorale. Se rimane questa probabilmente sarà il partito unico vagheggiato da
Berlusconi, il famoso Cdu. Di fatto una Democrazia Cristiana 2.0 in salsa verde
tedesca.
Per uno partito dalla DC un ritorno a casa.
Giovanni Pizzo