I parenti sono amareggiati dalla decisione della Procura di Milano: "Domanda di giustizia è stata elusa"
La Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta con al centro gli anziani morti al Pio Albergo Trivulzio, storica ‘baggina’ milanese, nella prima ondata del Covid dei primi mesi del 2020.
“La decisione della Procura di Milano – spiega Alessandro Azzoni, presidente dell’Associazione Felicita che riunisce i parenti – ci trova totalmente amareggiati ma non sorpresi”. La domanda “di verità e giustizia”, secondo l’associazione, è stata “elusa dalla procura (e non solo)”. La Procura milanese, a quanto si è saputo, ha chiesto l’archiviazione anche per tutti gli altri procedimenti simili relativi a morti nelle Rsa milanesi.
La reazione dei familiari delle vittime
La Procura milanese ha chiesto all’ufficio gip di archiviare l’inchiesta in cui risulta indagato, per omicidio colposo, epidemia colposa e violazione delle regole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, l’ex dg Giuseppe Calicchio, oltre alla stessa struttura sulla base della legge sulla responsabilità amministrativa. “Sin da subito, con fiducia – ha spiegato Azzoni – l’associazione Felicita per i diritti nelle RSA, già Comitato Giustizia e Verità per le vittime del Trivulzio, quale parte diligente e attiva si è messa a disposizione degli inquirenti, raccogliendo le testimonianze di numerosi familiari dei degenti della struttura e degli operatori sanitari”. Intanto, nel corso di questi 18 mesi di indagini, “che hanno visto il lungo e impegnativo lavoro degli inquirenti, della Guardia di Finanza e dei periti, ma non hanno mai dato spazio all’ascolto di nessuno dei 150 firmatari dell’esposto collettivo presentato dall’Associazione Felicita – ha aggiunto -. Abbiamo assistito alla diffusa rimozione della tragedia nell’intento di cancellare il conflitto tra gli interessi dei cittadini direttamente colpiti e i diversi interessi delle parti economiche, politiche e istituzionali a vario titolo coinvolte nella catena di responsabilità, e per questo convergenti nell’ignorare la verità attraverso una comune narrazione auto-assolutoria”.
“Una narrazione – si legge ancora in un nota – volta a giustificare e a rendere accettabile un’immunità giudiziaria generale (tutti colpevoli, nessun colpevole) e a sottrarre al diritto penale il giudizio sui fatti in nome del carattere straordinario, incontrollabile e imprevedibile del fenomeno pandemico. Il diritto alla particolare protezione degli anziani in quanto popolazione fragile, garantito dalla Costituzione, comporta l’obbligo/dovere del sistema sanitario e assistenziale ad approntare strumenti adeguati alla complessità del compito”. Nell’attesa di leggere gli atti depositati dalla Procura, Alessandro Azzoni, “presidente di Felicita, in settimana terrà una conferenza stampa per esprimere un giudizio più compiuto sull’archiviazione e comunicare tutte le azioni che l’associazione intende mettere in campo”.
Le motivazioni della Procura
Non è stata “acquisita alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari, causalmente rilevanti nei singoli decessi, in ordine all’assistenza prestata”. Lo scrivono i pm milanesi nella richiesta di archiviazione per il caso del Pio Albergo Trivulzio. Anzi, si legge ancora, “con riguardo ai singoli casi, neppure sono state accertate evidenze di carenze specifiche, diverse dalle criticità generali” riguardo le “misure protettive o di contenimento” del Covid “che possono con verosimiglianza avere inciso sul contagio”. Manca in sostanza, secondo i pm, la prova del “nesso causale” tra morti e condotte nella rsa.
Le indagini su oltre 400 cartelle cliniche
L’inchiesta milanese, coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Clerici e De Tommasi, era passata anche per una maxi consulenza nel corso della quale un pool di esperti aveva analizzato oltre 400 cartelle cliniche di pazienti morti o che si erano ammalati nei primi mesi del 2020 nell’istituto milanese per la terza età. Relazione da cui era emersa, comunque, una disorganizzazione e una mala gestione “grave e incapace” dell’emergenza Covid al Pat: dalle mancate diagnosi a pazienti, ospiti e personale, che veniva anche fatto rientrare dalla “malattia” senza l’obbligo di eseguire tamponi, fino all’applicazione insufficiente delle regole sull’isolamento dei malati.
Tra gennaio e aprile 2020 il 33% delle morti registrate al Trivulzio, che sono state oltre 300, come emerso dalla consulenza, sarebbe attribuibile con alta probabilità al Covid e nello stesso periodo si era registrato un tasso di mortalità del 40% più alto rispetto a periodi ‘normali’ e sempre riconducibile al Coronavirus.
Lo “standard probatorio” sul fronte penale, però, scrivono i pm, “richiederebbe la dimostrazione precisa del nesso causale” tra le morti “e una specifica condotta riprovevole”, cosa che “pare senz’altro da escludere sulla base delle evidenze acquisite”. Gli inquirenti, tra l’altro, fanno notare che “a tutt’oggi manca una terapia specifica per la infezione da Covid” che possa “assicurare la guarigione con alta probabilità”. E “sebbene siano risultate evidenti le difficoltà determinate dalla scarsità di personale per gli infortuni Covid19 e le quarantene” non risultano “accertate significative carenze assistenziali di ordine più generale”.
La richiesta di archiviazione ricalca quelle inoltrate, sempre dalla Procura milanese, per i casi riguardanti anche un’altra ventina di Rsa. I familiari degli anziani morti potranno opporsi alle richieste di archiviazione e dunque è scontato che per il caso del Trivulzio, ma anche per altri, ci saranno udienze davanti ai gip, che poi dovranno decidere se archiviare, disporre nuove indagini o l’imputazione coatta.
una cosa bruttissima.
bisognerebbe essere giuristi o sherlok holmes in questo paese per portare prove certe della correlazione delle morti.. fatto sta che questa povera gente è morte senza nemmeno il calore dei familiari vicino..