L'ex prigioniero ha parlato pubblicamente delle pratiche usate nei cosiddetti 'Black Site' della Cia per avere informazioni sotto tortura.
Per la prima volta un detenuto di Guantanamo, il carcere antiterrorismo americano a Cuba, parla pubblicamente delle pratiche usate nei cosiddetti ‘Black Site’ della Cia dove, in violazione della normativa ‘Habeas corpus’ (contro le detenzioni arbitrarie) venivano condotti ‘interrogatori avanzati’, equiparabili appunto alla tortura.
A parlare è Majid Khan, un ex residente di Baltimora ingaggiato come corriere da al-Qaeda, durante un’udienza in cui i giurati devono decidere sulla sua condanna per crimini di guerra.
Khan ha detto di essere stato appeso nudo ad una trave del soffitto, tenuto sveglio per giorni con l’acqua ghiacciata, sottoposto a waterboarding, picchiato, costretto alla fame e abusato sessualmente.
Se condannato, il detenuto rischia fino a 40 anni di carcere. Con un patteggiamento la sentenza potrebbe essere ridotta a 11 anni, ma visto che è in prigione dal 2012, con uno sconto di pena potrebbe essere libero già dall’anno prossimo e trasferito in un altro Paese che non sia il Pakistan, di cui possiede la cittadinanza.