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Prima il Centro

Prima il Centro

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domenica 26 Settembre 2021

Paura e rabbia, i sentimenti di una sinistra che ha dovuto cedere le Regioni al centrodestra, sempre più verso un partito unico o una federazione dai contorni sovranisti.

Lo sport nazionale odierno degli opinionisti, soprattutto quelli orientati a sinistra, è di focalizzare le difficoltà di Salvini. Prima nel confronto con la Meloni, straordinariamente cresciuta all’opposizione del governo Draghi, e ora sulla crisi interna alla Lega. Una volta il socialismo aveva una parola simbolo riconoscibile, “Avanti”, come si dice a Catania con un’altra accezione. 

Oggi invece, perduto il concetto di progressismo della crescita delle classi sociali meno abbienti, si gioisce del rallentamento altrui.

Quello che faceva paura alla sinistra italiana era la crescita di leadership di Matteo Salvini fino alle europee. Come le faceva rabbia la crescita di Matteo Renzi, altro alieno, negli anni precedenti. Questo dato psicologico raggiunge il culmine tafazziano nel rallegrarsi della crescita della Giorgia nazionale.

Non ci si accorge che intanto il centrodestra, pur con tutti i distinguo e le invidie reciproche, è maggioranza relativa nel Paese. Che le aree vaste, le Regioni, sono saldamente in mano a loro, e che rimangono alla sinistra solo i luoghi in cui si concentra il capitale, finanziario e immobiliare, ma non la produzione del Pil.

La Lega, soprattutto nelle aree più produttive, ha sostituito in gran parte il moderatismo italiano rappresentato prima dalla DC e poi da Forza Italia.

Il progetto di federazione o partito unico del centrodestra italiano, comunque proseguirà, con stop and go inevitabili, perché vi è una vasta area di interessi legittimi e bisogni che vuole essere rappresentata, soprattutto nell’uscita dalla fase pandemica.

La Lega cambierà probabilmente temi, puntando su fisco, produttività e lavoro.

Salvini rimarrà leader?

Nessuno può oggi dirlo. Sarà l’elettorato chiamato a scegliere, nelle varie fasi, a deciderlo. Se azzeccherà i temi e il sentiment di un elettorato, in trasmutazione e sempre mobile, continuerà ad essere leader. In caso contrario la Lega, che probabilmente avrà un altro nome, ha costruito e costruirà in questi anni di trasformazione del Paese, altri possibili leader. 

Di fatto la federazione di centrodestra tenderà a diventare la costola italiana del Ppe europeo. Qui la scommessa dell’Europa e del governo Draghi. Stabilizzare l’Italia e renderla di nuovo pilastro dell’Europa. 

Assomiglieremo molto di più alla Germania con una Cdu italiana già pronosticata da Berlusconi. 

Forse il partito unico si chiamerà Prima l’Italia, anche se il termine Prima sa ancora troppo di sovranismo. 

Considerando i gruppi che si spostano verso la Lega, in ordine sparso nel Paese, si potrebbe chiamare Prima il Centro. 

La dura verità, per la sinistra italiana, non è che la Lega va verso il centro politico. Ma è il centro, fatto di interessi, bisogni, pezzi di società, che va verso la Lega. E ne determinerà la trasformazione. 

C’è, dopo la paura pandemica, una gran voglia di moderatismo e di buon senso che recupera l’ubriacatura demagogica degli ultimi anni. 

Questo percorso avrà inevitabilmente alti e bassi, suggestioni e digestioni. 

Ma farà uscire l’Italia da un’anomalia unica in occidente in cui stavamo precipitando, tra inseguimenti populisti di vario segno. 

La Lega diventerà una nuova Dc 4.0? Non lo so. Ma è quello che teme buona parte della sinistra italiana, per questo cerca di seminare zizzania. 

In Sicilia, si dice, un cogghie e un fa cogghiere

Giovani Pizzo

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