Le politiche possibili in un Paese che da due decenni sta facendo i conti con intensi flussi migratori. Dall’esperienza di LampedusAccoglienze, un libro e un video-documentario
CATANIA – Nonostante gli immigrati arrivati in Sicilia lo scorso anno siano stati soltanto il 10% del totale di quelli giunti in Italia, le immagini degli sbarchi sono state quelle che hanno colpito l’opinione pubblica, convinta di assistere a una vera e propria invasione.
Del fenomeno immigrazione e delle politiche sociali per affrontarlo, si è parlato ieri a Catania, per un giorno capitale del dibattito sull’argomento, al convegno Il giorno dopo gli sbarchi, organizzato dalla Fondazione Integra, in collegamento via satellite con il Cspa (Centro di Soccorso e Prima Accoglienza) di Lampedusa. “Con il convegno – ha spiegato il vicepresidente della Fondazione, Nino Novello – partendo dall’esperienza del Cspa di Lampedusa e del Cara (Centro di accoglienza richiedenti asilo) di Sant’Angelo di Brolo, si è cercato di mettere a punto una bozza di proposte utile a elaborare quelle politiche di integrazione che devono necessariamente seguire la prima accoglienza”.
Un approfondimento sul tema, dunque, attraverso lo studio del cosiddetto “Metodo Lampedusa” e della sua possibile esportazione. “Chi vede in tv le immagini degli sbarchi – spiega Cono Galipò, amministratore delegato di LampedusAccoglienza, lega di cooperative formata da Sisifo e Blucoop, che dal 2007 gestisce il campo, i rifornimenti e le esigenze dei migranti, compresa l’assistenza sanitaria – ne ricava l’impressione di una moltitudine omogenea, di una sorta di esercito invasore. Invece, dietro ogni sguardo c’è una persona, una storia diversa, dolori e speranze. Grazie a questa intuizione – continua – abbiamo elaborato un metodo preso a esempio da tutto il mondo”.
L’esperienza di LampedusAccoglienze, ha fatto nascere il libro Rotta 0.05, il metodo Lampedusa scritto da Galipò con il direttore del Cspa Federico Miragliotta e il documentario di Giuseppe Lazzaro Danzuso Il giorno dopo gli sbarchi, proiettato nel corso del convegno. Nel video, la storia di un paese, l’Italia, trasformatosi in pochi decenni da terra di migrazione a terra di immigrazione e degli italiani, trasformatisi da respinti perché “sporchi” e “criminali” in respingitori, la descrizione di un flusso migratorio che, a partire dagli anni ‘90, ha visto diventare Lampedusa meta di approdo delle cosiddette “carrette del mare” e quella del “Metodo Lampedusa”, codificato dalle cooperative, fondato sulla fiducia e supportato da un forte rapporto umano alla base.
Integrazione. I tempi stretti della “seconda accoglienza”
CATANIA – Dopo la prima accoglienza, di cui si è parlato a lungo nel convegno, esistono i centri di seconda accoglienza, centri del circuito Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, istituito con la legge n.189/2002 attraverso la quale il ministero dell’Interno ha istituito la struttura di coordinamento del sistema – il Servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali – affidandone ad Anci la gestione. “Attraverso questi centri – spiega Maria Luisa Grisafi, operatrice volontaria del centro Sprar di viale Tunisi a Siracusa e mediatrice culturale per conto della Procura della provincia aretusea – si provvede a fornire ai migranti gli strumenti che ne permettano l’integrazione nel territorio. Purtroppo – continua – non sempre lo scopo si raggiunge, soprattutto perché il tempo a disposizione, spesso troppo limitato, non consente di portare avanti, e a conclusione, i progetti di inserimento avviati, come ad esempio l’istruzione”.