Le organizzazioni di categoria rilevano un calo delle presenze e degli affari mentre i centri storici si svuotano. L’affluenza nei negozi della grande distribuzione è in calo del 2,3% rispetto al maggio 2009
PALERMO – In Sicilia si rischia di essere dal punto di vista del tessuto produttivo e commerciale “né carne né pesce”. Mentre cominciano a calare notevolmente i volumi di affari dei grandi centri commerciali, cresciuti come funghi nell’ultimo decennio nell’Isola, si sta anche progressivamente verificando un depauperamento dei centri storici delle varie città.
Il piccolo negozio non è capace di tenere testa alle grandi multinazionali e così è costretto a chiudere i battenti. I primi a scomparire sono soprattutto le piccole botteghe di alimentari ed elettrodomestici. Resiste solo l’abbigliamento e le calzature ma non si sa fino a quando. Eppure adesso, dopo il boom iniziale dei grandi centri commerciali, anche in Sicilia il mercato sembra calare. Lo rivela l’associazione siciliana dei commercianti e degli artigiani del Csc: “I consumatori – afferma il presidente regionale Gaspare Di Pasquale – sembrano stancarsi dei centri commerciali e cercano nuove forme per fare la spesa. Sarebbero a questo punto da rivalutare i negozi di città”. “Alcuni studi – aggiunge Antonio Cirabisi del Csc di Palermo -riferiscono che talune cause come il traffico, l’uso dell’auto, la fretta nel fare la spesa ed altre problematiche connesse scoraggiano i clienti a fare shopping nei centri commerciali e preferiscono la città. Già in Europa si registra un ritorno alla città ed una flessione delle frequenze dei negozi nei centri commerciali”.
I dati statistici sono quelli che fanno riferimento alle rilevazioni dell’Experian-FooFall che ha potuto constatare come l’affluenza dei centri della grande distribuzione nel mese di maggio 2010 rispetto allo stesso mese del 2009 è in calo del 2,3 per cento. La stessa indagine comunica che nel periodo da gennaio a maggio 2010 si è confermato il calo dei visitatori nella misura del 3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. E non è solo la Sicilia ad avere subito questo contraccolpo. Analogo andamento negativo di visitatori infatti si registra nei centri commerciali in Francia e nel Regno Unito. Secondo il Consiglio nazionale francese dei Centri Commerciali ad aprile 2010 l’affluenza nei centri commerciali è diminuita del 2,2 per cento.
Contemporaneamente si rileva una elevata rotazione di negozi esistenti all’interno dei centri commerciali dovuti alla chiusura di esercizi e riapertura di nuove attività. “Queste notizie – dicono Di Pasquale e Cirabisi – devono fare riflettere le imprese locali sull’opportunità di allocarsi all’interno dei grandi centri commerciali in costruzione. Infatti esse si vedranno costrette ad accollarsi presumibilmente affitti elevati che non potranno sempre essere sopportati. Questa è una ragione in più per dare impulso alla costituzione dei centri commerciali naturali che consentirebbero una valorizzazione delle imprese delle città siciliane”.
I Ccn però, nonostante i tanti progetti, ancora non decollano. Molti sono ancora in fase di varo e relativa approvazione alla Regione, solo in pochi hanno già avuto il via libera ma ancora le vere e propri progettualità sono allo stato embrionale.
L’approfondimento. I CCN sempre più attivi e Palermo è in testa
Il fattore positivo è che comunque tutti sembrano voler scommettere sui Centri commerciali naturali (Ccn) in Sicilia. Evidentemente questa iniziativa è vista come l’unica ancora di salvezza per venire fuori dall’attuale crisi dell’imprenditoria commerciale e artigianale. Lo dimostrano le adesioni che arrivano da tutta la Sicilia con il capoluogo palermitano a fare da apripista. Nella sola Palermo città sono stati già costituiti sei Centri Commerciali Naturali che opereranno nell’area di pertinenza dei quattro antichi mandamenti: Seralcadi, Kalsa, Albergarìa, Castellammare e, inoltre, Borgo Vecchio e Olivuzza. I centri commerciali naturali, come definiti e disciplinati dall’articolo 9 della Legge regionale 10/2005, sono associazioni costituite prevalentemente da piccole e medie imprese commerciali, artigianali e di servizio, che si aggregano ed organizzano per accrescere la capacità attrattiva e quindi reddituale delle imprese che ne fanno parte, per riqualificare l’immagine e migliorare la vivibilità della zona.