La disponibilità di ingenti risorse non basta se non viene accompagnata dalla capacità di rendere efficiente l’erogazione di servizi e prestazioni pubbliche
Le relazioni della Corte dei conti sul rendiconto siciliano e sul documento di economia e finanza regionale evidenziano che nel quadro di un bilancio “reso asfittico dal fardello del ripiano del disavanzo pregresso e dall’elevata incidenza della spesa obbligatoria” (in particolare quella destinata alla sanità e al funzionamento della macchina burocratica), non si può prescindere dall’impiego efficiente delle risorse europee provenienti dai fondi strutturali e dal cd Recovery fund.
Al riguardo risulta decisiva la capacità di destinare questi finanziamenti agli obiettivi primari di crescita, attraverso misure in grado di produrre effetti espansivi sull’economia territoriale, sostenere le imprese e favorirne l’internazionalizzazione, stimolare gli investimenti necessari al tessuto produttivo, al mercato del lavoro e al sistema delle infrastrutture.
L’esperienza di questi anni insegna che la disponibilità di ingenti risorse non basta se non viene accompagnata dalla capacità di rendere efficiente l’erogazione di servizi e prestazioni pubbliche, accelerare i tempi burocratici e ridurre l’enorme mole di adempimenti che le amministrazioni impongono a cittadini e imprese, favorire l’insediamento ed il consolidamento di attività produttive negli ambiti strategici per l’economia regionale.
Obiettivi fondamentali, sinora mancati dalle politiche regionali. Le numerose cesure leggi regionali, la recente “bocciatura” di 31 progetti a valere sul P.n.r.r., le gravi irregolarità del bilancio evidenziano gravi patologie nella programmazione e gestione dell’attività pubblica.
I referti della magistratura contabile attribuiscono l’inefficacia della strategia di sviluppo siciliana alla difficoltà di raccordare gli obiettivi di politica economica alle azioni intraprese per realizzarli, all’inefficienza dell’attività amministrativa e alla proliferazione degli oneri burocratici che sottraggono ingenti risorse al sistema produttivo e ne pregiudicano la competitività.
Queste gravi patologie delle politiche regionali dipendono da difetti “di metodo” e criticità organizzative evidenziate dalle relazioni della magistratura contabile: mancanza di chiarezza nella programmazione degli obiettivi, delle azioni necessarie a conseguirli, dei parametri di efficienza e delle politiche di spesa; incapacità di valutare l’incidenza delle risorse e degli interventi pubblici sul sistema economico e sociale; frammentazione dell’attività di programmazione tra una pluralità di uffici; obiettivi e azioni non coerenti fra loro e non calibrati in relazione alle strutture amministrative e ai dirigenti; incoerenza fra misure normative ed amministrative, indicatori e valori- obiettivo; disallineamento tra i tempi ed i contenuti delle diverse fasi di programmazione e gestione e, in particolare, tra la programmazione economico-finanziaria e la pianificazione strategico-operativa; difficoltà di ricondurre ad unitarietà i processi di pianificazione; sistemi di monitoraggio ed indicatori di misurazione dell’efficienza imprecisi; controllo di gestione inefficiente; mancanza di un sistema informativo idoneo alla gestione amministrativa, finanziaria e alla verifica della produttività dei dipendenti; inadeguatezza del sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale; mancanza di chiarezza delle attività di rendicontazione.
La programmazione e l’attuazione delle politiche economiche e sociali regionali risultano stratificate e frammentate fra una miriade di amministrazioni ed enti pubblici, società partecipate e controllate, enti ed istituti di varia natura, agenzie, consorzi, gal, distretti. Questa moltiplicazione dei soggetti che svolgono attività di programmazione, gestione e spesa ha creato una burocrazia elefantiaca e molto costosa, che produce politiche pubbliche spesso incoerenti e contrastanti, anche a causa dell’assenza di strumenti di coordinamento, ed assorbe una quota consistente di risorse pubbliche sottraendole alle prestazioni sociali, agli enti locali, all’investimento produttivo e al finanziamento delle infrastrutture. A questi difetti dell’assetto istituzionale si aggiungono altre gravi carenze organizzative: enorme mole di adempimenti, complessità organizzativa dell’Amministrazione regionale, assenza di applicativi informatici necessari per la raccolta, l’elaborazione, la pubblicazione e il monitoraggio dei dati; sostanziale mancanza di controlli efficaci sulla qualità dei servizi, della legislazione e dell’impatto delle disposizioni normative; carenza di strumenti che consentano alla Regione di monitorare l’attività della vasta galassia di soggetti pubblici ed il conseguimento degli obiettivi delle politiche regionali; mancanza di adeguati strumenti informatici di coordinamento dei sistemi di controllo interno.
Simili criticità impediscono la verifica dell’ efficacia, efficienza ed economicità della gestione amministrativa ed il confronto fra risultati realizzati e risorse impiegate.
In questo scenario le ingenti risorse pubbliche non producono effetti apprezzabili, le norme di semplificazione restano, di fatto, inattuate, e la Regione non è in grado di determinare gli effetti delle risorse che spende e di scegliere le misure più adatte a garantirne l’utilizzo efficiente, di gestire le attività necessarie a sostenere il mondo produttivo e il sistema di welfare, di misurare la realizzazione degli obiettivi, di correggere le criticità dell’azione pubblica.
Per invertire la rotta bisogna promuovere la qualità della legislazione, la riduzione dei vincoli e degli oneri burocratici, la distribuzione razionale di risorse, l’efficienza dei servizi e delle prestazioni pubbliche, attraverso l’adozione dei più diffusi strumenti di valutazione della qualità della programmazione e delle attività di gestione, il rafforzamento delle capacità tecniche delle amministrazioni, l’eliminazione di adempimenti e controlli inefficaci.
In particolare è necessaria l’individuazione di priorità politiche, obiettivi strategici e operativi significativi e precisi, l’adozione di strumenti che consentano di tradurre priorità e obiettivi in piani di azione e di identificare risultati tangibili e misurabili; il rafforzamento delle verifiche tecniche e metodologiche; l’attivazione di un idoneo sistema informatico e di un efficiente controllo di gestione; la strutturazione di meccanismi che consentano di valutare efficacemente la performance dei dirigenti (in termini di capacità tecnica, di analisi e di programmazione, di coordinamento, di gestione) e di raffrontare gli obiettivi assegnati con il livello delle prestazioni.
Obiettivi impegnativi, ma non certo impossibili, dato che si tratta sostanzialmente di attuare misure previste dalle disposizioni vigenti e indicate da diversi anni dalla magistratura contabile: formulazione più accurata degli obiettivi programmatici e di quelli operativi, previsione di una struttura stabile e specializzata che ne guidi la realizzazione e di efficaci strumenti di coordinamento tra i soggetti coinvolti nella programmazione e gestione di risorse e politiche; adozione dei più diffusi sistemi di valutazione di impatto della legislazione e di misurazione degli oneri burocratici; strutturazione di raccordi tra programmazione finanziaria e di bilancio e ciclo della performance; individuazione di affidabili indicatori di efficacia delle azioni pubbliche e di efficienza delle attività amministrative di natura quantitativa e qualitativa, di adeguati strumenti di monitoraggio e controllo in corso di esercizio, di adempimenti di rendicontazione dei risultati, di sistemi di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale incentrati su criteri che valorizzino il merito.
Dario Immordino
Componente del gruppo di lavoro sulla riforma della contabilità regionale istituito presso la Regione siciliana