L’ultima truffa scoperta ai danni dell’Inps dei 300 falsi disoccupati ha accertato un buco a oggi di 400 mila euro. Sono oltre 20 mila i braccianti agricoli “fittizi”, inchieste in corso per 30 mila forestali
PALERMO – Piovono inchieste in tutta la Sicilia. Colpa di chi vuole fare il furbetto e tenta di raggirare lo Stato per evitare di lavorare e avere un reddito facile facile. Scene che oramai in Sicilia si ripetono ciclicamente. L’ultimo scandalo delle 300 persone che in Sicilia, con documenti falsi, intascavano assegni di disoccupazione è solo il tassello che conferma come il fenomeno per questo tipo di truffe resta radicato ed anzi si va espandendo. In maniera oltretutto abbastanza preoccupante: perché un sistema simile ha bisogno di continui ed ancora più espansivi controlli per riuscire quantomeno a far barcollare il nucleo centrale di questo mercato fuori da ogni regola. E si sa che di questi tempi non è che sia un momento propizio per gli enti controllori spesso alle prese con problemi di carenza d’organico. In questo specifico caso la situazione è abbastanza chiara: come denunciato dal Comitato provinciale dell’Inps di Catania, composto da forze sindacali e imprenditoriali, nella varie sedi dell’Isola c’è una grave carenza d’organico causata dal blocco delle assunzioni. Situazione che ovviamente finisce con il provocare lo sviluppo per l’appunto di un sistema illegale che crea gravissimi danni all’erario dello Stato.
Basti pensare ad esempio ad uno degli ultimi scandali dei 30 mila forestali siciliani: le procure di Termini Imerese, Palermo e Trapani hanno aperto delle inchieste dopo avere appurato che molti di questi agenti intascano assegni di disoccupazione pur svolgendo un secondo lavoro, in nero. Il giochetto è anche abbastanza semplice: questi finti disoccupati intestano l’attività commerciale al figlio o alla moglie, dopodiché nel periodo di disoccupazione tornano a gestire l’attività che di fatto è propria. Considerando che le indagini sono in corso ancora è presto per potere definire con esattezza il danno all’erario, ma di certo di sta parlando di milioni di euro.
L’ultima truffa scoperta ai danni dell’Inps dei 300 falsi disoccupati ha invece accertato un buco a oggi di 400 mila euro, ma sono ancora in corso le verifiche su molte altre pratiche. Il che significa che il dato è destinato inesorabilmente a gonfiarsi. E che dire invece del fenomeno probabilmente più diffuso in questo contesto: i falsi braccianti agricoli. In Sicilia davvero dilagano.
Nel 2009, secondo l’ultimo bilancio reso noto dall’istituto nazionale di previdenza sociale, sarebbero stati scoperti 20 mila 790 finti agricoltori. Risultavano lavoratori stagionali e quindi intascavano un assegno di disoccupazione per diversi mesi nel corso dell’anno. Ed invece la campagna non sapevano nemmeno cosa fosse. L’Isola, per questo tipo di truffe, risulta essere la terza regione in Italia dove sono emersi più casi. Prima di lei ci sono soltanto la Campania, con i suoi 35 mila 556 falsi agricoltori, e la Puglia che invece ne ha sfornati 25 mila 896. In pratica in Sicilia si è scoperto un truffatore ogni 242 abitanti. Una sproporzione incredibile se si pensa ad altri modelli, come quello della Lombardia: in Sicilia le truffe sono 32 mila volte più di quelle accertate nella regione del Nord.
PALERMO – Il sistema truffaldino ha rivelato di tutto. L’ultima pratica più usata, secondo quanto rende noto l’Inps, è quella della costituzione di aziende ad hoc per assumere fittiziamente gli stranieri, che in realtà sono risultate una sorta di scatole vuote, costituite solo sulla carta per poter presentare le istanze per le assunzioni in occasione degli ingressi annuali. E poi figura anche il ricorso all’utilizzo di molte neocomunitarie arrivate come badanti, fittiziamente assunte in agricoltura, le quali diventano beneficiarie delle indebite prestazioni previdenziali di disoccupazione, maternità e malattia, continuando a lavorare in nero presso le famiglie come colf o badanti. Ma perché è così radicato in Sicilia, e più in generale in tutta Italia, questo sistema? “Ad attirare gli immigrati – dice Marzio Barbagli, il massimo studioso della criminalità in Italia – sono soprattutto tutti coloro i quali offrono una quantità di lavoro nero impensabile negli Stati più seri. La nostra è un’economia che ha caratteristiche strutturali che favoriscono l’immigrazione irregolare. Si basa sul lavoro nero e non esistono controlli. Le norme ci sono, ma nessuno le fa rispettare”.