Morti sul lavoro per Covid, sono 747 in 20 mesi in Italia, 42 in Sicilia - QdS

Morti sul lavoro per Covid, sono 747 in 20 mesi in Italia, 42 in Sicilia

Morti sul lavoro per Covid, sono 747 in 20 mesi in Italia, 42 in Sicilia

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venerdì 24 Settembre 2021

L’Osservatorio Vega Engineering ha realizzato un’analisi dei morti sul lavoro per Covid 19 e una mappa della mortalità. In venti mesi 747 decessi in tutta Italia. Professioni sanitarie le più colpite

L’Osservatorio Vega Engineering ha realizzato un’analisi dei morti sul lavoro per Covid 19 e la mappa della mortalità per Covid sul lavoro non cambia: Lombardia, Campania, Liguria, Abruzzo, Puglia e Molise. Si riconfermano come regioni con il più alto rischio di mortalità per Covid sul lavoro rispetto alla popolazione occupata in 20 mesi di pandemia.

Si tratta della
prima proiezione prodotta nell’ultima indagine elaborata dall’Osservatorio
Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre sull’emergenza sanitaria nel
Paese sulla base di dati Inail.

Una mappatura che vede ancora una volta il rischio di mortalità meno elevato in Trentino Alto Adige, Basilicata, Sardegna, Toscana, Calabria e Veneto.

E’ il Veneto che dopo 20 mesi di emergenza sanitaria risulta essere la regione con il minor rischio di mortalità tra le regioni con il più alto numero di occupati. Infatti, rispetto ad un’incidenza media nazionale pari a 32,6, il Veneto fa registrate un indice di 15,6. Ben lontano dai più preoccupanti valori di Lombardia (43,4) e Lazio (34,6). Tra gli indici più preoccupanti si rilevano quelli di Molise (75,7), Campania (56,9), Abruzzo (53,2) e Liguria (44,9).

I numeri delle vittime regione per regione

Da gennaio 2020 ad
agosto 2021 si contano 747 decessi. Tra luglio e agosto sono state registrate
altre 65 vittime che si aggiungono a quelle rilevate a fine giugno 2021 (erano
682). Con un incremento rispetto a giugno pari al 9,5%.

“Importante
sottolineare, come precisato dall’Inail, che di questi 65 casi, 5 decessi sono
relativi a luglio e agosto, 45 al primo semestre 2021 e i restanti 15 infortuni
mortali sono da ricondurre al 2020 – spiega Mauro
Rossato
, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre – Dati che
confermano ancora una volta l’efficacia dei vaccini”.

Intanto spetta ancora alla Lombardia la maglia nera per il maggior numero di vittime sul lavoro per Covid con il 25,6% delle denunce (191 decessi), seguita da: Campania (92 decessi), Lazio (81 decessi), Piemonte (58), Puglia (54), Emilia Romagna (47 decessi), Sicilia (42 decessi), Veneto (33), Liguria (27 decessi), Abruzzo (26), Toscana (24), Marche (21), Friuli Venezia Giulia (10), Molise, Calabria, Umbria e Sardegna (8), Provincia autonoma di Trento (3), Valle d’Aosta, Basilicata e Provincia Autonoma di Bolzano (2).

Gli uomini rappresentano oltre l’83,1 % delle vittime. La fascia d’età maggiormente colpita è quella che va dai 50 ai 64 anni con il 71,5% dei casi di morte.

La mortalità per settore lavorativo

Sul fronte della mortalità per settore, scopriamo come l’88% delle denunce di morti sul lavoro per Covid appartiene all’Industria e Servizi. E in questa macroarea produttiva rileviamo ancora il triste primato del settore Sanità e Assistenza Sociale con il 22,8% delle denunce con esito mortale; seguono con il 13% il settore Trasporti e Magazzinaggi e con il 11,9% dei casi le Attività Manifatturiere (lav. prod. chimici, farmaceutica, stampa, ind. alimentare…); con il 10,2% invece si trova il settore dell’Amministrazione Pubblica e Difesa (att.tà degli organi preposti alla sanità es. Asl, legislativi, esecutivi) e con il 10% quello del Commercio.

Le professioni più colpite

E nei 20 mesi di pandemia e di emergenza, anche le professioni più colpite dal dramma sono e rimangono le stesse anche a fine agosto 2021; sebbene si assista ad un’inversione di posizioni per le prime due categorie in graduatoria.

E infatti, per la prima volta, salgono al primo posto gli impiegati, addetti alla segreteria e agli affari generali (con il 10,3% dei decessi sul lavoro per Covid) e scendono al secondo posto i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti) con il 9,8% dei casi totali. Seguono conduttori di veicoli a motore (7,8%), i medici (5,2%). E ancora: operatori sociosanitari (4%), il personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli) (3,3%).

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