Scoperte da Carabinieri e Polizia cinquanta estorsioni. I commercianti versavano il pizzo anche durante il lockdown. I proventi delle estorsioni destinati al mantenimento dei familiari dei carcerati
Supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto sono alcune delle attività vittime del racket scoperte nel corso di una indagine che oggi ha portato al fermo, a Palermo, di sedici persone.
Sono quasi cinquanta le estorsioni ricostruite dagli inquirenti che hanno messo a segno un’operazione nel mandamento mafioso di Ciaculli-Brancaccio.
In alcuni casi, i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire all’estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia.
Perfino durante l’emergenza Covid, i pochi negozianti rimasti aperti, peraltro con volumi da affari assolutamente esigui, sono stati costretti a versare i soldi alla mafia.
Secondo gli investigatori, al vertice della famiglia mafiosa di Roccella, finita sotto inchiesta insieme a quella di Brancaccio, sarebbero Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano: avrebbero gestito la rete relazionale mafiosa, fissando gli incontri con gli altri associati con la massima riservatezza e avrebbero gestito i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti con particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.
Ad Angelo Vitrano, altro elemento di rilievo della organizzazione mafiosa, erano affidati compiti di raccordo con i vertice della “famiglia” di Ciaculli e di coordinamento del “lavoro” di Maurizio Di Fede.
Quest’ultimo è indiziato di essere la mente operativa del clan, con compiti di promozione ed organizzazione delle attività estorsive e del traffico di stupefacenti. Sarebbe a capo di una schiera di soldati molto attivi sul territorio, sempre pronti non solo a raccogliere il pizzo ma anche ad effettuare sistematiche perlustrazioni della zona alla ricerca di nuove attività commerciali da includere nella lista degli estorti. Tra gli uomini d’onore più attivi Rosario Montalbano, Salvatore Guicciardi, Onofrio Palma e Giuseppe Ciresi, organici al clan di Roccella. A loro bastava avvicinarsi ai commercianti, senza necessità di minacce esplicite, per ottenere quanto preteso.
Il gruppo poteva contare su armi perfettamente funzionanti, a disposizione della famiglia mafiosa, pronte per essere utilizzate. In diversi casi è stato necessario predisporre, da parte della Squadra Mobile, servizi specifici per prevenire rapine o spedizioni punitive contro coloro che la famiglia riconosceva come ostacoli per i suoi affari illeciti. Per la famiglia di Brancaccio, spiccano, invece, i nomi di Girolamo Celesia e Filippo Marcello Tutino. Celesia, considerato personaggio di rilievo, ha partecipato a riunioni a massimi livelli del mandamento mafioso, anche con i boss di Ciaculli, e coordinato le attività criminali- droga ed estorsioni- sul territorio.
Ha anche gestito personalmente alcune estorsioni a esercizi commerciali della zona. Un ruolo di rilievo spetta anche a Filippo Marcello Tutino che ha fatto valere la sua esperienza ed il suo “blasone” mafioso nella gestione dei rapporti gli uomini d’onore dispensando consigli anche sulle modalità di approccio nei confronti delle vittime di estorsione.
Tra gli esattori della famiglia di Brancaccio, figura Gaspare Sanseverino, punto di riferimento di Celesia e della famiglia per le estorsioni e per una vera e propria mappatura delle attività commerciali sul territorio. Singolare è la posizione di Giuseppe Caserta. Scarcerato poco meno di due mesi fa, si è subito proposto agli attuali vertici di Brancaccio mettendosi “a diposizione” e rivendicando un ruolo nel clan.