Vi è una seconda questione gravissima nelle università, peraltro comune a tutte le pubbliche amministrazioni: un eccesso di apparati ove si annidano raccomandati e privilegiati del tutto inutili al piano aziendale delle stesse.
La riforma Gelmini introduce 10 punti innovativi che tagliano sprechi e privilegi fra cui le parentopoli che hanno reso ridicole le università italiane in tutto il mondo. Famiglie intere a presidiare corsi fantasma ove erano presenti più docenti che studenti.
Riassumiamo i dieci punti principali della riforma: 1. perseguimento dell’equilibrio di bilancio. 2. Assunzioni e promozione in base alla valutazione dei risultati. 3. Taglio dei mandati a vita dei rettori con un periodo non superabile di sei anni. 4. Istituzione dell’albo nazionale dei ricercatori, i quali sono assunti a tempo determinato salvo fare i concorsi per professore associati. 5. Valutazione dei docenti in base al numero di pubblicazioni e alla qualità delle riviste su cui esse vengono pubblicate. 6. Taglio di sedi distaccate, corsi inutili e cattedre fantasma. 7. Governance separata dall’insegnamento e dalla ricerca con il consiglio di amministrazione composto da non professori. 8. Valutazione dei ricercatori in base al merito. 9. Taglio degli apparati amministrativi inutili. 10. Concorsi per professori depurati dalle raccomandazioni. Non si tratta di modifiche di poco conto, per cui ben si comprendono le proteste.
Una vistosa lacuna vi è in questa riforma: non avere inserito la possibilità per le imprese di vario tipo di poter dedurre fiscalmente borse di studio e liberalità di vario genere. Come si pensa che le università statali possano attrarre risorse finanziarie senza che esse siano sgravate dai pesanti fardelli fiscali? Se il ministro Gelmini avesse inserito questa norma, col consenso di Tremonti, sarebbero arrivati finanziamenti che, così non arriveranno mai.
Il tentativo di bloccare questa riforma da parte di Fli è ovviamente strumentale, mentre il partito di Fini e la stessa opposizione potrebbero contribuire in aula a migliorarne diversi aspetti, purché indirizzati ad accentuare i principi di merito e responsabilità oggi del tutto assenti.
Purtroppo la cattiva politica non agisce nell’interesse dei cittadini postponendo quelli propri, ma vede il proprio meschino interesse, magari tattico, che impedisce di fare le cose per bene. Ci auguriamo che in poco tempo questa riforma venga approvata per evitare il suo insabbiamento anche nel caso di elezioni, mentre c’è bisogno che l’anno accademico 2011/ 12 cominci a funzionare con le nuove norme.
Un ultimo punto: il diritto allo studio previsto dalla Costituzione non significa il diritto al mantenimento degli scansafatiche (sono oltre 70.000 i fuoricorso solo nella nostra regione). I corsi durano 3 o 5 anni. Il mantenimento degli studenti non dovrebbe superare tali periodi.