Nonostante condizioni ben più favorevoli delle famiglie, al Nord si spende molto di più per aiutare i soggetti in difficoltà. In Sicilia il dato è di 82 euro a persona
PALERMO – Ci sono tre elementi, interconnessi tra loro, che fotografano forse meglio di ogni altro l’emergenza economica in cui è drammaticamente piombata la Sicilia: i dati sulla povertà, una spesa per i Servizi sociali sotto la media nazionale e la crisi dei Comuni.
Il Covid-19 e le sue conseguenze, in pratica, hanno tolto il coperchio al vaso di Pandora, facendo emergere criticità che, in un modo o nell’altro, erano rimaste nascoste sotto il tappeto: prime fra tutte, politiche di sviluppo che negli anni si sono rivelate inconcludenti e una gestione non sempre efficiente delle risorse degli Enti locali. Così, quando è arrivato il Covid, il banco è saltato.
Il primo risultato di tutto ciò, come detto, è la crisi economica in cui sono piombate tante famiglie. Il rapporto annuale sul tema pubblicato dall’Istat nei giorni scorsi ha tracciato un quadro a dir poco desolante: più di una persona su cinque (22,2%) ha avuto in Italia difficoltà nel fronteggiare impegni economici. La quota è più alta nel Mezzogiorno (30,7%) rispetto al Nord (18,4%) e al Centro (17%).
La povertà assoluta è in forte crescita nel nostro Paese e ha interessato nel 2020 oltre due milioni di famiglie (7,7% dal 6,4% del 2019) e più di 5,6 milioni di individui (9,4% dal 7,7%). Nel Mezzogiorno vi è ancora l’incidenza più elevata (9,4%), nel Centro la più bassa (5,4%).
In generale su tutto il territorio nazionale, la rete informale di aiuto ha continuato a svolgere un ruolo di sostegno importante. Oltre nove persone su dieci possono contare sull’aiuto di qualcuno che sia un parente, un amico o un vicino in caso di necessità. Durante la seconda ondata epidemica, il 12% dei cittadini (o un membro della loro famiglia) ha dovuto, secondo l’Istat, fronteggiare criticità tali da dover ricorrere ad aiuti economici, pubblici o privati, o alla vendita di beni di proprietà.
C’è poi la rete d’aiuto istituzionale. E anche qui le carenze del Sud sono abbastanza evidenti. Come scritto all’interno del report “Sanità e territorio-I servizi socio-sanitari dei Comuni italiani”, pubblicato a inizio luglio dalla Fondazione Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale) la spesa pro capite per i servizi sociali dei Comuni siciliani è ben al di sotto della media nazionale e tra le più basse d’Italia. Peggio della Sicilia fanno soltanto Calabria, Campania, Basilicata, Molise, Abruzzo e Puglia. Analizzando i numeri, si capisce ancor di più l’enorme differenza all’interno del Paese: gli Enti locali dell’Isola spendono annualmente 82 euro per cittadino, ben lontani dalla media nazionale di 124 euro e a una distanza che potrebbe definirsi siderale dai 392 euro pro capite del Trentino-Alto Adige.
Come si legge nel rapporto, che ha preso in considerazione l’anno 2018, vi sono “differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica: nel Mezzogiorno la spesa pro capite è pari a 78 euro, poco meno della metà del dato registrato al Nord (152 euro). In particolare, scendendo a livello regionale, si riscontrano dati davvero eterogenei: dai 22 euro pro capite della Calabria ai 392 euro per abitante del Trentino-Alto Adige. La prima regione del Mezzogiorno in termini di spesa dei Comuni per servizi sociali è la Sardegna, con 243 euro di uscite per cittadino”.
“Il dato appena esaminato – hanno aggiunto da Ifel – si può anche declinare per classe di ampiezza demografica comunale. All’aumentare della popolosità dei Comuni la spesa pro capite per i servizi sociali cresce: si passa dai 100 euro dei centri con meno di 10.000 abitanti ai 165 euro nelle realtà che superano i 50.000 residenti. Tale evidenza trova riscontro per le ripartizioni geografiche del Nord e del Centro; caso diverso è quello del Mezzogiorno in cui i Comuni fino a 10.000 abitanti registrano un dato pari a 73 euro, superiore alle medie rilevate nei Comuni intermedi ma pur sempre inferiore alla media dei Comuni oltre i 50 mila cittadini”. Insomma, ancora una volta il Sud rimane indietro.
L’esplodere dell’emergenza Covid e la crisi delle famiglie hanno costretto i Comuni a incrementare le risorse messe a disposizione dei cittadini in difficoltà e anche per questo, oggi, moltissimi Enti locali si trovano nell’impossibilità di chiudere i bilanci. I conti, insomma, non sono più tornati e le conseguenze rischiano di essere devastanti.
Serve dunque un’inversione di rotta, per supportare le famiglie in difficoltà con reali politiche di sviluppo, anche un nuovo sistema di gestione finanziaria degli Enti locali che possa dimostrarsi, a lungo termine, finalmente sostenibile ed efficiente.